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God Eater 3 – Recensione

Quando anni fa, sull'ormai veneranda PSP, ci avvicinammo al primo God Eater, ne rimanemmo piacevolmente sorpresi. Reinterpretare Monster Hunter con un'impronta più action e un'ispirazione artistica differente è un'idea semplice rivelatasi vincente. Oggi, giocando a God Eater 3 su PlayStation 4, non riusciamo a condividere quella stessa euforia. Il primo titolo era una bella sorpresa, ma mostrava difetti evidenti sotto molti punti di vista, difetti che sarebbero dovuti scomparire man mano, capitolo dopo capitolo; purtroppo Bandai Namco sembra essersi un po' adagiata sugli allori del soddisfacente successo della serie, dato che i passi in avanti sono praticamente inesistenti.



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L'inizio di God Eater 3 è già una prima dimostrazione di ciò che caratterizza in negativo il titolo: la mancanza di cura nel trattare i propri punti di forza. Iniziamo l'avventura in una prigione, creando il nostro personaggio e assistendo alla trasformazione di quest'ultimo in un God Eater attraverso i tremendi trattamenti di trasformazione. L'atmosfera è ben riuscita, e c'è il potenziale per qualcosa di interessante nelle primissime fasi, ma già si comincia ad intravedere come Bandai Namco non abbia voluto strafare. Il mood ben costruito nei primi minuti è presto spezzato dalla sezione di creazione personaggio. L'editor è molto limitato, più di quello di Sword Art Online: Fatal Bullet persino, con cui condivide il motore grafico. Questo rende i modelli dei personaggi in gioco, molti dei quali basati sul suddetto creator, piuttosto banali e facilmente emulabili dal giocatore che potrebbe ritrovarsi a giocare con un pg identico ad un npc. Le opzioni di customizzazione aumentano con l'avanzare dell'avventura, ma rimane comunque piuttosto limitato.



Anche glissando su questo elemento “secondario”, God Eater 3 si tradisce presto anche sotto il punto di vista di scrittura e atmosfera, togliendo qualsiasi parvenza di originalità dallo scenario e piazzandoci in un'avventura banale e scontata. Quindi ecco uno dei principali punti a favore di God Eater rispetto a Monster Hunter che viene a mancare, dato che i dialoghi e i video saranno per un buon 90% semplici ostacoli tra una missione e l'altra; in questo frangente si sottolinea anche l'aggravante di aver un pessimo pacing narrativo, obbligando il giocatore a girare per l'hub principale a parlare con gli npc prima di ogni singola missione, anche per comunicare informazioni inutili. Questo ovviamente si pone come un ostacolo per il frenetico ritmo su cui un titolo del genere dovrebbe puntare.



Oltre alla pessima gestione, anche la narrazione in sè, come già accennato, è dimenticabile, con personaggi e risvolti piuttosto banali e qualche sprazzo di buona azione presente nei rari video animati eccezionalmente dallo studio Ufotable (responsabile dell'animazione della opening dei Tales of, di God Eater e degli anime tratti dai suddetti giochi).



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Un diverso tipo di difetto lo si può ritrovare nel comparto artistico. Qua a mancare non è semplice cura per il proprio lavoro, ma un elemento più pesante: l'engine di God Eater 3 è utilizzato allo stesso modo di quando visto in molti altri titoli Bandai Namco… e l'impatto sia grafico che estetico non rende più come una volta: God Eater 3 non può che sembrare un gioco “vecchio”, con molte texture a bassa definizione nei fondali e un'interattività nulla con le ambientazioni visitabili.



Il design generale non aiuta particolarmente, dato che propone pochi spunti di originalità e una palette cromatica piuttosto limitata che può stancare facilmente. Questo si riflette su ogni elemento, mostri, npc, ambientazioni.



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Fortunatamente ci sono spiragli di positività analizzando il gameplay. Il nucleo action che lo rendeva fresco, rispetto alla concorrenza, è rimasto intatto, dando a God Eater 3 la potenzialità di essere divertente per molte e molte ore. Il sistema di upgrade delle armi non è diramato e complesso come in Monster Hunter World, ma non è necessariamente un male, anzi, God Eater 3 si pone come un'alternativa più semplice e user friendly del behemot di Capcom. Questo è riscontrabile anche nella durata delle battaglie stesse, mai oltre i trenta minuti e spesso risolvibili in 15-20 pur rimanendo ad un'ottima difficoltà. Purtroppo anche qua ci sono dettagli negativi da segnalare: la mancanza di vere novità e un comparto online ben funzionante ma molto retrogrado penalizzano ulteriormente il titolo.



Nota positiva per la colonna sonora: non è memorabile, ma offre un ottimo accompagnamento. Buona l'idea di collegare certe canzoni a delle razze specifiche di mostri, così da mantenere un mood costante nelle battaglie tra i vari Aragami della stessa specie.



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God Eater 3 va sul sicuro, troppo sul sicuro per i nostri gusti. Per quanto un'insufficenza sia impossibile da assegnare, visto il buon nucleo di gameplay, il gioco si pone come un esemplare rifiuto di evolvere un franchise con immenso potenziale. I fan della serie troveranno ancora ore e ore di divertimento in God Eater 3, ma il gioco non offre nulla che ci spinga a consigliarlo a chi non conosce il brand, se non il suo essere molto più leggero e abbordabile di Monster Hunter. Contemporaneamente però, il paragone con quest'ultimo è inevitabile e fatale per God Eater 3, che rimane retrogrado e incapace di porsi come rivale del behemot Capcom come riuscì ad essere anni e anni fa su PSP.



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6 febbraio 2019 alle 16:10

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