Torchlight 3 - recensione
Sin dal lontano 1985, con l'arrivo di Gauntlet, il genere degli hack and slash è stato sinonimo di combattimenti frenetici contro orde pressoché infinite di mostri, attraverso labirinti e fortezze via via più complesse e sovraffollate. Questi titoli non sono ricordati per la profondità delle loro storie ma piuttosto per essere responsabili di numerose vesciche sulle mani e joystick distrutti.
Con l'arrivo sui nostri schermi di Diablo, e del successivo e tuttora acclamato seguito Diablo 2, Blizzard North (sussidiaria di Blizzard) disegnò il genere aggiungendo una componente RPG, con personalizzazione del personaggio attraverso classi, talenti e punti abilità, mai tralasciando però il cuore del genere, ossia orde demoniache da distruggere con il mouse in un crescendo di click.
In seguito a disaccordi con Vivendi, che ai tempi controllava Bllizzard Entertainement, la divisione Blizzard North e i due giochi su cui stava lavorando (Diablo 3 e un progetto simile) vennero cancellati. Max Shaefer (uno dei fondatori di Blizzard North) non si perse d'animo e decise di ritornare alla ribalta con uno studio proprietario, Runic Games, e di portare a termine l'altro progetto.
