Call of Cthulhu - recensione
Ad un anno quasi esatto dalla recensione originale, torniamo a parlare di Call of Cthulhu in occasione della sua uscita su Nintendo Switch. Come al solito l'interrogativo principale in questi casi è sempre lo stesso: si tratterà di una conversione convinta e ben fatta o dell'ennesima operazione commerciale volta a vendere qualche migliaio di copie in più grazie alla popolarità della piattaforma?
Il progetto ha avuto una genesi travagliata. Quasi a metà dello sviluppo passò di mano dal team Frogwares ai ragazzi francesi di Cyanide Studios, ma il cambio ebbe grosse ripercussioni sulla qualità di entrambi i titoli ispirati alle opere di H.P. Lovecraft. The Sinking City era eccellente nelle sue fasi investigative ma falliva nel momento in cui si passava all'azione vera e propria. Call of Cthulhu ha invece un'anima da adventure puro e sarebbe stato più adatto alle caratteristiche del team che in passato ci ha regalato ottime trasposizioni delle storie di Sherlock Holmes.
Per i dettagli sulla trama e il background del gioco vi rimandiamo ovviamente alla recensione scritta a suo tempo dal nostro Alessandro. Prima di passare a sottolineare quanto di buono (o meno buono) è stato fatto per questa conversione Switch è però opportuno spiegare di cosa stiamo parlando. Call of Cthulhu è un'avventura a tinte fosche ispirata al gioco di ruolo "cartaceo" risalente agli inizi degli anni 80. Stiamo parlando di una storia dal ritmo compassato, quasi riflessivo, utile ad esplorare a fondo l'anima del protagonista, che con il passare delle ore affonderà in un abisso di follia ma al tempo stesso si risolleverà dalla sua misera vita.
