Memory Lost – Recensione
Nel panorama sempre più affollato degli action game isometrici, Memory Lost, sviluppato da Magic Hazard, si distingue per una premessa tanto semplice quanto intrigante: sei un'intelligenza artificiale senziente, fuggita dal controllo dei suoi creatori, capace di possedere i corpi dei nemici per combattere, sopravvivere e, forse, scoprire chi sei davvero. Un'idea che, seppur non del tutto inedita, viene qui declinata con una coerenza ludica e narrativa che merita attenzione.
Un mondo cyberpunk che pulsa di decadenza
L'ambientazione è una metropoli distopica, devastata da guerre aziendali e tecnologie fuori controllo. Nulla di nuovo sotto il sole al neon, ma Memory Lost riesce comunque a costruire un'atmosfera credibile, fatta di corridoi metallici, luci intermittenti e terminali abbandonati. Il design visivo è funzionale, anche se non particolarmente ispirato: l'estetica è più efficace che memorabile, ma riesce a sostenere l'immersione.
La storia di Memory Lost si dipana attraverso frammenti: dialoghi criptici, file corrotti, ricordi sparsi. Non c'è una trama lineare da seguire, ma piuttosto un mosaico da ricomporre. Questo approccio può risultare dispersivo per chi cerca una narrazione classica, ma premia i giocatori più curiosi e attenti.
Il tema dell'identità, cosa significa essere “sé stessi” quando si cambia corpo continuamente, è trattato con intelligenza, anche se non sempre con profondità. Alcuni spunti filosofici emergono, ma restano sullo sfondo, lasciando spazio all'azione. È una scelta coerente con il tono del gioco, che preferisce suggerire piuttosto che spiegare.
Passando dal punto di vista tecnico invece, il gioco gira bene su PlayStation 5, con caricamenti rapidi e un frame rate stabile. Tuttavia, alcune animazioni risultano rigide e certi effetti visivi sembrano datati. Non è un titolo che punta al foto realismo, ma un po' più di cura nei dettagli avrebbe giovato all'esperienza complessiva.

Un gameplay che cambia pelle
Il cuore pulsante di Memory Lost è la meccanica di possessione. Non si tratta solo di un espediente narrativo, ma di una vera e propria chiave di lettura del gameplay. Ogni nemico è una potenziale risorsa: un corpo da abitare, un'arma da sfruttare, un'abilità da testare. Il gioco ti spinge a pensare in modo tattico, a valutare chi possedere in base alla situazione, al tipo di minaccia e al tuo stile di gioco.
Il sistema di controllo twin stick è fluido e reattivo, con un buon bilanciamento tra attacchi a distanza e corpo a corpo. Non mancano momenti frenetici, ma Memory Lost non è solo un gioco di riflessi: è anche un puzzle dinamico, dove ogni stanza è un enigma da risolvere con il corpo giusto.
Inoltre, uno degli aspetti più riusciti di questo gioco è il sistema di progressione. Attraverso gli alberi delle abilità, è possibile modellare il proprio stile di gioco, potenziando la durata della possessione, la resistenza dei corpi ospiti o l'efficacia delle armi. Questo aggiunge una dimensione strategica interessante, che incentiva la sperimentazione e rende ogni run leggermente diversa.
Difetti e potenziale inespresso
Nonostante le sue qualità, Memory Lost non è esente da difetti. Alcuni livelli risultano ripetitivi, e la varietà dei nemici è limitata. Inoltre, la curva di difficoltà può essere altalenante, con picchi improvvisi che rischiano di frustrare. Ma il vero limite è forse una certa mancanza di rifinitura generale: animazioni grezze, interfaccia poco intuitiva, e una direzione artistica che non osa mai davvero.
Eppure, c'è qualcosa di affascinante nel modo in cui il gioco abbraccia la sua identità imperfetta. Come l'IA protagonista, anche Memory Lost sembra in cerca di sé stesso, e proprio in questa tensione risiede parte del suo fascino.

Uno sguardo al comparto artistico
Il comparto artistico di Memory Lost non punta a stupire con effetti speciali, ma a costruire un'identità visiva coerente con il suo universo narrativo. L'estetica cyberpunk è resa attraverso ambienti claustrofobici, luci al neon intermittenti e texture metalliche che trasmettono un senso costante di oppressione. Ogni livello sembra scolpito nella ruggine e nel silicio, evocando una città che ha dimenticato sé stessa tanto quanto il protagonista. Sebbene il design non sia rivoluzionario, funziona: comunica decadenza, controllo e alienazione con una palette cromatica fredda e tagliente, dove il blu elettrico e il rosso sangue dominano la scena.
Sul fronte sonoro, il gioco adotta un approccio altrettanto funzionale. La colonna sonora elettronica accompagna l'azione con ritmi sintetici e pulsazioni distorte, accentuando la tensione nei momenti più frenetici e lasciando spazio al silenzio nei passaggi più inquietanti.
Gli effetti sonori sono ben calibrati: ogni colpo, ogni passo metallico, ogni cambio di corpo ha un peso acustico preciso. Il risultato è un sound design che, pur senza strafare, riesce a sostenere l'atmosfera e a rafforzare la sensazione di essere un'entità disincarnata in un mondo che non ti appartiene.

La strada verso il Platino
Il sistema di trofei di Memory Lost riflette perfettamente la sua natura sperimentale e frammentata. Infatti il Platino di questo gioco sembra strutturato per premiare la curiosità e la sperimentazione più che la semplice abilità tecnica. Alcuni trofei richiedono approcci alternativi agli scontri, come sconfiggere boss senza armi o completare enigmi in modi non lineari. Altri, invece, si ottengono solo esplorando a fondo ogni angolo del gioco, leggendo file nascosti o compiendo scelte morali specifiche.
Nel complesso, ottenere tutte le coppe di Memory Lost non è assolutamente impossibile, ma richiede attenzione, creatività e una buona dose di spirito esplorativo. È un Platino pensato per chi ama giocare fuori dagli schemi, perfettamente in linea con l'identità fluida e mutabile del protagonista.
L'articolo Memory Lost – Recensione proviene da PlayStationBit 5.0.

Markuito90
Non male