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Steto96

ha scritto una recensione su Mana Spark

Cover Mana Spark per Nintendo Switch

Manca la Scintilla

Galeotto fu il giorno in cui scoprii i roguelike. Dalla mia prima partita al divino The Binding of Isaac ho passato ore e ore a esplorare la galassia di questo genere atipico e, ammettiamolo, con qualche problema di identità. Gli epigoni non mancano, specialmente sulla scena indie, ma non basta scopiazzare i titani del genere per sperare di arrivare a proporre un gioco di qualità.
Ecco che dal Brasile arriva il roguelite Mana Spark, carico di promesse e, per quanto mi riguarda, delusioni e frustrazione.
MS si apre raccontando al giocatore la storia di un mondo nel quale gli umani sono schiavi di esseri malvagi che sfruttano il mana del titolo per accedere a poteri soprannaturali. Quando questi esseri cominciano a rapire i bambini umani per indicibili esperimenti finalmente gli uomini decidono di ribellarsi. Da qui parte il tutorial del gioco: la visuale dall’alto permette di usare i due stick per muoversi e mirare con l’arco. I dorsali permettono di attaccare, schivare e usare un gadget una volta equipaggiatone uno.
Nei panni del silenzioso arciere arriveremo alla radura che funge da hub al quale ritornare a ogni dipartita nei dungeon proposti dal gioco, si spera non a mani vuote. Infatti, a ogni scorribanda è possibile trovare delle rune che, una volta portate in alcuni punti chiave della nostra discesa, troveremo ad aspettarci all’accampamento una volta morti. Le rune sono la valuta con la quale è possibile migliorare in più modi il proprio personaggio prima di partire per la prossima avventura, sia attraverso dei bonus alle statistiche, sia indebolendo un tipo di nemico specifico, sia scegliendo e migliorando una serie di gadget come tagliole, trappole, torrette e bombe.
I dungeon sono generati proceduralmente, anche se ci sono alcuni appunti da fare. In primis, la “libreria” delle stanze dalla quale il gioco attinge per creare ciascun piano è davvero limitata e ben presto accorre il senso di deja-vu. In secondo luogo, la progressione di piano in piano segue comunque regole ben precise, distribuendo negli stessi punti, partita dopo partita, piani regolari, stanze dei boss e le peculiar room, stanze nelle quali è possibile mandare le rune all’accampamento e spendere le monete, altra valuta presente nel gioco, per acquistare i vari potenziamenti disponibili. In ultimo, il gioco dispone di soli tre boss, posizionati, come detto, sempre negli stessi punti dei dungeon.
Da questo si evince quindi che il gioco è in realtà estremamente lineare nella progressione, a dispetto della sua natura procedurale, e che il gioco è estremamente breve. Solo una di queste due affermazioni è, però, corretta.
È abbastanza chiaro che, anche con tutta la buona volontà degli sviluppatori, il gioco sia abbastanza scarno in tutti i suoi aspetti. Come ho già detto le stanze sono sempre le stesse, le tipologie di nemici non variano di molto e la loro disposizione non è randomica, dato che ogni stanza ha il suo set predefinito di mostri, è possibile vedere tutte le abilità presenti nel gioco dopo soltanto tre o quattro partite, i boss, come già accennato, sono davvero pochi e davvero semplici da battere una volta capiti gli evidenti punti deboli. Posso elogiare però la possibilità di sbloccare altri due personaggi con statistiche e abilità ben diverse per provare ad approcciare la discesa con un metodo diverso di partita in partita.
Probabilmente per ovviare a questi difetti il gioco è duro come la roccia, ingiustamente, oserei aggiungere. Ci sono nemici base nei primi piani che infliggono danni più seri di un qualsiasi attacco di uno dei boss del gioco. La quantità di nemici in alcune stanze è davvero esagerata, anche considerato come molti di essi richiedono molta pazienza per essere abbattuti, essendo spesso dotati di scudi o di attacchi decisamente insidiosi. Il level design rema costantemente contro il giocatore, tra corridoi strettissimi, oggetti dello scenario che bloccano i movimenti e occupano la visuale, trappole su trappole e così via. Una volta morti, si torna sempre e comunque all’accampamento, senza abilità, monete e rune, tranne quelle salvate nelle peculiar room. Dopo qualche partita è possibile rientrare subito in gioco attraverso un’opzione che evita di passare dall’hub, a patto di accettare che il gioco scelga per noi il personaggio con cui affrontare la discesa, il suo equipaggiamento e un bonus di partenza. Questa buona trovata, però, sbilancia ben presto il gioco: non è raro ottenere bonus che regalano una gran quantità di rune preziose che, portate alla più vicina peculiar room, assicurano fin da subito un “guadagno” consistente per la partita in corso. Il giocatore può quindi sbloccare molto presto tutto lo sbloccabile nell’hub, rendendo superfluo l’ottenimento di altre rune. Il sistema di progressione viene quindi rotto quasi istantaneamente, e rimane soltanto più la discesa fino al boss finale, una discesa davvero troppo dura e troppo punitiva: arrivare a un passo dalla fine dell’ultimo boss e morire per una sciocchezza è davvero frustrante.
Non c’è davvero molto altro da fare in questo titolo. Sì, sparsi per le stanze c’è una grande quantità di note che approfondiscono un minimo la scarna e confusa trama del gioco, per l’appunto niente di troppo interessante e facilmente trascurabile una volta che l’unico scopo rimasto diventa quello di arrivare ai titoli di coda. Nemmeno il post-game offre molto oltre alla spicy burrito challenge, la sfida alla discesa senza potenziamenti e senza un briciolo di vita. Per me già solo raggiungere i titoli di coda è stata una sfida e sono molto più che felice di archiviare questo Mana Spark.