Slipstream – Recensione
Un chiaro omaggio al racing game più bello a cui abbia mai giocato sin dal suo trailer, non potevo farmi sfuggire l'occasione di parlarvene. Slipstream è un prodotto fresco fresco di uscita, ma che sembra nascere da una costola del celebre e amatissimo OutRun. Azioni al cardiopalma, luci sfavillanti, rombi di motori che riecheggiano lungo il largo tracciato e uno skyline ammaliante; la formula dello storico racing di SEGA viene abilmente riproposto in Slipstream, in tutto il suo splendore vintage.
Passing Breeze
Già dalla sua presentazione, Slipstream si fa carico del pesante fardello di riuscire a riproporre le stesse emozioni dello storico titolo, o quantomeno provarci, e tradurre il tutto in chiave moderna. Non è facile, e facile non lo sarà mai, ma lo sviluppatore Ansdor ce la mette tutta. E infatti la passione trasuda già dal motore grafico utilizzato. Un tool che, come quello degli anni ‘Ottanta, simula un ambiente tridimensionale in pixel art muovendolo, però, in maniera del tutto bidimensionale.
Nonostante la “piattezza”, per così dire, la sensazione di velocità è palpabile. Così come lo è la differenza tra i veicoli a disposizione – sono cinque – tra mezzi con tenuta sull'asfalto maggiore a auto fatte solo per sfrecciare a velocità stellari. Anche se i veicoli a disposizione sembrano pochi, in realtà ci permettono di scegliere il nostro stile di guida preferito; che sia più spericolato e improntato sulla velocità o leggermente più lento ma con il controllo completo del tracciato.
Questo perché controllare il veicolo, regolarne la velocità frenando e derapando e scegliere quando e come sorpassare auto è la chiave di Slipstream. I tracciati del gioco, nonostante la varietà di sfondi e ambientazioni ed eventuali diramazioni, in realtà non vogliono essere mai presi sul serio per la loro forma o complessità; non c'è pista da imparare a memoria, soltanto è richiesta una visione pixel-perfect delle curve, dello spessore del circuito e – soprattutto – degli ostacoli a bordo pista.

Prendi la scia!
Nessun potenziamento speciale, né cambi di marcia. L'elemento fondamentale di Slipstream è, come anticipa già il nome del gioco, prendere la scia. Sfruttare l'aerodinamica e posizionarsi dietro un avversario (o un'auto qualsiasi) ci consentirà di riempire lentamente l'indicatore Slipstream. Questo automaticamente, quando pieno, ci darà un immenso boost di velocità. In mancanza di pedane turbo à la Crash Team Racing o di altri modi di ostacolare gli avversari, sfruttare il traffico sarà l'unico modo per vincere le gare.
Possiamo però aiutarci con il comodissimo Rewind – la meccanica più moderna del gioco. Come accade anche nei recenti titoli di F1, premendo il tasto Triangolo attiveremo un riavvolgimento del tempo che ci permetterà di ripetere gli ultimi cinque secondi di partita. Il Rewind è però soggetto a un severo (ma giusto) cooldown, che dunque ci farà addirittura pianificare il suo utilizzo in partita. Gioca un ruolo fondamentale anche il timing della derapata, un leggero colpo al tasto L2 seguito istantaneamente dall'acceleratore dà sempre una sensazione di controllo pazzesca.

Però Slipstream avrebbe potuto essere di più. Il gameplay, per quanto rilassante e competitivo al tempo stesso, non può non risultare ripetitivo dopo le prime ore di gioco. Le modalità di gioco sono colpevoli, troppe poche e troppo simili tra loro, insufficienti a dare un tocco moderno alla formula OutRun.
Da questo Slipstream prende “in prestito” la modalità Gran turismo, in cui sfideremo vari avversari e sceglieremo le route da prendere a ogni fine tappa, fino alla fine dei percorsi. Seguono i classici Gara singola e Prova a tempo, a cui si aggiunge la simpatica Battle Royale – una gara a eliminazione – e la tipologia Cannonball, serie di route personalizzabile in ogni aspetto, dal traffico ai tracciati.
Il mare, il sole, il cuore
La modalità più riuscita è Gran premio, una modalità in cui dovremo farci strada con un veicolo da potenziare man mano che si procede nel campionato, accumulando risorse e spendendole per potenziare gli aspetti dell'auto che più riflettono il nostro stile e le nostre esigenze. Il problema di questa modalità è la sua durata troppo esigua, che ignora di fatto la possibilità di trasformarla in una sorta di modalità carriera; nonostante le impostazioni alla base, uno scheletro, ci fosse già. Cosa che, d'altro canto, riesce molto bene al cugino Horizon Chase Turbo, che ad oggi ha l'impostazione più moderna e più riuscita di “Out-like”.

Visivamente parlando, tuttavia, Slipstream è inattaccabile. Non solo per i vari filtri a mo' di VHS e CRT che aiutano a immedesimarsi nel periodo a cui fa riferimento, premiamo l'intero comparto per le già citate ambientazioni, gli skyline in lontananza e per gli effetti visivi che regalano una sensazione di velocità pura – specialmente se con l'indicatore di scia pieno – come pochi titoli riescono, complice un sapiente tilt della telecamera durante le derapate. D'effetto anche la colonna sonora, con nove tracce perfette per le ambientazioni, anche se mai realmente d'impatto e capaci di rubare la scena al comparto visivo.
Trofeisticamente parlando: contachilometri spaccato
Il piacevole gameplay di Slipstream si traduce in maniera analoga nel suo elenco trofei. I ventiquattro trofei totali chiedono ai giocatori di completare ogni tracciato del gioco, raggiungere tutte le uscite in modalità Gran turismo, vincere tutte le gare di tutte le coppe a Gran premio e sconfiggere tutti i rivali in Cannonball, tra le altre richieste. Un Platino simpatico e impegnativo il giusto, che saprà allungare – forse al limite del ripetitivo – l'esperienza di gioco.
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