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My Brother Rabbit - recensione

Il panorama indipendente è sempre più terreno fertile per idee ludiche, narrative e stilistiche sorprendenti, talvolta originali e fuori dagli schemi. Un palcoscenico perfetto ed allestito ad arte per la libera manifestazione ed espressione di idee, concetti, messaggi, storie. Nel vasto e parecchio saturo - seppur mai abbastanza -genere degli adventure-puzzle game si insinua in punta di piedi My Brother Rabbit, piccola produzione firmata dal team polacco Artifex Mundi.



L'avventura ci trascina in un mondo fantasioso e surreale, animato dalle fantasie di un bambino. Il coniglio che titola la produzione (e che dovremo, a suon di enigmi, condurre verso l'epilogo di un viaggio al contempo docile e burrascoso) altri non è che un peluche, fido compagno di letto di una sorellina gravemente malata. La realtà immaginaria, alternativa, pregna di leggerezza, semplicità e divertimento ricreata dall'infante, è la cornice di un quadro che vuole raffigurare il sentimento, l'amore, il legame, il trionfo della vita sulla morte.



Lo stile narrativo del titolo è essenziale e al contempo profondo, efficace. In tal senso appare particolarmente azzeccata la scelta di affidare interamente alle immagini su schermo (per lo più statiche, con giusto qualche raro intermezzo animato) ed alla colonna sonora il peso della narrativa. Non saranno presenti dialoghi, doppiati o recitati, ne righe di testo: eppure My Brother Rabbit riesce a comunicare molto, ad insinuarsi dolcemente nel cuore e nella mente del giocatore sensibile e minuzioso.

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26 settembre 2018 alle 12:10