Ludomedia è il social network per chi ama i videogiochi. Iscriviti per scoprire un nuovo modo di vivere la tua passione.

Dark Atlas: Infernum – Recensione

Ci sono giochi che non vi chiedono di vincere. Vi chiedono di capire. Dark Atlas: Infernum è uno di quelli. Non è un horror da jumpscare, non è un survival da fuga disperata. È un viaggio interiore, disturbante, a tratti incoerente, ma sempre inquieto.



Sviluppato da Night Council Studio, un team spagnolo al suo esordio, e pubblicato da Selecta Play, Infernum si basa sull'universo narrativo della “Saga Radiata” dello scrittore Álvaro Aparicio. Ma non serve conoscere i libri per entrare nel gioco. Basta accettare di non avere il controllo. Su PlayStation 5, l'esperienza è fluida, ma non sempre confortevole. Il gioco non cerca di piacere. Cerca di turbare. E in questo, riesce, ma non per i giusti motivi.



Natalia e il collasso



Dark Atlas: Infernum mette il giocatore nei panni di Natalia Asensio, una donna segnata da un passato nebuloso che si ritrova immersa in una realtà distorta mentre cerca disperatamente suo figlio, Samuel, ricoverato nell'ospedale cittadino. La sua ricerca ha inizio dopo una telefonata inquietante proveniente da un presunto medico, una voce che la trascina in un labirinto di luoghi impossibili e sensazioni fuori controllo.



Quando Natalia riceve la chiamata, si trova in un ambiente che sfugge a ogni logica: corridoi simili ai sotterranei di un castello, macchinari ospedalieri fuori posto e statue inquietanti che sembrano osservarla nell'oscurità. Attraversando una porta scolpita nella pietra, senza capire come né perché, approda improvvisamente proprio all'ala medica dove dovrebbe trovarsi Samuel. È evidente che qualcosa nella sua percezione – o nel mondo stesso – non funziona più come dovrebbe.



La realtà che circonda Natalia è stata devastata dall'Umbras, una tempesta anomala che ha aperto le porte a entità mostruose note come Imprints: figure spettrali e mutevoli che danno la caccia a chiunque osi aggirarsi all'aperto. In questo scenario apocalittico, la protagonista sembra aver dimenticato parti fondamentali della propria vita; non ricorda cosa sia accaduto né perché il mondo sia precipitato nel caos.



L'unica guida, o forse minaccia, è una voce che la perseguita chiamandosi “The Word”. Questa presenza sembra conoscere il passato di Natalia molto più di lei stessa, e le sussurra frammenti di memoria che emergono come visioni improvvise. Attraverso questi ricordi, Natalia scopre di essere stata la Gran Maestra del Consiglio della Notte, un antico culto ossessionato dal ritrovamento di un tomo esoterico chiamato La Corona Radiata.



https://www.playstationbit.com/wp-content/uploads/2025/11/Dark-Atlas-Infernum-screenshot-1.jpg



Camminare nel disagio



Dark Atlas: Infernum è un horror in prima persona che punta quasi interamente sull'approccio stealth. L'interazione con il mondo di gioco è estremamente limitata: il giocatore può raccogliere oggetti utili alla progressione o tutt'al più aprire porte, ma non ha accesso ad armi né strumenti difensivi. Non si tratta quindi di un horror action, bensì di un'esperienza più tradizionale, fondata sulla fuga e sull'evitare i nemici. Questo minimalismo si riflette anche nella struttura dei livelli. Pur offrendo numerosi ambienti e stanze da esplorare, la maggior parte risulta piuttosto spoglia e con poche reali possibilità di interazione.



Oltre alle chiavi e agli oggetti chiave per i puzzle, l'unico vero elemento secondario è rappresentato dai collezionabili, sorprendentemente numerosi rispetto alla semplicità generale del titolo. Sul fronte del gioco vero e proprio emergono alcune criticità. I nemici sono particolarmente aggressivi sin dalle primissime fasi e rappresentano un ostacolo significativo per chi tenta di prendere confidenza con i comandi. Dopo i primi minuti ci si trova già di fronte al primo avversario: un teschio infuocato fluttuante e di fatto invincibile, capace di percepire ogni minimo movimento. Sfuggirgli può risultare estremamente difficile, e una volta scoperti l'unica opzione è tentare la fuga — spesso inutile, vista la velocità con cui i nemici raggiungono Natalia, anche attraverso più stanze.



Questo porta a un ulteriore problema: i checkpoint sono molto distanti tra loro. Di conseguenza, la tensione non nasce tanto dalla paura generata dall'atmosfera, quanto dal timore di essere costretti a ripetere intere sezioni dopo una morte inevitabile. Gli enigmi non compensano questo limite, risultando molto basilari e ridotti spesso al semplice recupero di un oggetto da inserire in un punto specifico. Nel complesso, il gameplay non riesce a valorizzare le sue idee: rimane rigido, poco vario e spesso frustrante, soprattutto per via di nemici eccessivamente punitivi che limitano drasticamente la fase di esplorazione.



https://www.playstationbit.com/wp-content/uploads/2025/11/7-2-1280x720-1.jpg



L'incubo come linguaggio



Sul piano tecnico, Dark Atlas: Infernum si colloca nella media delle produzioni indie. I modelli non sono particolarmente dettagliati, ma nel complesso risultano sufficienti per sostenere l'atmosfera del gioco. La grafica, pur non al passo con gli standard del 2025, svolge il suo compito senza particolari cadute di stile.



L'audio, che per un horror dovrebbe essere uno dei pilastri, purtroppo non riesce a imporsi. Le musiche non contribuiscono in modo significativo alla costruzione della tensione e finiscono per assumere quasi un ruolo “funzionale”, segnalando la presenza dei nemici più che creare paura. In aggiunta, un effetto visivo — una sorta di brina che compare ai bordi dello schermo quando un nemico è vicino — risulta spesso impreciso, attivandosi anche quando l'avversario si trova dietro pareti o in stanze adiacenti. Questo comportamento può diventare fastidioso e rende difficile interpretare con precisione il pericolo reale. Doveroso anche sottolineare per il pubblico nostrano che non è presente la lingua italiana, anche se l'inglese utilizzato è molto basico.



Un aspetto curioso riguarda una differenza tra la versione dimostrativa e quella finale del gioco. Nella demo era presente la possibilità di disattivare i nemici, probabilmente pensata per consentire ai giocatori di concentrarsi sulla trama e sull'esplorazione senza essere perseguitati costantemente. Questa opzione tuttavia è stata rimossa nella versione completa, forse considerata un bug dal team. La sua assenza, però, potrebbe scoraggiare alcuni utenti, dato che la difficoltà nell'evitare i nemici rende spesso difficile apprezzare la componente narrativa senza frustrazione.



Una scalata metodica



La caccia al Platino non sembra particolarmente impegnativa, anche se potrebbe richiedere un po' di tempo. L'obiettivo principale consiste nel raccogliere tutti i collezionabili sparsi per la mappa: un compito reso più agevole dalla loro evidente luminosità blu, che li rende facili da individuare durante l'esplorazione. Oltre a questo, basterà completare la storia senza particolari restrizioni o requisiti complessi.




L'articolo Dark Atlas: Infernum – Recensione proviene da PlayStationBit 5.0.

Continua la lettura su www.playstationbit.com

martedì alle 17:10

Piace a 1 persona