Bloodroots - recensione
Tradito, picchiato, deriso e lasciato a terra morente. L'incipit di Bloodroots potrebbe essere definito tarantiniano perché per certi versi strizza l'occhio a quello di Kill Bill.
Come il buon Quentin insegna, però, non bisogna mai dare per morto chi è arso dal fuoco della vendetta. In questo caso il morto e risorto si chiama Mr. Wolf (altro riferimento al cinema di Quentin), un bestione di oltre 100 chili che dopo essersi rimesso in sesto, decide di mettersi sulle tracce di coloro che lo avevano abbandonato sanguinante in mezzo alla foresta. Tracce di sangue, ovviamente, che colorano questo gioco fin dai primi istanti.
Se avete giocato Hotline Miami, potete già farvi un'idea dello stile di gioco di Bloodroots, un gameplay frizzante, rapido e scandito da uccisioni in serie. Una serie di livelli pieni zeppi di nemici da fare fuori a velocità folli, facendo però attenzione a non essere colpiti. Basterà infatti un unico errore per vedere lo schermo colorarsi di rosso sangue, il vostro.
