Kaze and the Wild Masks - recensione
Sonic Jam, SEGA Saturn, 1998. Prima occhiata al trailer che mostrava questa sorta di coniglio saltellante tra verdure malvagie e paesaggi verdeggianti con una splendida pixel art e il primo pensiero di chi vi scrive è andato là, all'inizio di un'intera passione. Una console che sarebbe stata un flop praticamente su tutta la linea e una collection di grandi giochi ma con nulla di straordinario di per sé che attraverso gli occhi giusti erano...tutto, semplicemente pura magia e meraviglia. Parlare di effetto nostalgia è fin troppo abusato come lo è sfruttarlo per far breccia con idee e prodotti che in molti casi alla fine della fiera sono al massimo mediocri.
Per quanto affascinati dai ricordi, questa voglia di old school non ci convinceva del tutto ma una cosa bisogna concederla al lavoro di PixelHive: fin dal primo contatto l'amore per un certo modo di confezionare platform sprizzava da tutti i pixel. Ed è così che Kaze and the Wild Masks sembrava di colpo diverso, non solo un abuso del fattore nostalgia e poco altro.
"Quando le Crystal Islands vengono maledette, Kaze deve salvare il suo amico Hogo e affrontare delle malvagie verdure corrotte. Trova le Wild Masks, scatena i poteri dei leggendari guardiani e padroneggia terra, cielo e aria". Questa la trama ufficiale di un progetto che ci ha accolto con una breve presentazione che si dimostra ben presto una semplice scusa per spingerci ad esplorare in lungo e in largo quattro mondi e i livelli presenti al loro interno. L'aspetto narrativo è a dir poco un orpello ma questo è un platform puro e una scelta del genere è più che comprensibile.
