Lost Words: Beyond the page - recensione
I videogiochi possono farsi notare in molti modi. Ci sono quelli che puntano a tirare fuori tutta l'adrenalina che abbiamo in corpo, quelli che propongono meccaniche originali, quelli talmente belli da far sgranare gli occhi... e poi ci sono quelli che ti toccano l'anima, che arrivano a farti piangere, che a distanza di anni ricordi più per le emozioni che sono stati capaci di suscitare che per le azioni che hai dovuto compiere per portarli a termine.
Se andiamo a scavare nei ricordi è impossibile non citare Ico e Shadow of the Colossus, ma anche alcuni Metal Gear, Flower, Life is Strange.
Ognuno di essi ha fatto vibrare corde molto sensibili ma è in particolare negli ultimi anni che molti sviluppatori, soprattutto indipendenti, hanno spinto sull'acceleratore, cercando di tirare fuori dal medium videogioco tutte le sfumature emozionali possibili. Ricordiamo To The Moon, Brothers: A Tale of Two Sons, This War of Mine, Inside, Gris That Dragon: Cancer, Hellblade e potremmo proseguire ancora a lungo. Ognuno di essi è stato capace di tirare fuori un ricordo, un sorriso, un brivido e a volte anche una fitta breve ma lacerante.
