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25 anni di The Elder Scrolls: Arena - articolo

The Elder Scrolls compie 25 anni, e se i suoi monti e le sue valli ci sono familiari, è merito di Arena, che grazie alla sua vastità è riuscito a diventare un cult (un vero e proprio long sell) ed evolversi, non senza fatica, in qualcosa di più.



Negli anni '80 il gioco di ruolo spintonava per trovare una forma videoludica. Ultima Underworld, Legends of Valour e Megami Tensei in Oriente, sono tra i primissimi esempi di RPG in prima persona, in cui una certa libertà interpretativa (oggi riduttiva, per l'epoca enorme) si affiancava a un alto tasso di immedesimazione visiva. Noi e la nostra tastiera, per la prima volta, nei panni di Conan il Cimmero o Solomon Kane. Qualcosa stava cambiando, i motori di gioco diventavano più potenti, e alla pixel art s'accompagnavano barlumi di 3D.



Come avveniva nei tavoli cartacei, dopo la creazione (quando c'era) del proprio avatar, ci si catapultava in un mondo di mistero e magia, reso più vicino e non meno affascinante dall'immediatezza grafica. Labirinti enormi, fosse e crepe sui muri. Trappole, mostri, pavimenti di lava, effetti sonori ovattati. Si frapponevano fra noi e i nostri obiettivi porte da sbloccare, scheletri (quanti scheletri!) e melme: nostro il compito di trovare strade alternative o nuovi strumenti. Le prima persona è l'inquadratura prediletta, e se ciò che stiamo rivangando è più vicino a King's Field e Shadow Tower (della cara From Software), per sensazioni complessive, è soprattutto nei giochi di ruolo occidentali di Bethesda e Obsidian che troviamo le evoluzioni di quei primi passi d'uomo diventati passi di Giganti di High Rock.



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25 marzo 2019 alle 17:00