Donut County - recensione
Giocare a Donut County è un po' come guardare un film di Wes Anderson (I Tanenbaum, Le avventure acquatiche di Steve Zissou, Grand Budapest Hotel). Si inizia senza sapere bene cosa aspettarsi, l'atmosfera è strana e le premesse narrative sono MOLTO strane. Dopo qualche minuto si ha quasi la tentazione di fermarsi ma poi qualcosa attira l'attenzione e in pochi minuti si viene totalmente catturati da quel "qualcosa" che anche dopo due ore non si riesce a definire.
L'atmosfera strana del gioco è chiara fin da subito e coinvolge un procione, una ragazzina, un coccodrillo senza lacrime, un gatto cuoco e via dicendo. Un cast del genere non si vede tutti i giorni e predispone in maniera positiva l'animo del giocatore curioso. Dicevamo del procione. Normalmente è un animaletto carino e dispettoso ma nel nostro caso si chiama BK, ama chattare e lavora in una start-up specializzata in... buchi a domicilio. Cosa sono quelle facce, vi avevamo avvertiti che si tratta di roba strana, no? Considerate che questa è solo la punta dell'iceberg di follia che fa da sfondo al semplice ma ipnotizzante gameplay di Donut County.
Il concetto di base è simile ma al tempo stesso totalmente opposto a quello di Katamari Damacy. Mentre nel leggendario gioco di Namco ideato da Keita Takahashi si guidava una sorta di palla appiccicosa capace di inglobare oggetti sempre più voluminosi espandendosi a dismisura, in Donut County muoverete un buco nel terreno. Sarà inizialmente piccolo e potrete farci cadere dentro giusto qualche sassolino, fili d'erba, cespugli e via dicendo. Ben presto però le sue dimensioni aumenteranno e potrete iniziare ad ingoiare bocconi decisamente più corposi.
