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A Year of Springs – Recensione

Nell'epoca da molti etichettata come quella del “politicamente corretto”, numerosi prodotti appartenenti alla categoria dell'intrattenimento ne hanno risentito orientandosi verso contenuti e un preciso modo di trattarli divenuto quasi stereotipato. Uno dei più gettonati è stato sicuramente quello delle discriminazioni omofobe, o più in generale nei confronti delle persone appartenenti alla comunità LGBTQ+, argomento impugnato cinicamente da molti brand per promuovere delle squallide operazioni di marketing. A Year of Springs (AYOS d'ora in avanti) sembra, in prima battuta, collocarsi in questa categoria. Ebbene, siamo rimasti piacevolmente sorpresi.



Tre donne e mille problemi



AYOS è una visual novel che racconta la storia di Haru, Erika e Manami, dedicando un capitolo a ciascun personaggio. Il primo capitolo ci mette nei panni di Haru, ragazza trans che ancora non ha effettuato l'operazione chirurgica e che dunque, secondo la legislazione vigente in Giappone, viene riconosciuta a tutti gli effetti come un uomo. Questo porterà Haru a non avere un ruolo nel mondo, a sentirsi inadeguata e a non essere considerata dalla società per ciò che è. Durante il primo capitolo, Haru verrà invitata alle terme da Manami, amica d'infanzia di cui è segretamente innamorata e che conosce il suo “segreto”. Qui incontrerà Erika, compagna di corso di Manami che si rivelerà fin da subito molto schietta e incuriosita dalla natura di Haru. Le due ragazze faranno conoscenza, mentre noi verremo inoltrati nel senso d'inadeguatezza di Haru e a come questa si approcci alle difficoltà.



Il secondo capitolo è dedicato a Erika, ragazza trasandata che vive in un piccolo appartamento di periferia e che, dopo la vacanza alle terme, si renderà conto di essersi innamorata di Haru e di volersi avvicinare a lei, nonostante sia a conoscenza dei sentimenti che prova per Manami. Questo spingerà la giovane studentessa a entrare maggiormente in contatto con Haru e a sperimentare quali sono le discriminazioni quotidiane a cui è sottoposta. Erika, essendo vegana e appartenendo ella stessa a una “minoranza”, pensava di poter confrontare la cosa e di capire Haru, ma si renderà presto conto di essersi sbagliata, subendone le conseguenze.



Infine, il capitolo conclusivo è dedicato a Manami, ragazza benestante e solare che, dopo una conversazione con Erika e Haru, scoprirà di non avere impulsi sessuali nei confronti del proprio fidanzato e scoprirà di essere asessuale e aromantica. Deciderà di confidarsi con il compagno, con il serio rischio di compromettere la relazione, ma cercando al contempo una persona comprensiva che riesca ad accettarla, poiché è lei la prima a non accettare se stessa.



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Chiedimi se sono felice



Le tematiche affrontate in AYOS sono molto delicate e complesse. Se vi diciamo che la storia la si può completare in circa due o tre ore, il primo pensiero che può affiorare nelle vostre menti è che il gioco sia spiccatamente superficiale e leggero. Questo è quello che ci aspettavamo anche noi: una storia ricca di stereotipi e di situazioni appena accennate che voleva puntare il dito contro una realtà genericamente crudele e ingiusta, risultando l'ennesimo e anonimo manifesto contro la discriminazione omotransfobica colmo di vittimismo fine a sé stesso. Siamo felici di esserci ricreduti e di dover fare un plauso a npckc, che ci ha presentato tre personaggi tanto semplici quanto forti e di enorme spessore.



Haru, Erika e Manami sono vittime di una società estremamente tradizionalista e oppressiva come quella giapponese, ma si oppongono e si costruiscono la propria felicità. Viviamo in un'epoca in cui le persone insoddisfatte si rifugiano (o si sfogano) sui social network e si illudono di realizzare qualcosa facendo firmare petizioni a poche migliaia di persone o partecipando a manifestazioni dall'infimo, ed effimero, impatto sociale. Gli “idoli” di queste persone sono, per l'appunto, influencer – nel senso più generale del termine -, soggetti che tentano d'influenzare gli altri trascurando (e il più delle volte sacrificando consapevolmente) sé stessi.



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Il grande messaggio di AYOS è proprio questo. Haru trova l'accettazione di sé stessa in un documento d'identità fatto a mano che non ha alcuna valenza legale ma che la descrive più di qualsiasi altra cosa, Erika affronta una relazione apparentemente impossibile gettandosi in una battaglia persa in partenza ma che vale la pena di essere combattuta, mentre Manami assimila la scoperta della propria asessualità rendendosi conto dei propri limiti e adeguandocisi, vale a dire accettandosi.



Le tre protagoniste cercano la giusta strada, sfondano ogni barriera dettata dalle proprie insicurezze e lottano per ciò in cui credono: la loro identità. La difendono e la fortificano, diventando entità distinte e inscalfibili capaci di realizzarsi seppur in un contesto ostile. Non è un caso che qualsiasi opzione di dialogo si orienti in direzione opposta a questi approcci porti a un repentino e quasi frettoloso bad ending, come a dire “eh no, caro videogiocatore, non hai capito la lezione!”.



AYOS non è assolutamente superficiale, è sintetico ed essenziale, ma fortemente espressivo. Essere se stessi è probabilmente il gesto che richiede maggior coraggio al giorno d'oggi, e nella storia raccontata da npckc questo concetto è ben definito. Gli spunti di riflessione proposti sono veramente interessanti e ben contestualizzati, non stuccano mai e colpiscono dritti al punto.



L'unica critica che ci sentiamo di fare è che nessuno dei tre protagonisti riesce ad affrontare la propria battaglia in solitudine, bensì tutte e tre necessitano del supporto di una persona a loro cara. Pensiamo che npckc creda molto nei rapporti umani, nell'amicizia e nell'amore, ma siamo anche convinti che se AYOS vuol essere un messaggio alle persone che si sentono inadeguate o insoddisfatte, avrebbe dovuto prendere in considerazione anche quelle che sono sole, o si sentono tali.



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Facciamo un mix – PEGI 12



Il minimalismo estetico e sonoro con cui ci viene presentato AYOS entra quasi in conflitto con le tematiche affrontate nella narrazione. L'estetica è un rimando ai disegni dei bambini, sia per il livello di dettaglio e di espressività che per la semplicità del tratto. Abbiamo trovato tanto semplice quando gradevole lo stile di AYOS e abbiamo deciso di promuoverlo anche sotto questo punto di vista.



Non possiamo dire lo stesso della colonna sonora e del sound design che, in una visual novel, ricoprono un ruolo piuttosto rilevante. Le tracce musicali sono perlopiù anonime e fin troppo simili fra loro, dovute a un'eccessiva presenza del pianoforte. Gli effetti sonori sono veramente pochi mal curati, andando a minare l'immersività in alcuni frangenti di storia.



Sufficiente, invece, l'interfaccia di gioco, adeguatamente pulita e immediata nei menu, nonché nella semplicità dei comandi. Non è presente la localizzazione italiana, ma il lessico e la sintassi adoperate da npckc rendono il prodotto facilmente accessibile a chiunque mastichi un po' di inglese scritto.



Trofeisticamente parlando: così è la vita



La lista trofei di AYOS conta ben otto trofei di bronzo, quattro d'argento, nove d'oro e lo scintillante Platino. Ottenere il 100% sarà una passeggiata, poiché vi sarà richiesto semplicemente di ottenere tutti i finali. Sfruttando i salvataggi manuali si può fare tutto con il minimo sforzo (e poco tempo dedicato). Potreste saltare i dialoghi e fare bottino pieno in dieci minuti, ma sarebbe davvero un gran peccato.




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4 marzo 2022 alle 17:10

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