Valorant: come nasce una mappa e come si bilancia un videogioco competitivo - intervista
Valorant ha fatto irruzione nel sottobosco degli sparatutto competitivi con un obiettivo molto chiaro in mente: al centro del mirino c'era la vetta di un mercato immenso, un mercato che da anni è saldamente ancorato nella stretta di Valve. Ed esordire nel mezzo di una pandemia globale, per un titolo che punta a riempire palazzetti, non è certo un operazione facile, ma Riot Games ha scelto di andare all-in senza mollare neppure un centimetro di terreno.
Ora che la vita sta riprendendo lentamente il suo corso naturale, quella di Valorant si può considerare una scommessa vinta a metà. Da una parte lo shooter tattico è riuscito a imporsi nelle principali classifiche dell'engagement, radunando un enorme community e sottraendo dozzine di talenti ai suoi principali rivali nel campo degli esports. Dall'altra, purtroppo, il ritorno del pubblico sulle gradinate degli eventi dal vivo è ancora lontana, pertanto è presto per redarre solidi bilanci.
Riot Games, dal canto suo, non ha la minima intenzione di togliere il piede dall'acceleratore, e mese dopo mese mette i suoi artisti al lavoro allo scopo di ricamare l'esperienza di gioco attorno alle richieste degli appassionati. Nuovi atti, nuove mappe, nuovi agenti continuano ad affacciarsi sullo sfondo delle colorate sparatorie, e l'arrivo di Breeze era l'occasione perfetta per fare un tuffo dietro le quinte dello studio.
