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Layers of Fear – Recensione

Il nome Layers of Fear, per gli amanti dell'horror e della narrazione psicologica, indubbiamente farà accendere più di qualche lampadina. Dopo il successo ottenuto dai primi due capitoli della serie, Bloober Team e Anshar Studios, ritornano con una riedizione dei titoli originali, sviluppata esclusivamente per l'attuale generazione di console. Oltre alla grossa introduzione di un nuovo personaggio che farà da collante alle altre storie narrate, il gioco risulta fin da subito avere quasi gli stessi problemi delle sue versioni pubblicate qualche anno fa. Qualcuno si potrebbe aspettare stratificazioni del genere stesso, sviscerando diverse tematiche o trattando argomenti importanti. Purtroppo però questo non avviene, passando tutta la responsabilità della paura ad ambientazioni superbamente costruite e nient'altro.



Procediamo con ordine, dunque, e addentriamoci più a fondo negli strati che compongono Layers of Fear.



Storie del terrore



Una scrittrice che sta affrontando il suo blocco. Un faro, teatro dell'orrore dell'opera. Una musa, che sembra interessata a stringere una sorta di patto con il personaggio. Layers of Fear si apre lanciando il giocatore in balia dei drammi psicologici della scrittrice, impegnata a terminare un libro ma con non poche difficoltà, inviata in “vacanza” dalla sua agenzia in ambiente lugubre e spettrale, per cercare di aiutarla a trovare ispirazione. Tra una telefonata al figlio e una lettera di minacce dal suo editore, il giocatore vivrà il dramma psicologico del personaggio, tormentata da quella che sembra una figura esoterica pronta a nutrirsi dei sue pensieri negativi.



“L'unica cosa preziosa che hai sempre desiderato… FINISCILO”. Un pittore caduto in rovina, la sua più grande opera mai conclusa. Proprio come l'originale primo capitolo, il giocatore è chiamato a seguire le vicende del pittore, il personaggio più complesso dell'intera opera. Drammi familiari, violenza, incubi ad occhi aperti e una narrazione frammentata e criptica. La paura non è solo qualcosa di visibile e tangibile. Tocca al pubblico interpretare al meglio questa terrificante storia.



“Attore, il tempo non aspetta nessuno. Non sprecare il nostro”. Questa volta siete l'attore protagonista di una produzione che viene girata a bordo di un transatlantico, ma qualcosa non quadra. Ansia da prestazione, l'ego smisurato del regista e della produzione, la depressione che colpisce come un fendente al cuore. Il giocatore è chiamato a muoversi tra i vari set e recitare un film che porterà alla luce traumi e tanto altro, con una creatura che gli starà continuamente alle calcagna.



Seguendo uno stile di narrazione frammentata e poco lineare, vi ritroverete a dover ricostruire tutti gli avvenimenti relative alle singole storie dei personaggi, anche grazie alla raccolta, quasi obbligatoria dei collezionabili. L'obiettivo dei team dietro Layers of Fear era indubbiamente quello di raccontare delle storie, il problema è che si è scelto la soluzione meno pratica per farlo, facendo risultare il titolo a tratti realmente soporifero. La presenza dei testi in italiano aiuterà, almeno in parte, la comprensione di quello che accadrà su schermo.



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Raccontare e interagire in Layers of Fear



Enorme disclaimer per gli amanti dell'azione: il gioco non presenta nessuna azione al limite del cardiopalma. Volendo narrare delle storie, i team hanno scelto come soluzione ludica quella più pratica per l'occasione: il walking simulator. Nel gioco, infatti, tutto quello che bisogna fare e camminare e interagire con gli elementi presenti in esso, che siano collezionabili o oggetti per proseguire nell'avventura.



Piccoli enigmi intervalleranno tra una fase esplorativa e l'altra, che si ridurranno molte volte a lucchetti da aprire con combinazioni numeriche e chiavi da raggiungere. Il problema di fondo, però, è dato dall'approccio del gioco al giocatore. Molte volte non sarà chiaro, effettivamente, come proseguire o avanzare, se tutto quello che si presenta su schermo faccia parte di eventi scriptati o se richieda la totale interazione del giocatore. Il consiglio che ci sentiamo di darvi è solamente quello di avanzare, anche forzatamente, verso quello che vi sembra giusto, per combattere il senso di spaesamento.



Nota dolente, indubbiamente la ciclicità degli eventi. Noterete, praticamente subito, come dopo ogni piccola fase esplorativa vi ritroverete davanti ad un qualcosa da aprire con una chiave o un lucchetto, inseguiti dalla creatura del momento, che dovrete rallentare in qualche modo prima che vi afferri. Questo ciclo rompe l'ottimo lavoro di costruzione e ambientazione fatto dagli sviluppatori, rendendo tutto molto scontato.



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Restaurazione ai tempi di Unreal Engine 5



Indubbiamente, la parte migliore di Layers of Fear è quella grafica. Bloober Team e Anshar Studios hanno costruito una delle migliori esperienze visive degli ultimi anni. Giochi di luce, modelli e texture, sembreranno prendere vita oltre lo schermo, facendo entrare realmente il giocatore nelle ambientazioni lugubri ed angoscianti dei posti che si visiteranno.



Oltre al lavoro grafico, di pregevole fattura è il comparto audio, che accompagnerà al meglio il giocatore, con suoni e musiche create ad hoc per ricreare i sentimenti e le condizioni dei protagonisti. A questo, poi, si aggiunge la potenza dell'audio 3D di PlayStation 5, che accompagnato da un buon headset, farà vivere al giocatore l'esperienza audio definitiva.



Ancora, l'implementazione del feedback aptico del DualSense sarà anch'essa parte integrante del notevole lavoro tecnico fatto. I passi dei personaggi, le interazioni degli oggetti tramite i grilletti, impatti e tanto altro, faranno tenere ben salde le mani al controller.



Eliminando i problemi di gameplay e quelli della narrazione, grazie a un comparto tecnico da manuale, Layers of Fear si guadagna sicuramente il titolo di esperienza immersiva di alto livello.



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Il Platino di Layers of Fear



Eccoci alla sezione più amata dai nostri lettori. L'elenco dei trofei di Layers of Fear non sarà di difficile completamento e, data la durata del gioco, neanche troppo lungo da portare a termine. Tutto ruota attorno ai collezionabili, da raccogliere in tutte le storie e molte volte ben nascosti anche allo sguardo del giocatore “Indiana Jones”. Oltre ai trofei dedicati alla trama, è importante tener conto di quelli relativi ad azioni in momenti specifici delle varie storie e altri di miscellanea, in cui bisognerà interagire con gli oggetti delle ambientazioni in modo poco canonico. Dopo circa quindici ore, potrete sfoggiare in bacheca un altro scintillante trofeo di Platino. DING!




L'articolo Layers of Fear – Recensione proviene da PlayStationBit 5.0.

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15 giugno 2023 alle 18:10

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