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Quest for Infamy – Recensione Speedrun

Boom! Ehi, ma che giorno è? No scusa, di quale anno? 1990? Comeee, ma che ca***?!



Sì, la sensazione è stata un po' quella. Se non si tiene conto di essere davanti a uno schermo 4K, di aver in mano un DualSense e che il tutto gira su PlayStation 5. Quest for Infamy è infatti un'operazione nostalgia senza se e senza ma, che si porta dietro tutto il bello (o quasi) del gaming su PC degli anni Novanta. Pur comparendo l'ormai conosciutissima firma – almeno su queste pagine – di Ratalaika Games, purtroppo o per fortuna Quest for Infamy non è affatto un titolo da mezz'ora con trofeo di Platino automatico incorporato. Fate un salto nel passato con noi leggendo la nostra recensione Speedrun.



Un omaggio grande, grande, grande



Ormai quando si parla di avventure grafiche anni Novanta a tutti vengono in mente le avventure LucasArts (e ci mancherebbe!) come Monkey Island, Full Throttle e l'indimenticabile Day of the Tentacle. Quest for Infamy, invece, si rifà molto ai classici titoli Sierra di quell'epoca e in particolare alla serie di giochi chiamati non a caso Quest for Glory. Il gioco targato Ratalaika Games e Infamous Quests è quindi un punta e clicca con svariati elementi da GdR, come la possibilità di scegliere una classe tra Brigante, Ladro e Mago e di far crescere il personaggio tramite una manciata di statistiche.



Durante i tre atti della trama principale impersoneremo Mr. Roehm, un personaggio bizzarro che incarna alla perfezione la piega scanzonata nemmeno tanto nascosta del titolo. Passeremo ben dieci ore per portare a termine la quest principale, ma ce ne vorranno addirittura di più per vedere ogni singola quest nascosta nel prodotto di Infamous Quests.



Tutto il bello (o quasi)



Passato l'effetto nostalgia vengono a galla alcune mancanze a cui forse non siamo più abituati. L'assenza di una mappa, per esempio, rende il tutto abbastanza dispersivo. Le ambientazioni non sono poche e il giocatore dovrà avere buona memoria di tutto. Manca anche un menù per tenere traccia delle quest che ci verranno proposte, costringendoci a giocare alla vecchia maniera. I dialoghi sono tutto e ogni nome, luogo di interesse o qualsiasi altra cosa possono tornare utili. Quindi, visto che il gioco non prevede alcun diario, saremo costretti a prendere appunti proprio come si faceva trent'anni fa!



Oltre all'impostazione di gioco, che come vi abbiamo detto è praticamente identica a un videogioco di questo genere degli anni Novanta, Quest for Infamy non mostra innovazioni neanche dal punto di vista tecnico e stilistico. La grafica in pixel-art è praticamente la stessa, come se il gioco fosse uscito nel 1989 per MS-DOS e Amiga.



Un'operazione nostalgia che si rivela una lama a doppio taglio, poiché probabilmente con un grafica pixel-art moderna e maggiore pulizia dello scenario (in stile Thimbleweed Park, per intenderci) avremmo avuto davanti il punta e clicca definitivo del 2022. L'unica novità è la presenza del doppiaggio in inglese unita al testo a schermo. A tal proposito, è utile ricordare che il gioco non è localizzato in lingua italiana.



Trofeisticamente parlando: Platino infame



Quest for Infamy è un Ratalaika che non è un Ratalaika. L'infame elenco trofei presenta quaranta trofei totali incluse alcune coppe mancabilissime. Il gioco possiede il sacrosanto salvataggio manuale, grazie al quale potremo risparmiare un po' di tempo per la conquista del sudatissimo trofeo di Platino. Se i vostri amici vi prendono in giro per i vostri Platini Ratalaika, beh, mostrategli questo!




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4 aprile 2022 alle 10:00