A Musical Story – Recensione
Fatevi trascinare dal ritmo della nostra recensione di A Musical Story. Il titolo di debutto di Glee-Cheese Studio, sviluppatore indipendente francese, è un viaggio musicale nei favolosi anni Settanta. Vestiamo i panni di Gabriel e cerchiamo di diventare tutt'uno con le note.
Un uomo di poche parole
La storia di A Musical Story (passateci il piccolo gioco di parole) inizia dalla sua fine. Nel titolo si vestono i panni di Gabriel, un appassionato chitarrista che si ritrova suo malgrado in un letto d'ospedale. Ignorando il motivo per cui il protagonista si trovi medicato e collegato a macchinari che ne rilevano il battito cardiaco, è necessario riavvolgere la musicassetta della vita di Gabriel, tornando nel suo passato.
Il ragazzo, come detto, è il chitarrista di una piccola band, formata oltre che da lui anche da un corpulento batterista e da un tastierista che ai più nostalgici ricorderà il mitico Satori di Kiss Me Licia. Questo pittoresco trio ha un sogno: partecipare da protagonisti a un evento chiamato Pinewood, che fa il verso neanche troppo velatamente al leggendario Woodstock.
Esprimersi nella band consente a Gabriel di fuggire da una vita monotona e opprimente, che lo obbliga a lavorare in una fabbrica dedicata all'inscatolamento. Immancabile anche un accenno alle droghe leggere, che a quei tempi erano viste come un modo per ampliare la mente degli artisti. Senza addentrarci ulteriormente nella trama del gioco, in modo da evitare spoiler, vi sveliamo che il percorso del trio sarà comunque interessante e coinvolgente, giungendo all'incalzante finale.
Baby, I love you
Quello che rende A Musical Story un viaggio affascinante è sicuramente lo stile narrativo scelto da Glee-Cheese Studio. L'intera storia non comprende alcun tipo di testo o di dialogo: tutto viene spiegato attraverso una serie di disegni di ottima fattura, in puro stile Anni Settanta. L'atmosfera è quasi onirica, nonostante ogni evento risulti chiaro e facilmente comprensibile. Il rischio era quello di creare una storia troppo complicata e difficile da seguire: A Musical Story, fortunatamente, non cade in questo tranello.
Le palette di colori sono inoltre sempre molto accese e allegre, in grado di sottolineare al meglio i momenti della storia e aiutare il giocatore ad assimilare quanto avviene a schermo senza annoiarlo. Tutto poi risulta come detto calzante al periodo storico di ambientazione, in cui non erano inusuali abbinamenti arditi (oltre ai mitici pantaloni a zampa). Quello che però lascia davvero stupiti, come del resto è giusto che sia, è il comparto audio.
La colonna sonora di A Musical Story è inedita e include una serie di tracce di grande spessore, coinvolgenti e incredibilmente orecchiabili. Non sarà raro ritrovarsi a canticchiare i ritmi del gioco anche una volta spenta la console, il che sottolinea l'ottimo lavoro svolto dal team in fase di creazione delle musiche.
Tieni il tempo, con le gambe con le mani
Abbiamo elogiato in lungo e in largo gli elementi tecnici di A Musical Story, senza però ancora toccare le corde del gameplay. La verità è che il titolo di Glee-Cheese Studio non si lancia in complesse architetture, come fatto ad esempio da One Hand Clapping, rimanendo fedele a uno stile essenziale e diretto anche per quanto riguarda le meccaniche offerte ai giocatori. Ognuno dei ventiquattro capitoli della storia è composto da una serie di sequenze ritmiche da completare.
Concretamente, A Musical Story abbina a un ritmo specifico un cerchio, visibile a schermo, che mostra la sequenza da riprodurre tramite pressione dei tasti dorsali (singolarmente o contemporaneamente). I pallini che appaiono mostrano infatti una freccia rivolta a sinistra, a destra oppure doppia, per indicare al giocatore i tasti da premere rigorosamente a tempo.
Sulla carta sembra una richiesta incredibilmente semplice: all'atto pratico serviranno però numerosi tentativi per riuscire nell'impresa, soprattutto nei capitoli avanzati. Esiste infatti un piccolo escamotage che rende A Musical Story un vero rhythm game e non solo un esercizio di precisione e coordinazione occhio mano.

Feel the Groove
La parte più complicata di A Musical Story è infatti tenere il ritmo. In ogni sezione musicale viene riprodotta una sequenza musicale, che sta al giocatore replicare in maniera fedele. Il trucco di cui parlavamo, che rende il titolo perfetto per chi ha un orecchio allenato, è l'assenza d'indicatori che mostrino quando premere i tasti.
Tutto viene lasciato al giocatore, che deve ascoltare la melodia e seguire la demo per replicare la sequenza. Fortunatamente i tentativi sono infiniti, dunque si potrà provare potenzialmente per tutto il giorno, fino a riuscire nell'impresa di terminare i capitoli di una storia non esattamente longeva ma comunque dalla durata accettabile.
A Musical Story, a dispetto dello stile minimal, si rivela quindi un rhythm game nudo e puro, in cui chi non riesce a farsi prendere dal groove rimane scottato. Un'esperienza a tratti brutale, mitigata dall'impossibilità di andare incontro a un game over e dalla possibilità di attivare un aiuto visivo, ricordando però che le sezioni perfette verranno premiate da una grande soddisfazione personale (e da qualche scintillante trofeo).
Trofeisticamente parlando: Just Beat It
La lista trofei di A Musical Story è molto diretta ma, nel contempo, molto complessa. Tra le cinquantaquattro coppe, Platino compreso, non troviamo alcun tipo di collezionabile o di sfida secondaria. Completare tutti i capitoli permette di ottenere la metà dei trofei, farlo senza errori ricompensa con l'altra metà. Ovviamente l'impresa è di quelle toste, da non tentare se il vostro senso del ritmo è pari a zero. In quel caso, infatti, la frustrazione potrebbe prendere il sopravvento molto presto.
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