Book of Demons – Recensione
Il mondo si gode le briciole di next-gen finora mostrate, alla ricerca del canto del cigno di PlayStation 4, tra The Last of Us Parte II, Cyberpunk 2077 o Ghost of Tsushima, mentre noi ce ne stiamo buoni e ci facciamo bastare – divertendoci – titoli più leggeri. Tra le nuove proposte del mercato è spuntato Book of Demons, un gioco che, in tutta onestà, abbiamo dato già per spacciato un secondo dopo il suo avvio. Complici il nome quanto più generico possibile e una splash page allungata e pixelosa e con il font Impact scelto per rappresentarlo, non certo un biglietto da visita coi controfiocchi, insomma. Siamo rimasti perplessi all'avvio, ma con nostra grande sorpresa, ci siamo sbagliati. Abbiamo giudicato un libro dalla copertina, e magari è proprio a questa sensazione che allude il nome stesso del gioco. Vi spieghiamo nella nostra recensione perché, secondo noi, Book of Demons è il dungeon crawler migliore che abbia mai messo piede su PlayStation 4.
Toss a coin to your warrior
Con dialoghi spesso e volentieri in rima,
la locandiera accoglie gli eroi per prima.
Segue il saluto dall'anziano saggio,
la mente più acuta del villaggio,
appaiato dalla cartomante,
garante di un potere allettante,
si erge, tra le donzelle popolare, il guerriero,
che prode, un vero avventuriero;
al suo seguito l'abile ladra,
con la quale è però arduo fare squadra.
A ruota, ecco il mago maestoso,
un barbuto dallo sguardo tutt'altro che affettuoso:
in un viaggio nell'abisso profondo,
volto a prevenire il finimondo,
tutti e tre sono alle prese con il possente demone,
e con i suoi segugi, che di sguinzagliare non ha remore.
In breve abbiamo riassunto quel che è la trama di Book of Demons, una storia che riprende i canoni classici del filone narrativo a tema fiabesco e, perciò, da non prendere quasi sul serio mentre si gioca: basti sapere che un castello è infestato dal Diavolo in persona e dai suoi mostri e gli eroi di turno, un cavaliere, una cacciatrice e un mago, sono chiamati a disinfestarlo, dal piano superiore fino ad arrivare alle profondità dell'inferno.
Il tutto è strutturato in maniera molto simile a Rogue Legacy. Si parla con gli abitanti del villaggio, che danno ai giocatori considerevoli aiuti oltre che raccontarci le loro storie (di dubbio interesse, francamente) e, una volta pronto l'equipaggiamento, si scende giù per il castello infestato per liberarne ogni meandro e portare a casa gloria e bottino. Nessuna variazione narrativa ci accompagnerà per le dieci ore di gioco offerte dal titolo, comincia esattamente come finisce. Non è necessariamente un male, anzi.

Una pedina percorre tutta la scacchiera
Sono affermazioni forti, quelle scritte nell'introduzione della recensione: perché Book of Demons è potenzialmente il miglior dungeon crawler su PlayStation 4? Innanzitutto perché riesce sapientemente a mischiare il genere del roguelike, dungeon crawler, hack ‘n slash e gioco di carte senza mai farne risaltare uno tra gli altri e al contempo è in grado di mantenere tutto il minestrone di generi senza far pesare le meccaniche di nessuno di loro.
Scelto il personaggio che intendiamo usare (ma il guerriero è l'unico sbloccato fino al livello 5) e fatta la conoscenza dei personaggi di supporto, veniamo catapultati nel dungeon del castello. Questo è strutturato a corridoi da percorrere esclusivamente in avanti o all'indietro, Book of Demons infatti cancella quasi tutta la tridimensionalità e propone un “gioco a strisce”. Da lontano, ma pur sempre all'interno del campo visivo, è possibile mirare e attaccare a suon di spada i nemici che tentano di avvicinarsi, rispettivamente usando la manovella destra e il tasto X, rivoluzionando e semplificando di fatto qualsivoglia meccanica hack ‘n slash: niente casini su schermo, nessun numero che va e viene per simboleggiare gli HP tolti ai mostri, ognuno di loro ha invece una barra di cuori – a mo' di The Legend of Zelda, per capirci. Il modo per uccidere un mostro è solitamente attaccare furiosamente, eppure i cuori dei nemici e i mostri stessi possono presentare qualche variante. Nelle statue animate dei gargoyle, ad esempio abbiamo, per l'appunto, cuori di pietra da scalfire più volte prima di far uscire allo scoperto il vero cuore, mentre altri nemici vanno colpiti con un certo tempismo, in quanto sono soliti andare in berserk se attaccati ripetutamente.
A ogni modo, quale meno, quale più, gran parte dei mostri ci costringerà a spostarci lungo i corridoi per evitare i loro attacchi, elemento che – grazie anche alla posizione della telecamera – arricchisce il gioco di un'intangibile tridimensionalità nonostante la sua struttura bidimensionale e di meccaniche simpatiche da sfruttare durante le battaglie. Impossibile non menzionare quanto un'arma di ghiaccio o di fuoco possa rivoltarsi contro di noi quando influenzano intere caselle, quanto sia fastidioso lo status veleno e quanto geniale sia la pensata dello stringere i denti e liberarsene in anticipo premendo Cerchio poco prima di ricevere danno, o ancora quanto sia invalidante per il nostro personaggio, ma divertente per il giocatore perdere quei pochi secondi per raccogliere le stelline per riprenderci dallo stordimento; sono trovate da cartone animato che si addicono alla perfezione con il setting volutamente scherzoso del titolo, questo rafforzato dalla miriade di riferimenti all'industria del gaming e alla cultura pop.

