Octahedron – Recensione
Il panorama dei videogiochi indipendenti si sta ampliando in maniera talmente prepotente da attirare, delle volte, l'attenzione delle aziende leader del settore videoludico disposte a investire su alcuni progetti. Octahedron appartiene ai suddetti casi; sviluppato da un'azienda svizzera composta da un solo membro (Marco Guardia, conosciuto per essere un compositore di musica elettronica sotto il nome d'arte “Monomirror”, e ancor prima come “Reverb” nel meraviglioso duo di musica trance Flutlicht insieme a Daniel Heinzer NdG), lo psichedelico platform che andremo ad analizzare in questa recensione ha convinto Square Enix Collective a puntarci fortemente.
Square Enix Collective è una divisione di Square Enix che si occupa dei prodotti indipendenti e che ha fra le mani (fra i tanti) Raji, Deiland, Pine e Moonlighter. Le premesse sono dunque convincenti, lo sarà anche il prodotto finale? Monomirror sarà riuscito a fondere musica e videogioco?

Un platform purissimo
Octahedron si presenta come un platform in 2D e, analizzandolo fin dalle prime battute, si nota come questa etichetta sia scolpita sulla pietra. Dopo una breve cutscene che presenta la trama del titolo (superflua ai fini del gioco), verremo catapultati in un breve tutorial. I comandi sono semplicissimi, possiamo muovere il nostro “omino”, saltare con X e premere Quadrato per creare una piattaforma sotto i nostri piedi. Le variabili di gameplay consistono nel fatto che la piattaforma può essere statica come dinamica, seppur di breve durata. Sarà inoltre possibile rendere la piattaforma offensiva per eliminare chi si para dinanzi a noi.
Insomma, un gioco di piattaforme vero e proprio, composto da cinquanta livelli di difficoltà crescente e disseminati di collezionabili e sfide, di cui parleremo più avanti. Demimonde ha quindi deciso di rispettare la tradizione, senza stravolgere il gameplay o la struttura, ma rendendolo “personale” solamente a livello estetico.

Vade retro, epilettici
A livello estetico, Octahedron dà il meglio e il peggio di sé, comunque differenziandosi da parte del mercato. Il level design è piuttosto minimalista e scarno di dettagli e originalità, ma è la scelta dei colori e della loro saturazione, trascinata fino all'estremo, a dominare la scena. Lo sfondo di qualsiasi livello sarà rigorosamente nero, mentre tutto il resto dell'ambientazione sarà colorato, brillante e fotonico, compreso il nostro protagonista. Questa scelta dello sviluppatore è molto coraggiosa, perché può generare dipendenza come disturbare il videogiocatore (tra l'altro è un percorso intrapreso da molte altre aziende, si pensi a Housemarque). La nostra esperienza ci porta a dire che la saturazione dei colori sarebbe potuta essere gestita con maggior parsimonia, poiché si tratta di un videogioco per console di casa e non per sale giochi, dove le partite possono durare qualche minuto e quindi si può trascinare all'estremo ogni organo sensoriale.
Intelligente invece l'utilizzo della colonna sonora chiptune, che vanta fra le sue fila la compositrice Chipzel (diventata leggenda con la colonna sonora di Crypt of the NecroDancer), che riesce con maestria a creare dei loop martellanti, che vengono accompagnati spesso dalle pulsazioni dell'ambiente di gioco. Si crea quindi una sinergia fra l'estremismo grafico e quello sonoro. Niente di nuovo sotto al sole, ma fa sempre piacere rimarcare questa cura della colonna sonora e come un minuscolo studio di produzione svizzero sia riuscito ad avvicinarsi e a collaborare con un'artista irlandese di caratura internazionale.
