Submersed 2 The Hive – Recensione Speedrun
Facendo seguito al primo capitolo di Submersed, i ragazzi di Relevo Videogames hanno voluto espandere, migliorare e portare a un altro livello l'esperienza del primo capitolo. Sfruttando una situazione non così comune in passato, cioè l'utilizzo di basi sottomarine (seppur ci siano delle eccezioni capolavoro come Bioshock) infestate da entità nemiche, in condizioni di sopravvivenza e di pericoli più o meno estremi, in cui l'obiettivo è soprattutto riuscire ad arrivare al minuto successivo senza tirare malamente le cuoia. Abbiamo quindi indossato una muta e preso tutto il coraggio del mondo per scendere nelle profondità oceaniche e calarci nel mondo di Submersed 2 The Hive nella nostra recensione Speedrun.
Tremila metri sotto il mare
Siamo prigionieri. Come qualunque survival horror che si rispetti, le cose si mettono male sin dall'incipit, con una scena iniziale nella quale ci troveremo immediatamente in pericolo. Siamo sotto l'Oceano Atlantico, in una base sottomarina come realmente esistono, se non di queste proporzioni. Infatti, alcune installazioni specialmente petrolifere prevedono delle “campane sottomarine” (un po' come quelle utilizzate in Assassin's Creed Black Flag per scendere nei relitti) in cui il personale di manutenzione soggiorna per alcune settimane mentre svolge le sue attività lavorative. Questo permette di evitare lunghi, fastidiosi e pericolosi andirivieni dal fondo del mare, ma concentrarli a cadenze prefissate. Chiuso questo “momento SuperQuark”, torniamo negli abissi.
Come dicevamo, saremo in pericolo di vita sin da subito, e nelle primissime battute del gioco ci troveremo a dover fronteggiare il pericolo del fuoco, del fumo e del freddo, tutti insieme. Sempre in queste fasi scopriremo la natura modulare della base, con ogni sezione divisa dalla precedente e dalla successiva. Questi ambienti sono uniti da porte scorrevoli attivabili al premere di un interruttore, ma alcuni saranno impossibili da azionare. I condotti di ventilazione che collegano ambienti apparentemente irraggiungibili diventeranno una via fondamentale per proseguire l'esplorazione. Otterremo quindi la nostra muta e l'apparecchiatura PHD, un dispositivo all-in-one in cui abbiamo l'inventario, gli obbiettivi e la nostra salute, con il battito cardiaco in diretta.

Soli, ma non troppo
Scopriremo ben presto, già dal momento in cui otterremo la muta, che la struttura è disseminata di cadaveri di colleghi, ma non solo. All'interno della base che faceva da fulcro per degli esperimenti scientifici (ovviamente sfuggiti di mano e finiti malissimo, come in ogni cliché horror) sono presenti anche degli simil-zombie duri a morire. Per ucciderli infatti saranno necessari più colpi di quanti ce ne si aspetterebbe. Come se non bastasse, la nostra precaria salute viene minata anche dai punti di salvataggio che sono volutamente scarsi e richiedono un “pegno di sangue”: saremo obbligati a cedere un pezzettino di salute (attraverso una provetta di sangue) per poter fissare la nostra partita nella memoria. La storia di Submersed 2 si dipana mano a mano mediante la scoperta di documenti, diari e tracce scritte lasciate dagli ormai ex occupanti della base, che ci hanno sostanzialmente lasciato in braghe di tela.
Intelligenza artificiale (?)
Ma non tutto è perduto, anche grazie a nemici non esattamente brillanti, facilmente evitabili e resi ridicoli da animazioni che sembrano realizzate quasi in stop-motion. Due attacchi e poco altro, movimenti bruschi e totalmente fuori contesto, e così via. Basterà fare due passi indietro e saremo già salvi. Spesso sarà semplicemente necessario fare il giro di un tavolo per mandare in cortocircuito l'IA dei nemici, rendendo quasi piacevole saltarli.
Non a caso il gioco non è particolarmente difficile ma diventa più che altro frustrante per il fatto che la presenza nemica rappresenta sostanzialmente una perdita di tempo e non un vero ostacolo nel proseguo della storia. Saremo anche costretti più volte ad avventurarci all'esterno della stazione sottomarina, nel mare. Qui avremo un nemico letale, ovverosia un grande squalo, quasi un Megalodonte, che non appena ci toccherà determinerà la nostra morte. Fortunatamente, anche in questo caso l'IA non brilla per qualità. Essendo peró completamente inermi, sarà più la frustrazione che la difficoltà di superare certe micro sezioni.

Si poteva fare meglio
Il gioco è evidentemente una produzione indipendente, e non c'è nulla di male in questo, ma le apparenze non si possono salvare facilmente. Infatti ci troviamo spesso di front a delle meccaniche e a delle IA (come appena accennato) che risultano completamente inadeguate rispetto ai tempi moderni. È un peccato perché le premesse narrative erano ottime: se però la realizzazione è lasciata un po' a sé stessa, allora diventa difficile vedere il buono, soprattutto se non è così marcato. Nonostante sia un titolo nato per PlayStation 5, quello che si vede è un lavoro grossolano, abbozzato, che tradisce anche le aspettative minime, come ad esempio la velocità di caricamento delle texture degli ambienti. A salvarsi è solo l'illuminazione, ben congegnata e gestita, mentre il resto è a malapena sufficiente.
Il Platino di Submersed 2 – The Hive
La lista trofei di Submersed 2 – The Hive consiste in 13 coppe, divise in 3 di bronzo, 14 d'argento, 6 d'oro oltre a uno scintillante e prezioso Platino. La conquista di quest'ultimo sarà praticamente completamente legata alla storia e alla raccolta delle armi, delle cure e alla realizzazione di antidoti. Nulla di particolarmente difficile, anche a fronte di un tempo di completamento tutto sommato contenuto, che si attesta attorno alle 2 ore o poco più.
L'articolo Submersed 2 The Hive – Recensione Speedrun proviene da PlayStationBit 5.0.
