Rustler - recensione
Immaginate di star percorrendo i vicoli di una cittadella medievale, accarezzati da un'aria frizzantina e rigenerante. È mattina presto e le strade iniziano timidamente ad animarsi: c'è chi si dedica all'approvvigionamento, chi vuole chiacchierare e lo fa con sproloqui poco piacevoli e chi, invece, deve accettare strani compiti pur di guadagnare. Bene, non è nulla di strano, se non la solita vita a cui siamo abituati tuttora.
Le vie del borgo sono pervase dalle note malinconiche di un liuto, suonato da un bardo che canalizza i suoi pensieri in quel magico strumento paradisiaco. Alcune canzoni raccontano di un amore non corrisposto, altre delle eroiche gesta compiute in battaglia. Adesso, immaginate che queste melodie vengano improvvisamente interrotte da un ignorantissimo beatboxing.
Vi girate attorno sentendo anche delle grida, accecati da una luminescente sirena che vi sfreccia davanti, neanche fosse una gara clandestina. Cosa succede? Il solito: un abitante ha parcheggiato il suo cavallo proprio dove è palesemente segnalato il divieto di sosta, e non si è neanche fermato alle strisce pedonali!
