Omno - recensione
Dopo essersi fatto le ossa con numerosi spot televisivi, qualche produzione secondaria nel mondo dell'animazione digitale e un paio di incursioni nei VG (tra cui un ruolo come animatore per il primo State of Decay), Jonas Manke decise di mettersi in proprio per dedicarsi anima e corpo al suo primo videogame da solista. Sono passati cinque anni da allora e il piccolo/grande sogno dell'artista teutonico è diventato realtà. Il titolo in questione si chiama Omno e non si perde in inutili parole... anzi, a dire la verità per tutta la durata dell'avventura il protagonista non ne pronuncia neanche una.
Omno fa parte di quella categoria di giochi in cui si va in cerca di qualcosa, di una verità che viene scoperta attraverso squarci di storia che pian piano prendono il loro posto come in un puzzle. Il primo che ci viene in mente è il magico Journey. Proprio come l'incappucciato eroe del piccolo capolavoro di Thatgamecompany, il protagonista di Omno si ritrova addormentato e inconscio del proprio destino in un mondo fiabesco, abitato da creature incredibili e pervaso da un'aura di mistero che fin da subito avviluppa il giocatore, rendendolo desideroso di scoprire la nuova storia che è appena iniziata.
Non esistono combattimenti in Omno, l'unica cosa di cui dovrete preoccuparvi è di trovare e accumulare un sufficiente quantitativo di energia per scoprire nuovi dettagli della storia e aprire i portali che conducono ai capitoli successivi. Potrete farlo interagendo con le strane piante che troverete in giro o con le ancora più bizzarre creature che testimonieranno silenti il vostro girovagare. Nessuna di loro è pericolosa e non vi attaccheranno in alcun modo, ma la loro presenza e i loro comportamenti avranno sempre un significato ai fini della progressione e spesso nasconderanno qualche prezioso segreto.
