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Sam9210

ha scritto una recensione su Shadow of the Tomb Raider

Cover Shadow of the Tomb Raider per PS4

Shadow of the Tomb Raider si presenta al pubblico con un chiaro compito: andare a chiudere la trilogia firmata Eidos Montreal, studio che aveva sapientemente rilanciato l'amatissima Lara Croft e l'intero brand nel 2013 con un reboot fresco, andando a ricalcare le orme di una serie che sembrava calzargli a pennello, ovvero quella degli Uncharted.

La trama di questo terzo capitolo parte subito col botto. L'archeologa più famosa nella storia dei videogiochi viene in possesso di un antico pugnale Maya in grado di distruggere il mondo e inconsapevolmente innesca una serie di catastrofici eventi che la vedono come prima responsabile di tali disastri. Il potente manufatto arriva nelle mani della Trinità, l'organizzazione antagonista di tutta la trilogia, e da quel momento parte una rincorsa disperata della protagonista per cercare di sottrarlo a chi potrebbe fare più danni di quanti non se ne siano visti inzialmente. La storia ci porterà nella giungla sudamericana, alla scoperta di antiche città e civiltà che avremo modo di approfondire grazie agli NPC sparsi nel mondo di gioco. La trama, come detto, parte in quarta, ma la scrittura pian piano diventa leggermente confusionaria e, a mio modo di vedere, non riesce a toccare chissà quali vette di narrazione. Ci si riprende un po' con il finale, che punta molto sull'epicità e sull'azione senza compromessi, il tutto magistralmente accompagnato da un'ottima regia.

La formula del gameplay di SOTTR rimane più o meno quella già vosta in precedenza e segue le ottime basi lasciate dai precedenti capitoli. Il titolo si sviluppa su ambienti semi-openworld, accantonando di fatto un mondo di gioco più circoscritto e limitato che, invece, si era adottato nel reboot del 2013. Ciò che ne giova maggiormente è ovviamente l'eplorazione; spesso e volentieri ci ritroveremo a distogliere l'attenzione dalla main quest per andare in cerca di collezionabili e tombe, quest'ultime sviluppate in larga scala rispetto al passato. Ogni tomba ci porterà via un bel po' di tempo e riuscire a completarle sarà davvero appagante. Tra un'arrampicata e l'altra ci saranno le classiche fasi con scontri a fuoco, anche se in Shadow of the Tomb Raider gli sviluppatori hanno scelto di puntare molto sullo stealth. Il gioco, ove possibile, spinge il giocatore ad attaccare i nemici di soppiatto senza innescare battaglie all'ultimo proiettile. Far fuori gli avversari dai rami degli alberi, coprirsi di fango e mimettizzarsi con l'ambiente circostante donano quel tocco di varietà che serviva ai combattimenti. Presente un albero delle abilità stratificato in 3 specifiche aree con cui potremo migliorare la nostra Lara, applicandole caratteristiche che più si addicono al nostro stile di gioco.

Il titolo cerca spesso e volentieri di porre l'accento su sequenze di gioco dal grande impatto visivo, le quali esaltano al dovere il giocatore e quasi gli fanno pensare di stare a guardare un film hollywoodiano. Ciò ci fa capire che siamo di fronte ad una produzione di altissimo livello tecnico. Il comparto grafico è di pregevole fattura: le rovine, le piccole città, la giungla e in generale tutti gli ambienti sono stati realizzati con estrema cura. Gli effetti particellari e l'illuminazione sempre convincenti rappresentano la ciliegina sulla torta. Non è da meno il sonoro, con musiche incalzanti e un eccellente doppiaggio in italiano.

In definitiva Shadow of the Tomb Raider va a chiudere un cerchio vincente. Eidos Montreal, nonostante non si tratti di un capolavoro, ha tirato fuori un altro ottimo gioco dal cilindro, chiudendo così un ciclo che, dal momento del reboot, ha ridato grande visibilità al brand di Tomb Raider, attrendo sia vecchi che nuovi fan.

Sam9210

ha scritto una recensione su Uncharted: L'Eredità Perduta

Cover Uncharted: L'Eredità Perduta per PS4

L'Eredità Perduta è un titolo che estrapola tutto il possibile da Uncharted 4 e lo fa suo senza stravolgere nulla di quanto già visto in passato. Quella di Naughty Dog, lo sappiamo, è una saga dalla formula vincente e ben consolidata, e di conseguenza anche in questo spin-off non si fanno eccezioni.

Stavolta però, a farsi spazio tra la natura selvaggia e a destreggarsi tra le rovine di un'antica città dimenticata da millenni, non ci sarà il nostro amato Nathan Drake, bensì Chloe Frazer, già vista nel secondo capitolo della saga e protagonista di questa storia. Ad accompagnarla per tutta l'avventura ci sarà niente meno che Nadine Ross, personaggio che svolgeva un ruolo da antagonista ne 'La Fine di un Ladro'. Chloe è un character paragonabile per certi versi proprio a Nathan: emotiva, dotata di un forte senso dell'umorismo e di tanta determinazione sono elementi che la contraddistinguono e che la rendono simile al pioniere della serie. Nadine, invece, risulta essere una vera e propria spalla per la Frazer. Ci aiuterà ovviamente nei momenti più opportuni durante gli scontri sia a fuoco che non, ma nonostante il rapporto di amore e odio durante che si evincerà per tutta la trama, quest'ultima non si tirerà indietro nell'esporci i propri drammi personali per condividerli con noi. Facile capire quindi come i due personaggi principali del gioco instaureranno un rapporto che va oltre l'aiutarsi durante le mere azioni di gameplay. Non mancheranno quindi sentimentalismi, battute ad ogni dove e tanta azione: caratteristiche che hanno sempre contraddistinto gli Uncharted. Nel corso della storia avremo così modo di scoprire maggiori dettagli rigurdanti il passato di entrambe le donne, elemento che tende aiuta a farci entrare in empatia con queste ultime.

La nostra missione principale sarà quella di andare alla ricerca di un antico manufatto indiano, un oggetto che, ovviamente, non saremo i soli a volere. A metterci i bastoni fra le ruote, infatti, ci sarà un certo Asav insieme a tutta la sua milizia. La trama risulta scorrevole nonostante possa apparire molto meno esaltante rispetto a quelle col buon vecchio Nathan, ma non mancherà comunque un bel colpo di scena capace di stuzzicare il giocatore e di spingerlo a proseguire con maggior voglia e curiosità.

Come già accennato, il gameplay non cambia di una virgola rispetto al quarto capitolo, ma ciò non significa che il gioco non risulti divertente. Salti al limite dell'impossibile, scontri a fuoco frenetici, la possibilità di eliminare i nemici in modalità stealth, enigmi lungo il percorso e parecchia esplorazione alla ricerca di collezionabili, riescono sempre a intrattenere nel giusto modo il giocatore. La parte in cui questo spin-off prova a metterci del suo per quanto riguarda l'originalità la si va a trovare nel timido tentativo di cambiare il gioco in un open world, anziché farlo scorrere su ambienti più o meno circoscritti come i capitoli precedenti. A mio modo di vedere, si tratta però di un'operazione non riuscita in quanto le indicazioni su dove andare risultano essere un po' astratte e a sua volta il titolo finisce per essere meno immediato e più dispersivo.

Davanti agli Uncharted si ha sempre poco da dire per quanto concerne il comparto tecnico: la grafica si attesta su livelli eccellenti come al solito, mentre il doppiaggio italiano è ottimo, fatta eccezione per quello della stessa Chloe, decisamente sottotono rispetto a tutti gli altri. Niente di memorabile per quanto riguarda le musiche, a differenza della bellissima main theme presente nei capitoli principali.

In definitiva, Uncharted: L'Eredità Perduta si rivela essere uno spin-off di alta qualità, che pesca a piene mani dal quarto capitolo, riuscendo comunque a fare il suo cambiando gli interpreti e mettendo sul piatto una trama piuttosto basilare, che però prende decisamente il volo nella parte finale con momenti di gioco adrenalici e spettacolari e cutscenes degne dei migliori blockbuster.

Sam9210
Cover Dying Light: The Following - Enhanced Edition per PS4

Dying Light è un survival game a tema zombie degno di essere chiamato tale. Il titolo ci catapulta ad Harran, una città fittizia dai toni arabi, devastata da una misteriosa epidemia che ha mutato le persone in dei mostri. Noi saremo lì in veste di "indagatore", ma ben presto scopriremo di essere soltanto una pedina di un piano losco e ben architettato. La storia è buona, ma nulla di eccezionale. La narrazione riesce perlopiù ad essere godibile grazie alla presenza di un protagonista carismatico e di un villain discretamente valido. La trama scorre comunque via bene e riesce a pieno nel compito di accompagnare per mano il piatto forte della produzione: il gameplay.

Con una visuale in prima persona, in DL tutto quello che dovremo fare sono essenzialmente due cose: squartare i non morti e fare del parkour. Potrà sembrare strano, ma forse è proprio quest'ultima la caratteristica principale del gioco di Techland. Scorrazzare con agilità dai tetti della città fino a quelli dei furgoni e delle auto ci permetterà di avere vita facile, o quantomeno più semplice rispetto ad un'infelice camminata in mezzo alle strade infestate dai mordicarne.

Sottolineato quindi l'aspetto del parkour, fattore che dona dinamicità ed un qualcosa di diverso al titolo, è tempo di parlare della pura azione. Durante il corso dell'avventura avremo modo di raccogliere davvero tantissime armi: piccozze, accette, coltelli, mannaie, mazze da baseball, martelli e chi più ne ha più ne metta: in Dying Light troverete veramente di tutto. Ma non finisce qui: le armi sono anche modificabili, in quanto è possibile, attraverso l'utilizzo di svariati componenti, far diventare quest'ultime infuocate, elettrificate e tanto altro ancora. Da questo punto di vista Techland ha fatto veramente un gran lavoro e il gocatore potrà davvero sbizzarrirsi nell'utilizzo delle proprie armi. Ognuna possiede una manegevolezza, durata e genera danni differenti, aspetto che ci fa capire come sia utile capire quando usarne una e quando lasciarne da parte un'altra, specie considerando che anche gli stessi zombie non sono tutti uguali fra loro e saranno più vulnerabili a determinate attaccho piuttosto che ad altri.

Ma ciò che contraddistingue Dying Light, rendendolo in qualche maniera unico, è la sua doppia faccia. Sì perchè il gioco durante il giorno si presenta in un modo, ma appena il sole cala il titolo ne beneficia in ansia, panico e paura. Durante la notte l'avventura cambia quasi completamente volto: nemici super aggressivi appaiono solo in quel lasso di tempo e l'atmosfera generale diventa quella dei migliori survival horror.

Le musiche dal ritmo incalzante accompagnano in maniera gradevole il videogame. Gli effetti sonori sono ottimi, con suoni ed urla che, specie con le cuffie, ci metteranno non poca paura.

Ovviamente non stiamo parlando di un titolo perfetto e se è vero che Dying Light non possiede cei grandi difetti, è altrettanto vero che a volte il parkour non risulta precisissimo, ma la cosa che più mi ha dato fastidio è stato il doppiaggio in italiano. Non per la qualità, che risulta anche essere buona, specie per il protagonista, quanto per il reciclaggio delle stesse voci che doppiano personaggi diversi all'interno del titolo. Un problema di localizzazione quindi e non tanto del gioco in sé, ma è pur sempre una cosa che ho trovato assolutamente inaccetabile per una produzione di un certo livello come questa.

Dying Light è un gioco più che valido. Un ottimo survival zombie, curato in quasi tutti i suoi aspetti, che riesce egregiamente in quello che un titolo del genere dovrebbe fare.

Sam9210

ha scritto una recensione su Detroit: Become Human

Cover Detroit: Become Human per PS4

Androids are alive!

Che cosa accadrebbe se un giorno le macchine acquisissero sentimenti e potessero provare emozioni? È più o meno questa la domanda che ci pone Detroit: Become Human e l'incipit da cui parte il gioco. Potrebbe mai succedere una cosa del genere? Se sì, quali sarebbero le conseguenze per l'umanità? Sono quesiti interessanti e allo stesso tempo complessi, a cui il titolo di Quantic Dream cerca di rispondere attraverso la sua storia, o meglio le storie. Sì perché chi ha giocato o per lo meno conosce i precedenti titoli di David Cage, saprà come quest'ultimi offrano sempre strade diverse a seconda delle azioni che il giocatore sceglierà di fare nel corso dell'avventura.

Le scelte multiple portano ovviamente a diversi finali che a loro volta aumentano sensibilmente la rigiocabilità del titolo. Il punto di forza di Detroit risiede proprio nella trama ben scritta, che riesce a tenere ben attento il giocatore. Intrecci, colpi di scena, personaggi carismatici coi quali si empatizza subito ed un'ottima regia trasmettono la sensazione di star girando un film e non solo di guardarlo. Il livello qualitativo della narrazione si attesta su ottimi livelli, nonostante quest'ultima risulti essere leggermente romanzata con lo scopo di far riflettere il giocatore su ciò che sta accadendo su schermo, forzandolo quasi a fare determinate scelte e portandolo dalla parte del "politically correct".

Se da una parte è poco utile parlare del gameplay, dall'altra è giusto invece discutere dell'ottimo comparto sia sonoro che grafico. Il doppiaggio in italiano è eccellente e non c'è una voce che sembra essere fuori posto, ma ancor più mastodontico è il lato tecnico del gioco. Graficamente Detroit è una delle migliori produzioni PS4: la città di Detroit e gli ambienti intorno a noi appaiono puliti, curati e dettagliati, ma ciò che più sorprende sono le animazioni facciali dei personaggi: incredibilmente belle, realistiche ed emotive. Nell'ultima opera di Quantic Dream nulla viene lasciato al caso; basti solo pensare al menù interattivo in cui è presente addirittura un androide che parla al videogiocatore, modificando ed evolvendo i suoi dialoghi man mano che si fanno progressi nella storia.

Detroit: Become Human rappresenta un altro grande tassello per Playstation 4, un capolavoro imperdibile capace di farci divertire e al contempo riflettere su un futuro nemmeno così troppo lontano.

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