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Shadow of the Colossus compie 15 anni - articolo

Un cavaliere a galoppo di un destriero solleva la spada verso il cielo. La lama cattura la luce del sole, il raggio riflesso segna il cammino da intraprendere e conduce in un'oscura foresta di fiaba, oltre una prateria infinita. La nebbia ingrigisce l'orizzonte, i crepacci si susseguono sotto gli archi di antiche costruzioni abbandonate. Silenzio assoluto, finché qualcosa si muove. Alberi secolari, lucertole e specchi d'acqua limpida, tremano al respiro di creature enormi, assopite tra i monti.



Ma l'atmosfera di Shadow of the Colossus, apparso per la prima volta nel 2005 su Playstation 2, non può essere catturata da queste semplici parole. Chi l'ha giocato, lo sa: il capolavoro di Fumito Ueda è un videogioco fatto di immagini imponenti. In bilico tra vita e morte un Orfeo cerca di portare in vita la sua Euridice. L'incipit? Essenziale. Il nostro viaggiatore solitario, Wander, è convinto dal misterioso Dormin a intraprendere un'impresa sanguinaria. Per salvare l'amata Mono, dovrà sconfiggere sedici colossi.



Wander li sveglierà, uno dopo l'altro. Li vedrà ergersi e oscurare il sole con la loro statura vertiginosa, mentre cercherà i punti deboli per abbatterli. I giganti romperanno le rocce, sconquasserà la terra, sfioreranno le nubi, agiteranno il corpo dalla peluria fitta come licheni e alghe brune. Saranno furiosi, invalicabili. Ci sono appigli nelle loro armature, con torri, balaustre e pietre squadrate. Arrampicandosi, Wander li ucciderà, in fiotti di sangue color catrame. Sembrerebbe una vittoria, ma è la fine. In mancanza dell'ombra dei colossi, un'ombra malvagia, arcaica e feroce, risorgerà.



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18 ottobre 2020 alle 11:00

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