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Slay The Spire - recensione

Di roguelike in giro ce ne sono veramente tanti, forse troppi. Questa particolare tipologia di giochi è divenuta estremamente popolare negli ultimi anni e molte software house, soprattutto indipendenti, ci si sono buttate a pesce.



Quasi tutte però si sono attenute al manuale "For Dummies", limitandosi al compitino di base e non proponendo novità degne di nota. Di tanto in tanto però sotto le luci della ribalta si affaccia un titolo che in pochi hanno visto arrivare e che lascia letteralmente a bocca aperta. È il caso di Slay The Spire, che alle meccaniche classiche (dungeon casuali, morte permanente e via dicendo) abbina combattimenti a suon di carte e qualche altra sfiziosa novità.



Si inizia nel più classico dei modi, prendendo confidenza con il personaggio che vi rappresenterà nell'avventura. Non affezionatevi troppo però al vostro eroe, perché è destinato a una vita non particolarmente lunga. Il vostro Ironclad, come ogni protagonista, parte con un'abilità unica, nel suo caso rappresentata dal potere di recuperare 6 PV alla fine di ogni combattimento. È l'eroe più bilanciato del "pacchetto", perfetto per una partenza morbida. Ad esso si aggiungeranno successivamente altre due categorie, il Silent e il Defect, che si distingueranno per l'utilizzo di armi speciali in grado di modificare non poco le strategie in battaglia.



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10 aprile 2019 alle 09:30