The Sojourn - recensione
La prima domanda che ci si deve porre quando s'inizia a giocare ad un puzzle game è molto semplice: cosa stiamo cercando? Il genere può offrire esperienze diametralmente opposte, dall'essere una fonte di relax all'offrire sfide da spremuta di meningi, fino al tenerci svegli la notte. In questo caso l'esperienza è molto più particolare, perché il "rischio" principale nel giocare il titolo dei Shifting Tides è di trovarci dentro noi stessi.
The Sojourn è infatti un viaggio, non inteso in senso spaziale o temporale. È un viaggio introspettivo. Volendolo paragonare ad un'opera d'arte, è come trovare una tela bianca in mezzo ad una sconfinata galleria. Avvicinandoci notiamo una didascalia, che ci spiega che quella tela è vuota perché deve essere lo spettatore a riempirla con le proprie emozioni. Scettici ci si avvicina, salvo poi trovarsi abbagliati dal riconoscere in quella tela sensazioni che consideravamo sopite.
Non si sta urlando alla rivoluzione, The Sojourn rimane comunque un titolo ben inscritto all'interno del suo genere. Tuttavia rimane un tentativo, anche riuscito, di inserire qualcosa in più dei semplici puzzle. Vuole farci pensare, vuole farci riflettere su noi stessi, e l'esperienza totale di gioco riesce a centrare questo obiettivo, pur prendendosi il suo tempo per farlo.
