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Riuscirà Destiny a risorgere dalle sue ceneri? - editoriale

"Tu quoque Brute, fili mi!". Chissà quanti giocatori di Destiny si sono sentiti pugnalati alle spalle dal proprio stesso figlio varcando il confine endgame del sequel, scoprendo che l'anima del gioco era irrimediabilmente mutata lasciandosi alle spalle anni e anni di contenuti, armi con "roll" perfetti, punteggi del Grimorio e virtuosismi legati alla personalizzazione del personaggio.



Niente Radianza, addio Lame ad Arco, a mai più rivederci esperienza da tank puro con il Titano Guardia dell'Alba. L'atmosfera dark fantasy condita da un pizzico di magia spaziale aveva ceduto il passo a nuove radici, stavolta imprigionate in un limbo più vicino al puro shooter che all'MMO, dimenticando gran parte degli elementi che i Guardiani di tutto il mondo avevano imparato ad amare nel corso del triennio originale.



Proprio noi, che abbiamo avuto l'onore di assistere alla prima caduta (letteralmente) di Atheon nel cuore della Volta di Vetro, che ci lamentammo per la scarsa durata della Fine di Crota, che raggiungemmo per primi Mercurio all'ombra delle Prove di Osiride e che, infine, esplorammo l'intera Astrocorazzata di Oryx in cerca di nuovi segreti, ci siamo improvvisamente trovati senza una casa, senza una Torre in cui tornare, senza un concreto obiettivo da perseguire.



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28 giugno 2019 alle 17:10