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Defender's Quest: Valley of the Forgotten DX – Recensione

Gestionali, city builder, strategici o tower defense sono generi di gioco fantastici, che però riescono raramente nell'impresa di lasciare il segno su console. Il PC resta sempre la piattaforma più indicata. Vuoi per precisione del puntamento o per shortcut di tasti solitamente più intuitive, il più delle volte il risultato di un porting su console non sempre rispecchia quanto sperato. Il discorso calza a pennello parlando di Defender's Quest: Valley of the Forgotten, ibrido tra tower defense e RPG che, grazie (o a causa, dipende dai punti di vista) dell'accoglienza calorosa su Steam, ha deciso di tornare a far parlare di sé con la sua versione DX a otto anni dalla sua uscita originale.



Scheletri nell'armadio



Già solo a guardarlo – e meglio ancora a giocarlo – c'è da dire che Defender's Quest è un titolo che nasce vecchio. Sia graficamente che narrativamente parlando. La storia parte con premesse interessanti, tutto sommato. La protagonista è Azra (dal nome modificabile a piacimento), bibliotecaria regale che contrae una malattia apparentemente incurabile e viene gettata in un luogo sinistro, chiamato “la fossa”, dove la morte e la sofferenza attendono i malcapitati. Quella che sembra una fossa comune, in realtà nasconde atrocità e mostruosità di ogni genere. Miracolosamente guarita dalla malattia, Azra ottiene l'abilità di entrare in un mondo che incrocia vivi e morti e di servirsi dei difensori, particolari spiriti senzienti, in modo da dare battaglia alle creature che la minacciano e sfuggire al tremendo inferno in cui è capitata.



Nonostante il setting tetro e affascinante, la narrazione non ci mette molto a cadere nel banale, sfortunatamente. La caratterizzazione dei personaggi, a parte Azra, Slak e Ketta, è praticamente inesistente – i protagonisti sono solo i meno piatti, in realtà – e la storia nel suo complesso perde d'interesse e si limita a una continua fuga dagli inseguimenti e a battaglie contro scheletri e mostri anonimi. Non è il piatto forte dei tower defense, lo riconosciamo, ma avremmo apprezzato un minimo di profondità in più e scenari meno scontati.



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La difesa è il miglior attacco



Il piatto forte di Defender's Quest è sicuramente il suo gameplay, un perfetto miscuglio di tower defense e RPG. All'inizio di ogni battaglia sceglieremo come spendere i nostri punti Psi (la magia, per intenderci) evocando tutti i difensori possibili e di classi diverse, come cacciatori o berserker, e come potenziarli durante lo scontro infondendo in loro altri punti, accumulabili uccidendo sempre più nemici. La strategia è tutto in Defender's Quest, a partire dal dove posizionare le proprie truppe – meccanica che, di tanto in tanto, vi spingerà a riprovare più volte un livello – fino al dover conservare dei punti Psi per servirsi delle magie di Azra, come fulmini, power-up alla squadra o guarigioni, per sopperire alle eventuali mancanze del party. Giocano dunque un ruolo fondamentale la gestione della velocità del tempo trascorso (velocizzabile fino a otto volte il suo naturale scorrere), la spesa attenta dei punti e il livello di salute delle truppe.



Gli scenari sono composti da lunghi corridoi attraversati dai nemici per arrivare al giocatore. Azra non dovrà mai farsi raggiungere dai mostri, che attraversandola la feriranno; raggiunti zero HP sarà game over e si dovrà ricominciare lo stage dall'inizio. I nemici si faranno sempre più feroci nel corso dell'avventura, ed è qui che entra in gioco la componente RPG. Al termine di ogni battaglia, che sia essa vinta o persa, tutto il party attivo riceverà dei punti esperienza con i quali salirà di livello e aumenterà le statistiche dei singoli membri.



Questi avranno anche a disposizione punti abilità da assegnare nell'albero delle skill, che garantiscono potenza aggiuntiva a determinati attacchi, una maggiore velocità di esecuzione o ancora nuove tecniche, che però i soldati potranno eseguire in battaglia solo se potenziati fino a un certo livello con i punti Psi. Un considerevole miglioramento alle truppe è dovuto anche all'equipaggiamento più pregiato, al punto da costare un occhio della testa, ma ottenibile anche completando i vari stage alle diverse difficoltà. Grazie al costante senso di pericolo nelle battaglie più avanzate e al conseguente voler salire di livello, i quattro livelli di difficoltà garantiscono una grande rigiocabilità.



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7 luglio 2020 alle 17:10

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