Dragon Sinker: Descendants of Legend – Recensione
Nel 1987 l'allora Squaresoft – divenuta poi Square Enix – si trovava sull'orlo del fallimento e decise di tentare il tutto per tutto con un titolo dalla grafica rivoluzionaria, una vasta mappa esplorabile e meccaniche RPG innovative. Quel gioco, pubblicato sul primo Nintendo, venne chiamato Final Fantasy e divenne nel tempo punto di riferimento per chiunque volesse creare giochi di ruolo, come successo a Exe-Create con il loro Dragon Sinker: Descendants of Legend.

Ci sono un nano, un elfo e un umano
La nostra prefazione è andata non a caso a pescare nel passato dato che il gioco pubblicato da KEMCO, editore ultimamente più che prolifico su smartphone, vuole essere un chiaro tributo a tutti i giochi di ruolo del passato che hanno segnato un'epoca, a partire da un titolo che ricorda neanche troppo velatamente il ben più blasonato Dragon Quest. La trama di questa avventura retro è quanto di più scontato e banale si possa immaginare: il giocatore interpreterà Abram, un valoroso principe che proverà a fermare il malvagio drago Wyrmvarg, creatura che si diletta a chiedere sacrifici umani in cambio della pace. Dopo un primo, tragico fallimento il nostro eroe deciderà di lanciarsi in un viaggio per trovare tre armi leggendarie in grado di abbattere la bestia e riportare la tranquillità nel regno.
Le armi in questione però saranno protette da due popolazioni magiche, ossia gli elfi e i nani, con i quali Abram dovrà stringere una forte alleanza che si trasformerà durante il viaggio in profonda amicizia per riuscire così a radunare e ripristinare gli strumenti in grado di fermare Wyrmvarg. Se, leggendo questa breve descrizione della trama, vi sono venuti in mente circa il 90% delle opere fantasy in commercio non fatevene una colpa, perché questa sensazione vi accompagnerà per tutta la durata della campagna, completabile in non meno di una ventina di ore e in grado di offrire anche un piccolo post-game dedicato ai completisti.

Quadratini colorati
L'elemento che colpirà fin da subito chiunque si avvicinerà a Dragon Sinker è sicuramente il marcato stile anni '80, con una grafica 8bit pulita e colorata in grado di riportare alla mente proprio i classici del passato e tutto sommato piacevole da guardare, nonostante una generale vicinanza dell'inquadratura che darà alcuni problemi di orientamento. Il design classico dei mostri e delle città non farà gridare al miracolo ma permetterà ai giocatori più nostalgici di rievocare intense nottate passate con il pad rettangolare del vecchio Nintendo stretto tra le mani, pronti ad eliminare qualche potente boss in snervanti ed eterne battaglie a turni.
Anche la colonna sonora chiptune tenterà di farci rivivere i fasti del passato, riuscendoci però decisamente meno della curata grafica di gioco e venendo il più delle volte a noia con tonalità a volte troppo forti, a volte troppo monotone e più in generale trascurabili. La mappa di gioco, anch'essa interamente “quadrata” e composta da grossi pixel, sarà decisamente vasta ma rispecchierà quanto detto per mostri e città, con una ripetizione infinita delle stesse identiche strutture che farà sentire spaesati i giocatori meno abituati a questo genere di gioco, complice anche una mappa allargata non esattamente chiara.

