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Obduction – Recensione

Nel lontano 1993 i fratelli Robyn e Rand Miller crearono un titolo rivoluzionario in grado di immergere il giocatore in un mondo parallelo con cui interagire in maniera quanto più realistica possibile. Myst, questo il nome del titolo, sbarcò inizialmente su PC per poi vivere una seconda giovinezza su varie piattaforme, tra cui anche la prima PlayStation e PlayStation Portable. Obduction, a distanza di anni, raccoglie questa pesante eredità e prova nuovamente a sbancare il lunario.



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Non voglio mica la Luna



Come la storia recente ci ha insegnato con la sfortunata fine di Telltale, mantenere in vita uno studio che si occupa della realizzazione di videogiochi non è cosa da poco. Ne sanno qualcosa i ragazzi di Cyan Worlds, che dopo aver prodotto il seguito di Myst sono scomparsi dai radar. Il trampolino di (ri)lancio per questo talentuoso team è stato Kickstarter. L'idea di spingere i giocatori a finanziare in anticipo un progetto ha permesso di dare alla luce un nuovo, ambizioso titolo denominato Obduction, intenzionato a ripercorrere le orme proprio di Myst e possibilmente a riscuotere lo stesso successo. L'inizio della nostra avventura è decisamente particolare: camminando di fianco al lago in una notte nuvolosa, un curioso reperto organico cade dal cielo stellato e inspiegabilmente, senza preavviso, ci trasporta attraverso l'universo, strappandoci dalla tranquillità della Terra per portarci in un paesaggio alieno tutto da esplorare.



L'influenza dell'opera magna di Cyan è dappertutto, a partire dallo stile scelto per questa avventura esplorativa. Nessuna istruzione a schermo e nessuna persona con cui dialogare, se non una voce narrante che di tanto in tanto ci terrà compagnia. Ci si ritroverà persi in questa terra inospitale e starà al nostro intelletto trovare il modo di uscirne vivi. Senza troppi indugi iniziamo l'esplorazione di quella che per svariate ore sarà la nostra nuova casa, fatta di strutture decisamente “terrestri” e altre invece totalmente sconosciute.



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Lost in space



Nonostante l'assenza di qualsivoglia istruzione, Obduction è un titolo decisamente intuitivo. Tramite la visuale in prima persona sarà possibile scrutare l'orizzonte, utilizzando la levetta per muoverci e i tasti dorsali per scattare (per modo di dire), mentre al tasto X sarà riservata la funzione di interazione con i numerosi oggetti sparsi in questo open world. Sebbene non siano presenti né nemici né persone con cui parlare, saranno numerosissime le note sparse con appunti più o meno criptici, utili per sbloccare nuove aree o molto più semplicemente per approfondire l'intricata storia che il team di Cyan sembra restio a narrare. Del resto non ci sarà nessuno a spiegarci perché ci troviamo in questo mondo alieno e come fare a uscirne.



Man mano che riusciremo a proseguire la nostra esplorazione, scopriremo che tutto all'interno di Obduction ha un senso. Una cabina telefonica potrebbe celare parte di un codice da usare per sbloccare una porta, una parete potrebbe essere solo un ologramma piazzato abilmente per nascondere un passaggio e così via. Senza svelarvi troppo dei segreti e degli enigmi ideati dagli sviluppatori, riuscire a completare Obduction senza aiuti esterni sarà un'impresa, proprio come accade in Myst o The Witness, senza contare che anche terminando l'avventura rimarrà il dubbio di non aver scoperto tutti i piccoli dettagli abilmente nascosti.



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26 novembre 2019 alle 17:10

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