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Stranger Things 3: Il Gioco – Recensione

Stranger Things è una delle serie che, negli ultimi anni, è riuscita a farsi apprezzare maggiormente da un pubblico anche piuttosto eterogeneo. Il segreto sta principalmente nella fusione ben riuscita tra un certo tipo di sci-fi, una spruzzatina di soft horror e un abbondante sfruttamento di elementi nostalgici dedicati agli amanti degli anni Ottanta, il tutto portato avanti da attori che rappresentano persone comuni in cui molti possono identificarsi, piuttosto che iconici supereroi.



Un successo così universalmente riconosciuto non poteva non tradursi in una trasposizione videoludica, che ben si adatta al target principale di pubblico della serie e allo stesso spirito un po' nerdeggiante dei suoi protagonisti. Così, dopo l'uscita di un titolo mobile e la fine delle speranze di un progetto a tema sviluppato dalla compianta (mah NdD) Telltale, senza troppo preavviso la terza stagione della serie è stata accompagnata dal lancio di Stranger Things 3: Il Gioco. Mettendo da parte l'occhio indulgente dei fan, cerchiamo di capire insieme se il titolo abbia un valore videoludico intrinseco.



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Il film si fa gioco



Il videogioco di Stranger Things 3 si presenta fin dalle prime battute come una trasposizione in scala 1:1 della serie Netflix, motivo per cui è consigliabile dedicarsi prima alla visione di quest'ultima e poi al gioco, per evitare sgradevoli spoiler. Una versione pixellosa dell'ormai famosa sigla introduttiva lascia spazio alla prima scena, che riproduce fedelmente quella dell'episodio 3×01 della serie. A proposito, anche la suddivisione in capitoli e i titoli degli stessi ricalcano quanto si vede sul piccolo schermo.



Passiamo poi a controllare Mike e Lucas all'interno del nuovo centro commerciale Starcourt, decisi a intrufolarsi al cinema con l'aiuto di Steve. Sono solo due dei tanti personaggi che sbloccheremo e controlleremo nel corso del gioco, che include tutti gli amati protagonisti di Stranger Things, ma che prevede un sistema di reclutamento graduale via via che si procede con le missioni. Tra battute che richiamano o ricalcano quelle dell'omonimo episodio televisivo e una prima infarinatura sulle meccaniche di gameplay, il gioco ci introduce così nella nuova, misteriosa avventura ambientata a Hawkins.



Bentornati a Hawkins



Lo sfondo delle vicende è costituito dalla cittadina dell'Indiana e dai suoi dintorni. Una mappa generale riporta diverse aree tra cui potremo spostarci rapidamente, una volta sbloccate. Ognuna di queste aree (il centro di Hawkins, il centro commerciale, colle Vento, e così via) è liberamente esplorabile alla ricerca di missioni e di elementi per il loro completamento. La visuale è isometrica e piuttosto ravvicinata, il che permette di apprezzare i dettagli. Si soffre un po', almeno all'inizio, la mancanza di una minimappa per sapere dove ci si trova e dove andare, un limite aggirabile accedendo alla mappa dal menù o seguendo l'indicatore di obiettivo.



Obiettivo che è sempre ben visibile nella parte alta dello schermo. In più di un'occasione potremo scegliere tra due o tre missioni, principali o facoltative, in base a quanto interagiremo con i personaggi secondari che popolano Hawkins. Ogni missione comprende diversi step, che però ruotano intorno a ricerca e/o creazione di oggetti, eliminazione di nemici e/o ratti e soluzione di semplici rompicapo. Tutto scorre in modo estremamente rapido e intuitivo e sapremo sempre che cosa fare e dove andare, per un gioco che non nasconde di voler fondare il suo appeal sulla succosa licenza più che su meccaniche innovative.



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Un esercito di eroi per caso



Il gameplay, nello specifico, si basa su esplorazione, combattimento e soluzione di piccoli enigmi. A schermo si muovono sempre due personaggi per volta, di cui uno controllato da noi e un altro dal gioco o da un eventuale amico con un secondo controller. In ogni istante possiamo passare da uno all'altro e sostituire i personaggi scegliendo tra quelli già sbloccati, per approfittare delle abilità specifiche di ognuno.



Muoversi nelle varie zone disponibili, alcune molto ricche e strutturate e con una buona alternanza di location esterne e interne, è l'attività nella quale spenderemo la maggior parte del tempo. Gli oggetti chiave da cercare sono spesso nascosti nella stanza più lontana e inaccessibile del luogo che stiamo esplorando, ma controllare minuziosamente ogni anfratto è funzionale anche al recupero di oggetti per la creazione e denaro.



Molte aree sono inizialmente inaccessibili, perché richiedono l'abilità specifica di un personaggio non ancora sbloccato (Joyce e le sue tenaglie per aprire porte incatenate, o Dustin che risolve sequenze per sbloccare porte a chiusura elettronica). Ciò implica la necessità di tornare sui nostri passi in più di un'occasione, una volta completato il “party” dei protagonisti, se non altro per scoprire luoghi nuovi o per raccogliere gli gnomi collezionabili in vista del Platino.



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23 luglio 2019 alle 17:10

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