NBA 2K20 - recensione
È incredibile come una produzione come quella di NBA 2K possa essere al centro di così tante contestazioni. Sulla carta, infatti, la serie di Visual Concepts ha tutto quello per essere adorata dai fan: graficamente è eccezionale, simula in maniera completa e minuziosa lo sport di riferimento, offre un pacchetto di modalità praticamente infinito e suona sempre alcuni tra i pezzi più celebri e orecchiabili sul mercato. Come se non bastasse le star NBA fanno a gara per collaborare col gioco, spingendone alle stelle la popolarità.
Inspiegabilmente, però, 2K ha deciso di bilanciare questo karma positivo con una serie di scelte in grado di mandare su tutte le furie migliaia di appassionati. Alcune di queste decisioni sono di carattere economico e sembrano perfette per rimpolpare la lista del nostro ultimo editoriale: I più grandi publisher sono guidati da esperti di marketing. Altre sono di carattere tecnico e assillano il gioco da ormai troppo tempo per poter essere ignorate.
Il fatto di aver scatenato delle proteste così veementi, ironicamente, dovrebbe far piacere a Visual Concepts. "When the lights are brightest", la storia raccontata quest'anno all'interno della modalità myPlayer, parla proprio di questo. Quando si assiste ad un comportamento che si ritiene sbagliato non bisogna aver paura di far sentire la propria voce, anche se talvolta questo ci porta a rinunciare a qualcosa di importante. Questo impegno "politico" del protagonista, il suo essere un esempio per i compagni e l'essere disposto a sacrificare i propri sogni per il bene comune gli ha fatto guadagnare il soprannome "Che", come il celebre Guevara, oltre che il rispetto della lega. Perché, come lo stesso LeBron James ci spiega in veste di attore/produttore della storia, quando le luci sono più luminose è importante non perdere di vista i valori e occorre sempre provare ad essere un esempio per chi ci guarda.
