Anima: Gate of Memories I & II Remastered – Recensione
Non capita spesso di trovarsi davanti a un gioco che sembra uscito da un romanzo illustrato. Anima: Gate of Memories e il suo seguito The Nameless Chronicles nascono da un universo narrativo già esistente: quello di Anima: Beyond Fantasy, un gioco di ruolo cartaceo spagnolo che ha costruito nel tempo una mitologia complessa, oscura e affascinante. Anima: Gate of Memories I & II Remastered per PlayStation 5, curata da Anima Project e pubblicata da BadLand Publishing, raccoglie entrambi i titoli in un'unica edizione, con miglioramenti tecnici e una nuova fluidità visiva. Non è una raccolta pensata per chi cerca blockbuster. È un'opera che parla a chi ama scavare, esplorare, interpretare. E che accetta l'imperfezione come parte del viaggio.
Gate of Memories – La storia della portatrice e del demone
Nel primo capitolo, vestirete i panni della Portatrice di Nome, una giovane donna legata a un'entità chiamata Ergo Mundus, un demone imprigionato in forma di libro. La loro relazione è il fulcro narrativo del gioco: ironica, conflittuale, ambigua. Non c'è romanticismo, ma una tensione costante tra controllo e dipendenza. E non è una tensione scritta per stupire, bensì per far riflettere.
La Portatrice è una pedina dell'organizzazione segreta Byblos, e viene inviata a recuperare un artefatto noto come il Byblos stesso, che contiene poteri in grado di alterare la realtà. Ma la missione si complica, e il mondo che si apre davanti a voi è frammentato, onirico, pieno di contraddizioni. Ogni zona è tematicamente distinta, e spesso legata a un personaggio o a un frammento di memoria. Il tono è oscuro, quasi gotico, ma non privo di ironia. Ergo Mundus è una presenza costante, e i suoi commenti – spesso sarcastici, a volte inquietanti – aggiungono spessore alla narrazione.
Non tutto è spiegato. Il gioco lascia spazio all'interpretazione, e alcune scelte influenzano il finale. Infatti ci sono più conclusioni possibili, e il percorso per arrivarci dipende da quanto esplorate, da quali boss affrontate e da quali segreti scoprite. È una struttura che premia la curiosità, ma che può disorientare chi cerca magari una progressione più tradizionale.

Gate of Memories – Gameplay tra azione e introspezione
Il sistema di combattimento è action-RPG puro, con schivate, combo, magie e potenziamenti. Si può passare in tempo reale tra la Portatrice e Ergo Mundus, ognuno con abilità e stili diversi. La Portatrice è più agile, orientata alla distanza e alla magia; Ergo è più potente fisicamente, ma molto meno mobile. La sinergia tra i due però è fondamentale, e il gioco vi invita a sperimentare.
La progressione avviene tramite un sistema di skill tree, che permette di personalizzare le abilità e lo stile di combattimento. Non è particolarmente profondo, ma offre abbastanza varietà da rendere ogni partita diversa. I nemici sono vari, e i boss – spesso ispirati ad archetipi narrativi – sono il punto forte. Alcuni scontri sono memorabili, non tanto per la difficoltà, quanto per la costruzione scenica e il significato narrativo della boss fight oltre che del boss in sé. Ricordo ancora il primo incontro con Nascal, non per la meccanica, ma per il modo in cui il gioco mi ha fatto sentire osservata.
Infine, l'esplorazione è libera, ma non dispersiva. Ogni area ha segreti, collezionabili e frammenti di storia. Il level design inoltre è semplice, ma molto funzionale. Non ci sono infatti mappe complesse, ma la direzione artistica aiuta a orientarsi. E quando ci si perde, spesso si scopre qualcosa che vale la fortuita deviazione.

Gate of Memories – Atmosfera e sonoro
Visivamente, il primo Gate of Memories ha uno stile che ricorda certi RPG europei degli anni 2000: ambientazioni oniriche, architetture impossibili, palette cromatiche che oscillano tra il freddo e il mistico. Anima: Gate of Memories I & II Remastered ha migliorato texture e illuminazione, rendendo il tutto più leggibile e coerente. Non è un gioco che punta al fotorealismo ovviamente, ma alla suggestione scaturita da alcuni paesaggi e da queste architetture improbabili.
La colonna sonora inoltre, composta da Damian Sanchez, è uno degli elementi più riusciti. I brani sono evocativi, mai invadenti, e accompagnano l'azione con discrezione. Alcuni temi – come quello del Sanctum o dei boss principali – restano impressi, e contribuiscono a costruire l'identità del mondo. Il doppiaggio è disponibile in inglese, con sottotitoli in diverse lingue. Le performance sono solide, anche se non sempre perfettamente sincronizzate. Ma quando Ergo Mundus parla, è difficile non ascoltarlo.

The Nameless Chronicles – L'altra faccia del mondo
Il secondo capitolo di Anima: Gate of Memories I & II Remastered, The Nameless Chronicles, è narrativamente parallelo al primo, ma con un protagonista completamente diverso: il Senza Nome, un immortale condannato a vagare per l'eternità. È un personaggio più cupo, più riflessivo e meno incline all'ironia. La sua storia è una discesa nella memoria, nella colpa e nella redenzione. E il tono del gioco cambia di conseguenza.
La struttura è simile, ma più compatta. Le ambientazioni sono meno numerose, ma più dense. La narrazione è più lineare, anche se non mancano anche qui scelte e finali multipli. Il Senza Nome però non ha un compagno come Ergo Mundus, ma può evocare poteri oscuri e trasformarsi in una creatura demoniaca. Questo cambia radicalmente il gameplay, rendendolo più aggressivo e più diretto.
La storia in questo capitolo è più personale, meno legata alla mitologia generale. Si parla di perdita, di identità e di sacrificio. E il gioco riesce a trasmettere queste emozioni senza retorica, con dialoghi asciutti e scene che lasciano spazio al silenzio. È un'esperienza più breve, ma più intensa. E in certi momenti, più dolorosa.

The Nameless Chronicles – Un gameplay più diretto, più brutale
Se nel primo capitolo la varietà nasceva dal dualismo tra la Portatrice ed Ergo Mundus, The Nameless Chronicles vi mette nei panni di un protagonista unico, ma capace di evolversi in modo radicale. Il Senza Nome combatte con uno stile più aggressivo, basato su attacchi ravvicinati, combo rapide e una gestione attenta delle risorse. Non c'è alternanza tra personaggi, ma una progressione che si costruisce attorno a un'unica figura, con abilità che si sbloccano e si potenziano in modo più lineare.
La meccanica centrale è la trasformazione demoniaca, che vi permette di accedere a un set di mosse devastanti, ma che consuma energia e vi espone a diversi rischi. Usarla nel momento sbagliato può significare trovarsi scoperti, senza difese, in mezzo a un gruppo di nemici. Ma quando la padroneggiate, diventa uno strumento tattico potente, soprattutto contro i boss più ostici.
Il sistema di combattimento è più snello rispetto al primo gioco, ma anche più tecnico. Le combo si concatenano con fluidità, e il timing delle schivate diventa cruciale. Alcuni nemici inoltre reagiscono in modo diverso a seconda del vostro stato, umano o demoniaco, e questo aggiunge una dimensione strategica agli scontri. Non basta premere tasti: bisogna leggere il ritmo, capire quando colpire, quando arretrare e quando e se trasformarsi.
Il level design infine supporta questo tipo di approccio: le arene sono più compatte, pensate per il combattimento, con meno fasi esplorative e più momenti di tensione. I boss, in particolare, sono costruiti attorno a pattern che richiedono osservazione e adattamento. Non sono puzzle, ma prove di resistenza e precisione. E quando li superate, non sentite solo di aver vinto, ma sentite di aver imparato qualcosa.

The Nameless Chronicles – Visione artistica e paesaggi interiori
Se Gate of Memories vi aveva portati in un mondo frammentato e onirico, The Nameless Chronicles vi trascina in un universo più compatto, più decadente e più intimo. La direzione artistica cambia tono radicalmente: meno colori mistici, più ombre, più rovine e molti più silenzi. Ogni ambientazione sembra riflettere lo stato d'animo del protagonista, un uomo che ha vissuto troppo, che ha perso troppo e che non cerca redenzione ma comprensione.
Le architetture sono più gotiche, più chiuse, e la palette cromatica vira verso il grigio, il blu spento o il rosso consumato. Non c'è nulla di casuale: ogni corridoio, ogni scorcio, ogni dettaglio sembra suggerire una memoria, un rimpianto o un'assenza. E anche se il motore grafico è lo stesso del primo gioco, la resa visiva è più coerente e più matura. Non è una bellezza che salta agli occhi, ma una che si scopre col tempo.
La colonna sonora segue lo stesso principio. Composta ancora una volta da Damian Sanchez, abbandona le melodie evocative del primo capitolo per abbracciare un minimalismo emotivo. I brani infatti sono più rarefatti, più atmosferici e più dolorosi. Alcuni momenti inoltre sono accompagnati solo da note sparse, da echi lontani, da silenzi che pesano più di qualsiasi dialogo. E quando la musica esplode, in un combattimento o in una rivelazione, lo fa con misura, senza mai rubare la scena.
Il doppiaggio del Senza Nome è uno dei punti forti: la voce è stanca, profonda e mai enfatica. Non cerca di convincervi, ma di raccontarvi qualcosa. E in certi momenti, sembra davvero che vi stia parlando da un luogo che non esiste più.

La strada verso il Platino
Se siete tra coloro che non si accontentano di vedere i titoli di coda, ma vogliono esplorare ogni angolo, ogni finale e ogni possibilità, allora sappiate che Anima: Gate of Memories I & II Remastered vi metterà alla prova. Ottenere il Platino richiede tempo, attenzione e una certa dose di dedizione. Non perché i trofei siano impossibili, ma perché il gioco vi chiede di conoscerlo davvero a fondo.
Nel primo capitolo, dovrete affrontare tutti i boss opzionali, sbloccare ogni finale, completare il bestiario e raccogliere ogni frammento di memoria. Alcuni trofei sono legati a scelte narrative che non vengono mai presentate come “missioni”, ma che emergono solo se esplorate con attenzione.
Nel secondo gioco invece, il percorso è più diretto ma non per questo meno impegnativo. Il Senza Nome ha i suoi segreti, e il gioco vi sfida a scoprirli tutti. Alcuni trofei richiedono di affrontare boss in condizioni particolari, altri di sbloccare trasformazioni e abilità che non sono immediatamente evidenti. Non ci sono scorciatoie, né aiuti visivi.
Non è una collezione pensata per i completisti compulsivi, ma per chi ama immergersi davvero in un mondo. E quando finalmente vedrete apparire il trofeo di Platino, non sarà solo un'icona: sarà la conferma che avete ascoltato ogni voce, letto ogni pagina e combattuto ogni battaglia.
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