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Blasphemous - recensione

"E così il senso di colpa, il pentimento, il lutto e tutti gli altri dolori dell'anima si sono manifestati in maniera palese e tangibile, in ogni dove, e in ognuno di noi. Quella volontà divina, pia e al contempo crudele che non abbiamo potuto e mai potremo svelare, è stata chiamata il Miracolo".



Blasfemo. Un termine che già di per sé spicca senza bisogno di molte spiegazioni e che se associato a una qualsiasi opera non può che incuriosire e stuzzicare l'interesse di molti. Se a tutto questo si aggiunge uno stile artistico che lascia il segno e la promessa di prendere a piene mani dall'iconografia e da una marea di elementi del cristianesimo allora i giochi sono fatti e l'interesse assicurato. Apparentemente il team di The Game Kitchen andava sul sicuro anche solo grazie alla decisione di prendere un elemento delicato e controverso come la religione e filtrarlo attraverso una visione sporca, contorta, malata e, indovinate un po' blasfema.



In un periodo in cui anche la mediocrità (a voler essere buoni) di un progetto come Agony non fatica più di tanto a ottenere un buon riscontro a livello di puri dati di vendita, Blasphemous non può che godersela e sguazzare in una campagna di crowdfunding di grandissimo successo, soprattutto per il Kickstarter degli ultimi anni. Bastano una manciata di concept art di pregevole fattura e la promessa di un mondo di gioco spietato e caratterizzato da una visione contorta della religione per raccogliere sei volte l'obiettivo prefissato e per alimentare l'hype di una discreta schiera di giocatori.



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18 settembre 2019 alle 10:30