Atelier Ryza 2: Lost Legends & the Secret Fairy - recensione
Riuscire ad avvicinare nuovi giocatori a una saga, nonché continuare a sorprenderne gli appassionati, è un compito arduo. Tutto ciò si complica ulteriormente qualora si pensi a una serie più che ventennale come quella di Atelier. Ebbene, le storie dall'essenza nipponica non hanno subito una rivoluzione particolarmente impattante, ma sono state rese certamente più godibili, senza averne stravolto il marchio di riconoscimento.
Atelier Ryza 2: Lost Legends & the Secret Fairy racconta nuovamente le vicende di Reisalin Stout, dagli amici soprannominata Ryza, e segue fedelmente il percorso plasmatosi nel capitolo precedente. Stavolta, tuttavia, abbiamo potuto conoscere una protagonista decisamente più matura, conseguenza anche del tempo trascorso da quando l'abbiamo lasciata. Sono infatti passati ben tre anni (narrativamente parlando), un lasso di tempo in cui la giovane isolana di Kurken Island ha coltivato la sua profonda passione per l'alchimia, seppur trovandosi separata dai suoi compagni d'avventura.
Ogni personaggio ha trovato, o sta cercando, il proprio pezzo d'identità: c'è chi ha sentito il bisogno di evadere da una realtà troppo piccola e ormai poco gratificante, o chi ha scelto di percorrere le orme della propria famiglia dedicandosi all'agricoltura. Tutto è cambiato inevitabilmente quando Tao, amico d'infanzia di Ryza, ha invitato la giovane alchimista a raggiungerlo nella grande capitale di Ashra-am Baird. Anche il piccolo ricercatore è cresciuto e maturato, ma è ancora fermamente convinto di voler esplorare i misteri del regno e, quindi, di trovare una solida verità in ogni leggenda.
