Remnant from the Ashes - recensione
I "Soulslike" sono ormai un genere affermato e dal primo Demon Souls, che ha gettato le basi per un genere sinonimo di frustrazione ai massimi livelli, sono passati ormai dieci anni.
Questa tipologia di giochi però è sempre stata basata sul combattimento con armi bianche e magie, ed era solo questione di tempo prima che qualcuno pensasse d'inserire in questo concept le meccaniche degli sparatutto. Ecco allora Remnant: From the Ashes. Il gioco, realizzato da Gunfire Games, noti in passato per Darksiders 2 e 3, è disponibile da qualche giorno per PC, Xbox One e PS4: noi abbiamo recensito la versione Steam, che può essere affrontata da soli o in modalità cooperativa con altri due amici.
Al momento della creazione del personaggio, poco dopo l'inizio del tutorial, ci viene chiesto quale specializzazione scegliere: Scrapper, ExCultista e Cacciatore sono in realtà variazioni relative alla distanza per combattere per cui sono stati pensati. Il primo, derivato dai Souls originali, è quello più difficile da usare. La sua specialità è infatti il corpo a corpo, in cui eccelle come danno e capacità di colpire più nemici in una volta sola. L'ExCultista e il Cacciatore combattono invece a distanza: il primo eccelle nel medio raggio, mentre il secondo è specializzato nell'ottenere danni critici dalla lunga distanza. Anche se tutti sono dotati di un setup simile per quanto riguarda le armi (pistola, fucile, arma da mischia), sono proprio le caratteristiche di classe a renderli diversi nell'uso e quindi nelle situazioni che possono gestire.
