Kursk - recensione
Il 12 agosto dell'anno 2000 il sottomarino russo K-141 Kursk affondava nel Mar di Barents, portando con sé tutti e 118 i marinai a bordo. L'evento suscitò grande scalpore, sia dal punto di vista umano che da quello politico.
Umanamente il terribile destino del Kursk materializzava i peggiori terrori di chiunque considera un viaggio sottomarino: rimanere intrappolati in fondo al mare con una riserva limitata di cibo e ossigeno in attesa di salvataggi alquanto problematici, quindi improbabili. Politicamente fu uno dei pochi episodi che divisero Putin dal suo popolo. Male informato dai vertici militari sulla reale portata degli eventi, il presidente russo decise di non tornare a Mosca, ma di rimanere in vacanza nel resort presidenziale di Sochi, in cui risiedeva da alcuni giorni. La decisione gli costò diversi punti di consenso.
Ma il K-141 Kursk e la sua tragedia offrivano al mondo anche spunti narrativi e cronachistici interessanti. Quali terribili cause possono portare a un destino tanto tremendo un vascello sofisticato come il Kursk? Si trattava infatti del picco tecnologico della marina russa, un classe Oscar II, secondo solo alla classe Typhoon in quanto a dimensioni, ma letale in battaglia: armamento e capacità di manovra lo rendevano l'arma ottimale per annientare nientemeno che un gruppo navale creato intorno a una portaerei (quindi un misto di cruiser e destroyer). Ciò in ragione di un armamentario devastante costituito da un misto di siluri e missili da crociera, missili, questi ultimi, che hanno un posto speciale in questa recensione...
