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S.T.A.L.K.E.R. 2: Heart of Chornobyl – Recensione

Dopo anni di attesa, rinvii, fughe forzate e una guerra che ha colpito direttamente il team di sviluppo, S.T.A.L.K.E.R. 2: Heart of Chornobyl è finalmente arrivato anche su PlayStation 5. Sviluppato e pubblicato da GSC Game World, studio ucraino che ha resistito a tutto ciò che poteva andare storto, il gioco si presenta come un ritorno tanto atteso quanto rischioso. Questo non è solo un sequel, è un'eredità. Un'eredità che affonda le radici in un passato radioattivo, in un culto videoludico nato su PC nel 2007 con Shadow of Chernobyl, e che oggi cerca di sopravvivere in un mondo che è cambiato. La domanda è semplice: la Zona è ancora viva? La risposta, su PlayStation 5, è un sì molto disturbante.



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La Zona – Un luogo che respira e che osserva



La Zona di Esclusione di Chernobyl non è solo un'ambientazione, è un vero e proprio organismo, mutato e corrotto, ma ancora pulsante. In S.T.A.L.K.E.R. 2: Heart of Chornobyl, tornare nella Zona significa accettare di non avere il controllo.



In questo capitolo vestirete i panni di Skif, un giovane stalker che si ritrova coinvolto in un conflitto tra fazioni, anomalie, mutanti e verità che non vogliono essere scoperte. La sua missione iniziale sembra semplice: sopravvivere, trovare risorse e capire cosa sta accadendo all'interno della Zona. Il cuore narrativo del titolo è il mistero attorno al “Cuore di Chornobyl“, un artefatto che sembra avere il potere di cambiare il destino dell'intera Zona. Tutti lo cercano: scienziati, mercenari, fanatici religiosi e banditi e ognuno ha una motivazione diversa, e ognuno è disposto a uccidere per ottenerlo. Skif, suo malgrado, diventa il punto di contatto tra queste forze.



La trama si sviluppa attraverso missioni principali e secondarie che non sono mai semplici “fetch quest”. Ogni incarico porta con sé un frammento di verità, un documento, un dialogo o un indizio. Alcuni vi spingono a scegliere tra fazioni rivali, altri vi mettono di fronte a dilemmi morali. Non esiste una scelta giusta, esiste solo la conseguenza. La narrazione è volutamente frammentata, non vi viene mai consegnata una verità assoluta. Vi viene chiesto di interpretare, di leggere tra le righe e di capire che la Zona non è solo un luogo contaminato, ma un vero e proprio simbolo. Un simbolo di potere, di controllo e di sopravvivenza. Il rapporto con i personaggi secondari è fondamentale. Quasi ogni stalker incontrato ha una sua storia, un suo passato e una sua motivazione. Alcuni vi aiuteranno, altri vi tradiranno e altri ancora vi useranno. E spesso, la differenza tra alleato e nemico diventerà sottile.



Il finale inoltre non è unico, infatti le scelte compiute durante il gioco – quali fazioni sostenere, quali missioni completare, quali compromessi accettare – determinano l'esito della storia. Potrete arrivare a scoprire il Cuore di Chornobyl, ma il modo in cui lo farete cambia tutto. In definitiva, la trama di S.T.A.L.K.E.R. 2: Heart of Chornobyl non è un percorso da seguire, ma un enigma da vivere, è un viaggio che non vi dà risposte, ma vi lascia domande. E in questo, resta fedele allo spirito della saga.



Sopravvivere è un verbo attivo



S.T.A.L.K.E.R. 2: Heart of Chornobyl è un FPS survival con elementi da immersive sim, ma ridurlo a un'etichetta è ingiusto. È un gioco che vi chiede di pensare, di pianificare e di fallire. Ogni proiettile conta, ogni pasto consumato è una scelta, e ogni passo può essere l'ultimo. La gestione dell'inventario è fondamentale: armi, munizioni, medicinali, cibo e batterie per la torcia, tutto ha un peso e tutto può mancare.



Le anomalie inoltre sono tornate più letali che mai, alcune sono visibili e altre no. Per individuarle serviranno bulloni, strumenti e attenzione. Entrare infatti in una zona contaminata senza preparazione significa morire. I combattimenti sono tesi e brutali e i nemici – umani o mutanti – non perdonano. L'intelligenza artificiale è aggressiva e imprevedibile, e spesso, la scelta migliore è proprio evitare lo scontro.



Infine parliamo del ciclo giorno/notte e del meteo dinamico, che non sono solo scelte estetiche, ma cambiano tutto. Di notte infatti, la visibilità crollerà. Con la pioggia invece, le armi si incepperanno più facilmente, e quando la nebbia calerà, non vedrete più nulla… Ma i nemici vedranno voi.



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Ogni rovina ha una storia



La mappa in S.T.A.L.K.E.R. 2: Heart of Chornobyl è vasta ma non dispersiva, e ogni zona ha una sua identità: villaggi abbandonati, foreste silenziose, fabbriche in rovina e laboratori sotterranei. Non ci sono icone ovunque e non ci sono frecce a guidarvi. L'esplorazione è libera, ma richiede particolare attenzione. Ogni edificio infatti può nascondere risorse, documenti o trappole e ogni deviazione può essere una benedizione o una condanna.



Il level design è intelligente, non vi spingerà da nessuna parte ma vi inviterà ad osservare. E quando troverete un passaggio secondario, una scorciatoia o un rifugio dimenticato… Non sarà solo un premio, ma un vero e proprio momento di respiro. La Zona però non dorme mai, e anche nei momenti di calma, c'è sempre qualcosa che scricchiola nel buio.



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Luci e ombre



Su PlayStation 5, S.T.A.L.K.E.R. 2: Heart of Chornobyl si presenta in una forma finalmente stabile, grazie alla patch 1.7 e al passaggio a Unreal Engine 5.4. Le prestazioni sono migliorate rispetto al lancio su altre piattaforme: la modalità Performance regge i 60 FPS in modo abbastanza costante, anche se con qualche calo nelle aree più dense. Visivamente, il gioco è impressionante. La gestione della luce, le ombre dinamiche, la nebbia volumetrica, la vegetazione che si muove con il vento: tutto contribuisce a creare un'atmosfera opprimente, viva e tangibile.



Il DualSense viene sfruttato bene: i grilletti adattivi restituiscono il peso delle armi, le vibrazioni accompagnano ogni passo, ogni colpo e ogni esplosione. È un'immersione sensoriale che funziona. Ci sono ancora bug, glitch e animazioni rigide, ma nulla che rovini l'esperienza, e considerando il percorso produttivo del gioco, è quasi un miracolo che funzioni così bene.



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Il vero protagonista



Più di Skif, più della Zona, più delle armi, è l'atmosfera il vero protagonista di questo gioco. S.T.A.L.K.E.R. 2: Heart of Chornobyl infatti è un titolo che si vive con il respiro trattenuto. Il sound design è magistrale, i rumori lontani, i sussurri, i versi dei mutanti e il crepitio del Geiger. Ogni suono è un segnale e ogni silenzio è un'allerta.



La colonna sonora è minimale, ma efficace. Non invade ma sottolinea, e quando parte, lo fa per un motivo. Anche i dialoghi contribuiscono all'immersione. I personaggi secondari sono credibili, sporchi e stanchi. Non ci sono eroi, ma solo sopravvissuti, e ognuno ha una storia da raccontare o da nascondere.



La strada verso il Platino



La lista trofei di S.T.A.L.K.E.R. 2: Heart of Chornobyl è pensata per chi vuole davvero vivere la Zona fino in fondo. Non ci sono scorciatoie e non ci sono trofei “facili”. Oltre agli obiettivi legati alla trama principale, ci sono trofei per le missioni secondarie, per la scoperta di luoghi nascosti e per la raccolta di artefatti rari. Alcuni richiedono di sopravvivere a eventi specifici, altri di esplorare ogni angolo della mappa.



Il Platino è impegnativo, serve pazienza, attenzione, e una buona dose di sangue freddo. Alcuni trofei inoltre sono legati a scelte morali, quindi sarà necessario almeno un secondo playthrough per ottenere tutto. Non è un Platino da collezionare in fretta, è un viaggio. E come ogni viaggio nella Zona, è lungo e pericoloso, ma profondamente gratificante.




L'articolo S.T.A.L.K.E.R. 2: Heart of Chornobyl – Recensione proviene da PlayStationBit 5.0.

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lunedì alle 17:10

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