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Biomutant - recensione

The Legend of Zelda: Breath of the Wild ha modificato per sempre il modo di concepire gli action-RPG a mondo aperto. Il titolo di Nintendo ha fatto scuola e dalla sua uscita i tentativi di imitazione si sono moltiplicati, alcuni con ottimi risultati come nel caso di Immortals: Fenyx Rising, altri... molto meno.



Se la memoria non ci inganna, Biomutant venne presentato per la prima volta durante una GamesCom di qualche anno fa e fece subito sgranare gli occhi a giocatori e addetti ai lavori. Poi sparì totalmente dai radar e con il tempo le speranze di vedere quella meraviglia in forma giocabile si affievolirono sempre di più. La pressoché totale mancanza di comunicazione da parte di THQ Nordic si è interrotta qualche mese fa, con la pubblicazione di un lungo filmato di gameplay che mostrava sì un comparto tecnico meno pompato, ma potenzialità comunque interessanti.



Altre settimane sono passate e finalmente abbiamo messo le mani sul gioco, ci siamo avvicinati a esso con le dovute cautele, timorosi che le aspettative accumulate in questi mesi potessero venire deluse. Abbiamo passato un bel po' di tempo insieme al proto-roditore creato dai ragazzi di Experiment 101, ennesimo eroe dell'ennesima era post-atomica digitale. Lo abbiamo creato e cresciuto come preferivamo, coccolato e gli abbiamo insegnato a cavarsela anche in situazioni critiche, ma alla fine la sua epopea si è dimostrata molto meno interessante di quanto speravamo. Vediamo perché.



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26 maggio 2021 alle 12:10