Streets of Rage 4 - recensione
Quando venne annunciato Streets of Rage 4 il mondo dei videogiocatori si divise in due come il Mar Rosso di fronte a Mosè. Da una parte i vecchi frequentatori di sale giochi (quasi tutti ultra-trentenni o peggio) commossi dal ritorno di una saga storica e di un genere, quello dei picchiaduro a scorrimento, ormai quasi dimenticato.
Dall'altra i giocatori più giovani che tra una partita a Fortnite e l'apertura di un nuovo pacchetto FUT hanno accolto la notizia con una veemente alzata di spalle. In realtà c'è anche una terza categoria, quella di chi si è chiesto "cosa sarebbe Streets of Rage"... ma per quelli c'è un apposito girone dell'Inferno.
Chi vi scrive ovviamente appartiene alla prima categoria (e rientra nel sottoinsieme "peggio"). Il mio personale nerbo videoludico è stato forgiato negli anni a colpi di Final Fight, Double Dragon, The King of Dragons, Golden Axe, Cadillacs & Dinosaurs, Vendetta e successive varianti più o meno fantasy. Il franchise Streets of Rage, nato e cresciuto su ben tre generazioni di console SEGA, è ovviamente incluso nell'elenco dei migliori esponenti del genere "picchiaduro a scorrimento", con una personale, leggera preferenza per il secondo episodio.
