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Control: AWE - recensione

Fino a che punto si può cercare di riscrivere la propria storia. Fino a che punto ci si può spingere per ingannare una forza apparentemente inscalfibile. Qual è il limite oltre il quale l'inganno rischia di ritorcersi contro di noi. Quando sarà arrivato il momento decisivo sapremo riconoscere quell'ultimo passo che ci separa dal perdere noi stessi? Sapremo fermarci sull'orlo dell'oblio?



Jesse Faden e l'Hiss, Alan Wake e Mr. Scratch, luce e oscurità. Gli opposti si rincorrono, una costante che in modi decisamente inaspettati ci ha presi per mano accompagnandoci fino a questo momento. Un momento che forse solo il fan più accanito e ottimista di Remedy e del buon Sam Lake avrebbe avuto il coraggio di prevedere sul serio, una situazione su cui pochissimi avrebbero scommesso ma che incredibilmente ha preso forma restituendoci quello che oggi ha perfino un nome alla Marvel Cinematic Universe: Remedy Connected Universe.



"Return", Ritorno. Correva il lontano 2010 quando l'iconico scrittore e baluardo della luce contro l'Oscurità di Cauldron Lake iniziò a scrivere le prime parole della sua opera più importante. Erano le battute finali di quel The Writer che a conti fatti sarebbe stata l'ultima vera avventura degna di nota e narrativamente cruciale (non me ne voglia lo spin-off Alan Wake's American Nightmare) del personaggio che oggi torna a essere molto più di un semplice easter egg o di un file nascosto tra una miriade di collezionabili.



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29 agosto 2020 alle 16:11