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Enter Digiton: Heart of Corruption – Recensione

Il nuovissimo metroidvania di eastasiasoft e Morne Venter, Enter Digiton: Heart of Corruption, è protagonista della nostra nuova recensione. Un ritorno al passato, ai tempi in cui bastavano quattro batterie stilo e uno schermo in bianco e nero per divertirsi. Iniziate con noi questo viaggio nel passato.



Cuore corrotto



Prima d'iniziare la nostra analisi di Enter Digiton: Heart of Corruption è bene sottolineare un elemento. Questo gioco è stato infatti sviluppato da una singola persona, Morne Venter, e sbarca su PlayStation dopo un periodo di rodaggio su PC. Heart of Corruption è infatti un aggiornamento di Enter Digiton, pubblicato lo scorso anno e modificato per adattarsi ai suggerimenti degli utenti.



La trama di questo gioco d'azione bidimensionale è semplice ma efficace. Il regno sotterraneo di Digiton è infatti stato invaso da una serie di mostri comandati da quattro lord demoni. Per bloccare questi codici virtuali demoniaci viene risvegliato un costrutto digitale chiamato AHAB.



A causa di un difetto di funzionamento, però, AHAB sceglie di prendere uno scudo al posto delle armi di distruzione disponibili. Come se non bastasse, il costrutto si rifiuta di uccidere l'indifesa creatura d'allenamento, scatenando le ire del suo creatore. AHAB viene così scagliato nelle profondità di Digiton e, in compagnia di un gatto spaziale, inizierà a esplorare i regni.



Ritorno al Futuro



Per quanto ben contestualizzata e arricchita da dialoghi di qualità, la storia di Enter Digiton: Heart of Corruption è un semplice pretesto per eliminare nugoli di nemici. L'impatto con questo metroidvania è comunque decisamente duro, complice uno stile che ricorda quello dei vecchi titoli per Game Boy.



Il titolo di Morne Venter è infatti un action di stampo classico, in cui si dovranno esplorare ambienti che si espandono sia verticalmente che orizzontalmente. Nel farlo si possono utilizzare i comandi standard del genere: un tasto è dedicato all'attacco, uno al salto e uno allo scatto.



Esplorando Digiton è poi possibile recuperare una serie di maschere, che dotano AHAB di nuovi poteri. Questi sono fondamentali per uscire vincitori dagli scontri con alcune tipologie di mostri e soprattutto dalle battaglie contro i potenti boss.



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Ne uccide più lo scudo che la spada



La struttura di Enter Digiton: Heart of Corruption non è lineare. Il giocatore è infatti libero di esplorare il mondo senza eccessive limitazioni, se non l'impossibilità di accedere ad alcune aree a causa della mancanza di chiavi o poteri. Questa scelta genera inizialmente un po' di confusione: spesso ci si ritroverà a morire più volte nella stessa zona salvo poi capire che per passare servirà un nuovo potere.



Nonostante questo ai giocatori più esperti basteranno una manciata di minuti per comprendere le strade da seguire e soprattutto padroneggiare gli attacchi di AHAB. Il nostro eroe può infatti lanciare il suo scudo per infliggere danni ai nemici, grandi o piccoli che siano. La fisica dell'arma è peraltro decisamente buona e permette di eseguire spesso colpi spettacolari per distruggere i mostri che popolano Digiton.



Non così buone invece le hitbox dei mostri, senza contare che spesso i comandi legnosi porteranno a salti sbagliati (e di conseguenza alla morte) oppure all'impossibilità di colpire a dovere un avversario. Nonostante questo, l'esperienza risulta divertente e profonda il giusto, con una difficoltà mitigata dai numerosi checkpoint presenti.



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Cambio pile



Il comparto in cui Enter Digiton: Heart of Corruption convince di più è quello grafico. Morne Venter ha infatti scelto di utilizzare uno stile simile a quello dei giochi disponibili sul caro, vecchio Game Boy. Fondali completamente neri, con sagome in pixel art di personaggi, mostri e oggetti. A differenza della console portatile Nintendo, però questo metroidvania utilizza anche varie tonalità di colore, dal verde al viola, passando per il rosso, per evidenziare il cambio di ambientazione.



Questa scelta riesce ad appagare l'occhio del giocatore ed è anche funzionale. I colori permettono infatti, nonostante una certa dispersività, di avere sempre abbastanza chiari i percorsi da seguire e di orientarsi nel regno di Digiton.



Apprezzabile anche la colonna sonora che, proprio come la grafica, non si fa scrupoli a prendere ispirazione dai fasti del passato. Niente per cui gridare al miracolo, ma comunque notevole considerando che l'intero gioco è stato sviluppato da una sola persona. Chiudiamo la nostra recensione parlando della longevità: al netto delle numerosi morti e della necessità di scoprire il giusto percorso, Enter Digiton: Heart of Corruption si è rivelata essere un'esperienza di media durata, perfetta per spezzare tra un Tripla A e l'altro



Trofeisticamente parlando: una passeggiata nel sottosuolo



La vera attrattiva di Enter Digiton: Heart of Corruption è la sua lista trofei. Il trofeo di Platino del gioco è infatti alla portata di tutti, dato che non solo non sarà necessario terminarlo, ma nemmeno battere un singolo boss. Per ottenere la massima ricompensa basterà aprire qualche porta, sconfiggere una manciata di mostri e morire.




L'articolo Enter Digiton: Heart of Corruption – Recensione proviene da PlayStationBit 5.0.

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3 settembre 2021 alle 10:10

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