Phoenix Wright: Ace Attorney Trilogy - recensione
La prima trilogia di Phoenix Wright, che include gli splendidi Justice for All e Trials and Tribulation, ha una storia lunga. La saga è nata nel 2001 per Game Boy Advance e ha vissuto un vero e proprio boom durante l'era del Nintendo DS, grazie a traduzioni puntuali e al doppiaggio - in una moltitudine di lingue - delle sue iconiche esclamazioni. Dopo essere giunta nel 2014 su iOS e 3DS in una comoda raccolta (tre in uno), finalmente sbarca su Ps4, Switch, Xbox e PC. Con nuovi Sprites, così da poter reggere il drastico cambio di risoluzione.
Phoenix Wright racconta di un avvocato alle prime armi, in un futuro prossimo e vagamente distopico, in cui i processi si chiudono in soli tre giorni e con la pena di morte. A causa della pressione del sistema, e a dirla tutta della fantasia degli assassini, Phoenix dovrà cercare da sé le prove per scagionare i suoi clienti, comportandosi - a tutti gli effetti - come un Detective. Nonostante questa premessa, i toni non sono mai cupi e disperati come in Dangan Ronpa (simile per spirito), anzi; mai un murder mistery è stato così vivace.
Colori spiccati, ambienti ricchi, un'America che sa di Oriente, almeno nella localizzazione occidentale. Durante i ben quattordici casi, oramai classici, si avrà modo di incontrare testimoni svampiti, avversari e alleati indimenticabili, oltre a misteriosi aiuti... diciamo folkloristici. Personaggi a tutto tondo e ben animati, in una trama avvincente che procede un climax dopo l'altro, con colpi di scena degni di tale nome.
