Shady Part of Me - recensione
"Dove andiamo quando le ombre si allungano? Perché restiamo qui quando potremmo andarcene?".
Potrebbe sembrare un brano di Billie Eillish ma, in realtà, è una delle tante riflessioni che ci propone Shady Part of Me. A volte ci ostiniamo a seguire ciecamente ciò che reca dolore: conosciamo la via d'uscita, eppure continuiamo a ingranare la marcia nella direzione opposta. Abbiamo paura della luce, del giudizio, delle fiamme dirompenti che scaldano e distruggono al tempo stesso. Abbiamo paura di esporci, di vedere la nostra stessa ombra e, alla fine, è proprio quest'ultima che può aiutarci.
Quella sagoma oscura, grande e inquietante, è la nostra vera essenza, quella che non indossa alcun tipo di maschera. Ė il fulcro dei nostri sogni, delle nostre paure e delle necessità intrinseche che probabilmente non ammetteremmo mai. Quell'essenza, soffocata dall'orgoglio e dalla paura, cerca di ribellarsi e di farsi sentire attraversando i meandri oscuri dei nostri sogni, lì dove non abbiamo il controllo. Così, tra una scena e l'altra, come se fossimo gli spettatori, il nostro inconscio cerca di comunicarci ciò di cui abbiamo realmente bisogno. Ė un modo per farci capire di dover aprire gli occhi e renderci conto che la via d'uscita è più vicina di quanto pensiamo ma noi, puntualmente, facciamo finta di non vederla.
