Forgive Me Father – Recensione
Benvenuti a Pestisville, l'ultimo luogo dove il bene e il male si incontrano e si scontrano, dove il passato dei videogiochi resuscita e prende il sopravvento. Dove i puristi del genere avranno pane per i loro denti. Forgive Me Father è un titolo “al posto giusto e al momento giusto” considerando il periodo di uscita scelto, che ricade in prossimità del tenebroso ottobre. L'opera di Byte Barrel non cela mai la sua identità, né nel suo trailer né tanto meno nelle sue primissime battute di gioco; prende doverosi spunti dai più grandi FPS dell'era vintage, li unisce sapientemente a un contesto Lovecraftiano e li ripropone su hardware moderno, senza andare a stravolgere di una virgola quel che l'appassionato retrò di sparatutto in prima persona si aspetta.
…perché han perso il senno.
Il giocatore vestirà i panni di un prete o di una giornalista, scelta legata all'avvio di una nuova partita, e guiderà l'unica persona a Pestisville a non aver ancora perso il senno. Il mondo è popolato da creature immonde, feroci, temibili e ripugnanti, e starà al giocatore andare in cerca di risposte. A suon di pistolettate, fucilate, coltellate e incantesimi. La storia nel suo incipit può apparire abbastanza banale, eppure è il contesto e il contorno di tutti i livelli proposti a raccontare la storia, o meglio il setting, in tutta la sua interezza.
Non solo per gli ambienti, cupi e macabri ma che nascondono particolari da non trascurare, ma anche nei manufatti, diari e illustrazioni lasciate in pasto al giocatore in tutti gli stage. Sarà compito di chi tiene in mano il controller ricostruire le vicende e, magari, immedesimarsi in quella peculiare visione del mondo. Sfortunatamente il gioco non presenta nessun colpo di scena da cadere giù dalla sedia o chissà che rivelazione sulla storia, ma il piatto ha una grande presentazione grazie alla costruzione del setting.

…perché non sanno quel che fanno.
Cominciamo questo paragrafo con una premessa: il gameplay di Forgive Me Father non è per tutti. Chi ha giocato il vecchio DOOM conoscerà già i fondamentali. Shooting frenetico, movimenti rapidi e ferocia dei nemici non indifferente – forse anche troppa, in verità. Eppure ciò che manca a DOOM e che invece ha, quasi malauguratamente, Forgive Me Father, è la quantità limitata di proiettili a disposizione. Questa scelta cambia le carte in tavola e, anziché dedicarsi all'uccisione senza sosta dei mostri, si pensa più spesso di quanto si pensi a calibrare bene il range dei colpi (specialmente con lo shotgun) per sprecarne quanti meno possibile.
Non è possibile puntare l'arma alla “nuova maniera”, quindi prendere la mira con l'ormai classico L2. Perciò bisognerà puntare ai nemici con i propri piedi, muoversi all'impazzata e non smettere di ballare, o si diventerà carne per mostri. Man mano che si prosegue con i livelli le armi saranno sempre di più, ma non è detto che basteranno per saziare la curva della difficoltà esponenzialmente crescente. Giocano a nostro favore, però, ostacoli ambientali che possiamo far esplodere per danneggiare i nemici oppure la meccanica della follia.
…perché professano il credo sbagliato.
La follia è una barra particolare che si riempie man mano che uccidiamo le creature; quanto più rapidamente tanto di più crescerà l'indicatore. La vista del protagonista comincerà ad annebbiarsi, diventerà bianca e nera, e solo in questo modo sbloccheremo i vari perk proposti, tra abilità magiche speciali o cure.
La follia è al centro dell'albero delle abilità; come si può prevedere, uccidere i mostri e proseguire con l'avventura ci donerà dei punti esperienza convertiti in Level up. A ogni aumento di livello, con uno skill point, sceglieremo le abilità o le statistiche da potenziare, ma non mancheranno curiosamente nuovi modi di impugnare le armi, come il coltello. L'albero delle abilità, tuttavia, è una meccanica simpatica ma non gestita in maniera ottimale. Tralasciando la legnosità con cui si presenta, sia per interfaccia utente che per skill proposte, il Level up man mano che si prosegue nel gioco diventa sempre più raro: i nemici saranno troppo forti e i punti esperienza troppo pochi.
Non è una cosa simpatica, considerando che sin dall'inizio del gioco il gameplay dà il peggio di sé e mostra tutto il suo potenziale punitivo. Ma cari fedeli, non abbiate paura ad abbassare il livello di difficoltà; anche i primi livelli giocati a normale mi hanno messo in seria difficoltà (non a caso la modalità consigliata è Facile).

…perché hanno peccato.
Forgive Me Father è graficamente uno degli indie più ispirati su cui si possano mettere le mani. Ha uno stile inconfondibile di cel shading tridimensionale misto a sprite “a cartone” degno degli FPS degli anni Novanta. Come se DOOM fosse uscito da un fumetto, quasi come XIII (ve lo ricordate?) ma in maniera meno pacchiana e più seria e ragionata. Ciò che colpisce, a parte i dettagli nei livelli, è la cura maniacale che c'è dietro quasi ogni mostro affrontato. Molti reagiscono a colpi precisi, altri non lasceranno le loro teste morire se gli mozzeremo via il resto del corpo, altri ancora proveranno ad agguantarci con dei pezzi persi per strada e altri ancora, dopo avergli spappolato il cranio, sostituiranno la loro testa con un'altra di un'altra creatura. Una cura nei dettagli assurda.
Le critiche, ahi noi, le muoviamo al level design in generale. Nel primo atto avremo a che fare con aree ampie miste a corridoi angusti, che però porteranno a più scelte e diramazioni. Negli atti a seguire, invece – almeno per alcuni stage – ci si limita ad aree grandi fatte apposta per contenere un gran numero di mostruosità e trasformarle di fatto in arene poco ispirate.
Muoviamo anche una critica al comparto audio, per un doppiaggio non dei migliori, e per musiche non sempre all'altezza. Dopo tanta cura nel comparto grafico in-game, inoltre, delude un'interfaccia utente tremendamente banale, senza carattere né animazioni particolari. Una leggerezza che però stona tantissimo in un gioco che fa della grafica il suo punto forte. Peccato, inoltre, che non ci sia una localizzazione in italiano neppure testuale.
Il Platino di Forgive Me Father
Occhi aperti, perché la lista trofei di Forgive Me Father potrebbe far recitare qualche eresia in aramaico. Ottenere il Platino del titolo richiederà, tra i “comandamenti” più ardui, quello di completare tutti i livelli al 100%, uccidendo dunque tutti i nemici, leggendo tutti i contenuti Story e scovando tutti i segreti e finire il gioco sia come il Prete che come la giornalista. Non manca l'assurdità di finire uno stage con solo 1 HP rimasto e sopravvivere a ben venti ondate di mostri nella modalità Endless. Una vera follia.
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