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The Mooseman – Recensione

The Mooseman è un videogame concepito da Vladimir Beletsky e Mikhail Shvachko, fondatori di un piccolo gruppo di sviluppatori chiamato Morteshka, fondato nella città di Perm, in Russia, al centro di una regione popolata da una serie di minoranze culturali di discendenza ugro-finnica, i komi, le cui mitologie saranno alla base dell'esperienza con The Mooseman. Premesse interessanti, che richiamano Never Alone e non possono che spingerci a proseguire in questa recensione.



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Un'avventura tribale



Il gioco inizia con questa figura, il Mooseman, una sorta di sciamano presente nelle antiche leggende dei ciudi, ossia gli antenati dei komi, insediatisi nella regione del Perm attorno al VI-VII secolo d.C., che si allontana dalla tribù per iniziare un viaggio spirituale che porta il protagonista a viaggiare in mondi paralleli. Infatti tanto, tanto tempo fa, un dio di nome Yen plasmò il mondo da un guscio a forma di uomo: si comincia dal Mondo di Mezzo, creato per far sì che l'uomo possa prosperare, si passa al Mondo Inferiore, caratterizzato da ambienti più oscuri e tenebrosi, con la presenza di boss di enormi dimensioni, e infine al Mondo Superiore, la patria degli dei e dove si termina l'avventura.



A scandire il lento incedere dello sciamano vi sono i totem, che rappresentano i checkpoint del gioco, ma anche un modo per spiegare tramite dei piccoli brani la mitologia degli antichi abitanti della regione di Perm, oltre alla presenza di spiriti malevoli e grandi animali tipici delle leggende dei ciudi, custodi di conoscenze che si perdono nella notte dei tempi.



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Ad aiutarci nella comprensione del viaggio dell'uomo-alce vi sono particolari poteri magici, tra cui la possibilità di vedere oltre il normale orizzonte degli uomini, rivelandoci enigmi da risolvere, spiriti e glifi della cultura popolare degli antichi permiani; soprattutto i glifi faranno parte dei collezionabili, tra l'altro visibili nell'ambiente di gioco in quanto molto colorati. Interessante notare che questi simboli provengano tutti da scavi archeologici e musei della zona, concedendo una notevole credibilità storica al titolo.



Il gameplay è molto semplice, forse a volte troppo lineare, con il giocatore che dovrà utilizzare o la levetta analogica o le freccette per muovere lo sciamano e utilizzare ben pochi tasti per attivare i poteri dell'uomo-alce, i totem o raccogliere oggetti. Nonostante tutta l'essenzialità nella costruzione degli ambienti di gioco e delle sue dinamiche, vi sono alcune fasi (ovviamente non possiamo spoilerare nulla) basate sulla furtività e sulla risoluzione di alcuni enigmi atti a dare maggiore completezza nel videogame.



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11 dicembre 2018 alle 19:10

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