Control - recensione
Max Payne, Alan Wake, Quantum Break. Un nome apprezzatissimo che con il sequel non ha saputo ripetersi e che ora sembra destinato al pensionamento negli studi di Rockstar Games, un gioco di culto che al lancio ha venduto pochissimo e che non è riuscito a garantirsi un sequel (forse solo per ora) e un esperimento che ha cercato di unire serie TV e videogioco faticando a convincere a pieno. Per quanto si possa volere bene a quell'adorabile faccia da schiaffi di Sam Lake, Remedy fatica a scrollarsi di dosso una certa fastidiosa nomea.
"Sì, sono bravi e talentuosi, lavorano sempre con molta cura sull'aspetto narrativo e quanto meno cercando di proporre idee diverse, ma...". C'è sempre un fatidico "ma" nella storia della software house finlandese che rimane un baluardo dell'offerta single-player e, cosa davvero non da poco, della creazione di nuove IP. Uno studio completamente indipendente e con il futuro nelle proprie mani che non si adagia sugli allori e che lavora ad AAA di assolute ambizioni è una manna dal cielo ma anche un rischio non da poco. Insomma, una pressione da niente per Control, no?
Ma se vi dicessimo che nella tentacolare e affollatissima New York c'è un grattacielo gigantesco che si nasconde in piena vista e che solo pochi "fortunati" sono in grado di vedere? Se vi dicessimo che esiste un'agenzia federale che in grande segreto lavora all'interno di questo edificio in risposta a tutti quegli eventi che agli occhi di una mente logica non avrebbero alcuna spiegazione? Il Federal Bureau of Control è un gruppo di pochi specialisti che sa che al di là di ciò che vede l'occhio meno allenato, si nascondono molte più realtà di quelle che crediamo, molti più fenomeni da conoscere e per questo temere.
