Astral Chain - recensione
La collaborazione tra Nintendo e Platinum Games è cresciuta sempre più negli ultimi anni. Dopo Wonderful 101 e Bayonetta, la software house che non ha certo bisogno di presentazioni nell'ambito degli action game ha fatto letteralmente sognare gli utenti Switch con l'annuncio di Astral Chain lo scorso febbraio. Nonostante la breve finestra di release in rapporto alla data di annuncio e il fatto che per molto tempo non si fosse capito bene di che tipo di gioco si trattasse, le aspettative erano alte visto che nel progetto figuravano grandi nomi: il game director è Takahisa Taura (lead designer di NieR: Automata) ed il progetto è stato supervisionato dal creatore di Bayonetta, Hideki Kamiya, mentre il design dei personaggi è stato affidato alle sapienti mani di Katsura (Video Girl AI). Non sorprende allora se l'hype è andato sempre più crescendo.
Il setting del gioco è decisamente cyberpunk e quanto mai apocalittico. La terra è minacciata dalla terribile invasione di feroci e spietate creature aliene chiamate Chimere. Queste hanno contaminato mondo e persone con la materia Cremisi di cui sono costituite e uccidono o fanno sparire le persone portandole in una dimensione parallela sfruttando dei portali spazio-temporali. L'umanità, nella speranza di proteggersi, si è rifugiata nella città fluttuante chiamata L'Arca.
L'unica speranza di salvezza è l'Unità Neuron, una forza speciale della polizia creata appositamente per fronteggiare questa terribile minaccia. Presso questo avanzato dipartimento, agenti selezionati sfruttano i Legion, delle "Chimere addomesticate" che vengono controllate da un macchinario denominato Legatus e manovrate tramite un legame a doppio filo con l'agente, la Catena Astrale. I Legion sono tanto forti quanto le Chimere dunque, ma il loro limite più grande è l'utilizzo nel tempo, che va centellinato. Dopo pochi secondi, infatti, il corpo dei Legion si va riempiendo di materia Cremisi e l'agente rischierebbe di perderne il controllo.
