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Su TanoX_93

I don't give a fuck. // Starset <3 // ".. you're my heroine." // #PraiseThePorcellini // Appassionato di videogame dall'età di 4 anni. Per m … Leggi tutto

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TanoX_93

ha scritto una recensione su Kingdom Hearts III

Cover Kingdom Hearts III per PS4

Addio infanzia.

Quello che fino a qualche anno fa sembrava un miraggio, un sogno che non si sarebbe mai realizzato, alla fine è diventato realtà. Kingdom Hearts 3 è uscito già da qualche settimana ormai e la sua esistenza significa molto, per tutti noi fan che lo abbiamo atteso come il Messia per troppi anni. Mi ritengo un fanboy della serie, non lo nego e non lo nascondo, ho giocato praticamente ogni singolo titolo, più o meno a fondo, e conosco la storia quasi alla perfezione, in quasi ogni sua sfaccettatura, per cui si può dire che attendevo questo “terzo” capitolo della serie anche solamente per vedere se tutta questa mia conoscenza potesse essere messa a dura prova per comprendere come Nomura avrebbe avuto intenzione di chiudere tutti gli intrecci narrativi che nel corso degli anni ha creato. Alla fine della fiera, posso dirmi più che soddisfatto del prodotto che mi è stato offerto, al punto da farci perfino una recensione, cosa sempre più rara per me. Il tutto sarà suddiviso in categorie, come facevo una volta, trattando un tema alla volta per renderla più fruibile, perché so già che verrà fuori un papiro infinito che leggerò solo io e il mio gatto immaginario. Senza perdermi in altre chiacchiere, parliamo un po' di KH3.

TRAMA
Voglio partire con quello che ritengo l'aspetto più importante di tutti in KH3, o quantomeno il motivo principale che ha spinto tutti i fan ad acquistare il gioco: ovviamente la storia. KH3 narra l'atto conclusivo della Dark Seeker Saga, meglio conosciuta come la saga di Xehanort, il villain principale di questo arco narrativo. Tale arco narrativo ha avuto inizio nel lontano 2002, con l'uscita del primo KH, per poi svilupparsi in CoM ed in KH2 e, negli anni successivi, espandersi con titoli che andavano a spiegare meglio il contesto nella quale si trovavano determinati personaggi, in alcuni casi donandogli nuova profondità (come in 358/2 Days o con le cutscene extra di KH2FM), mentre in altri casi andando addirittura a narrare eventi avvenuti in un passato più o meno lontano ma che in qualche modo trovano un collegamento piuttosto importante con gli avvenimenti di KH3 (come BBS e, fino a un certo punto, Back Cover). Senza voler menzionare l'importanza anche di titoli come DDD e 0.2, che fanno effettivamente da prologo per KH3 (cavolo, il secret ending di 0.2 si chiama proprio KH 2.9 per dire), vien da sé che per godere appieno della storia del titolo è NECESSARIO conoscere tutti gli avvenimenti dei vari titoli precedenti ed a questo e non c'è alcuna via di scampo. Il modo in cui è gestita la trama dà per scontato che si conoscano già i personaggi, che si sappia cosa abbiano fatto o cosa vogliano fare, chi siano in realtà e perché vogliano fare quello che stanno facendo. Insomma, avere già un background completo serve tantissimo non solo per capire i dialoghi che, come da tradizione della serie, possono sembrare assurdi in molte occasioni se non si sa di cosa si sta parlando, ma anche semplicemente per provare empatia con i personaggi nei momenti cruciali. Fatta questa premessa, com'è quindi la trama di KH3? Tolti i problemi di narrazione che purtroppo pecca in quanto a equilibrio, la storia è molto soddisfacente. Per gran parte del gioco avremo a che fare con una narrazione lenta, intenzionata a lasciarsi scoprire a poco a poco, lasciando comunque il giocatore affamato per più informazioni ogni volta che gli eventi sembrano avanzare. Il tutto inizia ad esplodere all'avvicinarsi delle fasi finali del gioco, quando quest'ultimo decide quindi di andare all-in come avviene spesso nella serie e di iniziare a mostrare le sue carte. È qui che la narrazione offre il suo meglio, a partire dal momento in cui i 7 guardiani della luce si radunano sul luogo designato per affrontare le 13 oscurità radunate da Xehanort avrà inizio un susseguirsi di eventi anche piuttosto forti che raggiunge il suo culmine proprio col finale dell'opera, dal sapore fortemente agrodolce. Un finale d'impatto che, se siete fortemente emotivi come il sottoscritto, potrà anche farvi commuovere, A MAGGIOR RAGIONE se siete fan che hanno seguito la serie fin dall'inizio o comunque per tanto tempo, ma la cosa più importante è che nel complesso riesce a dare una risposta alla maggior parte dei quesiti aperti negli anni da Nomura, lasciandosi comunque qualcosa per il futuro della serie che, come penso sia già noto, è tutt'altro che finita. Una menzione d'onore va sicuramente fatta all'epilogo ed al finale segreto che non solo pongono le basi per quella che sarà la prossima saga, ma offrono anche una rivelazione piuttosto importante.
Nel complesso quindi si può definire la trama di KH3 assolutamente soddisfacente e riesce a dare una conclusione più che degna alla saga di Xehanort, nonostante sia afflitta da problemi di pacing nella narrazione e di qualche escamotage un po' forzatuccio che purtroppo stona con il solito modus operandi di Nomura, che nell'arco dei vari titoli ci ha abituato a dare delle risposte anche alle domande più banali con delle spiegazioni talvolta piuttosto complesse.

GAMEPLAY
Il gameplay di KH3 è un'esplosione. È così che riassumerei questo aspetto del gioco in meno di 10 parole. Volendo scendere un po' più nel dettaglio, si tratta di un gameplay molto riuscito, di un'esplosione di divertimento appunto. Essendo uno dei capitoli numerati della serie, si ritorna quindi a quello che è lo stile classico dei primi 2 titoli, prendendo comunque in prestito qualche meccanica qua e là dagli altri giochi, come ad esempio lo Shot-lock da BBS, i Situation Commands da 0.2 ed il Flowmotion da DDD. Il combat system riesce ad offrire tanti strumenti al giocatore, per permettergli di affrontare il gioco utilizzando lo stile che più gli aggrada, senza vincolarlo ad un singolo playstyle o forzandolo ad utilizzare determinate strategie perché semplicemente non c'è di meglio. Forse gli strumenti messi a disposizione di Sora in questo capitolo ad alcuni possono risultare anche troppi, ciò non toglie però che tanti strumenti vuol dire anche più varietà nel gameplay se si decide di sfruttarli tutti in maniera equa piuttosto che propendere per un singolo aspetto. Si ha la possibilità di equipaggiare tre Keyblade diversi alla volta, ognuno con le proprie trasformazioni e, di conseguenza, il proprio pattern di mosse, e la grande novità di questo sistema è che si potrà finalmente cambiare arma in qualunque momento durante la battaglia con la semplice pressione di un tasto, dando vita anche a combo piuttosto “stylish” concatenando una combo di una trasformazione con quella di un'altro Keyblade.
La magia è soddisfacente da utilizzare, si concatena in maniera fluida all'interno delle combo ed in quasi tutte le situazioni risulta anche piuttosto potente contro le ondate di nemici base, risultando esageratemente efficace andando ad annullare qualunque tipo di pericolo. Anche negli altri KH accadeva qualcosa del genere, tuttavia laddove in quei titoli era necessario abusare di determinate meccaniche come il Flowmotion in DDD oppure concaterane più magie insieme come in KH2, qui risulta troppo facile “rompere il gioco”. Tale problema è accentuato anche dalla presenza delle Attraction Flow, ovvero le famigerate “giostrine”, divertenti da utilizzare ma fin troppo efficaci in quello che fanno, infatti mi sono ritrovato a non utilizzarle mai nel corso del mio playthrough se non un paio di volte per ognuna all'inizio per capire come funzionassero. Sfruttando questo discorso voglio ricollegarmi a quello che è il principale difetto di tutto KH3: la sua “difficoltà”. Prima di tutto però, è opportuno specificare che è mia intenzione sfatare un mito: chiunque dica che i precedenti KH erano più difficili del 3, probabilmente ha dei ricordi distorti dovuti al fatto che l'ultima volta che li ha giocati risale appunto a 10 anni fa, o probabilmente, triste ma vero, sono semplicemente poco abili al gioco (per non dire scarsi). KH non è MAI stato e probabilmente MAI sarà un gioco che verrà ricordato per la sua difficoltà, voglio che questo concetto sia ben chiaro. Perfino a difficoltà più alte (sì, anche a critico), quasi nessun KH si rivela essere una vera e propria sfida, eccezion fatta per qualche rara occasione. L'unico gioco di KH che ritengo sia il più vicino a poter essere considerato, non dico difficile ma quantomeno non semplice, è il primissimo titolo della serie, ma più per limiti tecnici del gioco che per altro. Posto questo, bisogna però essere oggettivi e dire che in KH3 hanno voluto esagerare, offrendoci un prodotto sì divertentissimo, sì spettacolare e soddisfacente da giocare, ma che purtroppo si rivela essere INCREDIBILMENTE più facile del solito. Voglio però spezzare una lancia a favore del gioco e dire che, in alcuni punti, quantomeno ci ha provato ad offrire una sfida: una delle battaglie finali è molto intensa e non va presa sottogamba, così come anche il boss segreto che, seppur di facile lettura dopo qualche morte, costringe a rimanere sempre concentrati e ad utilizzare buona parte dell'arsenale a tua disposizione per poterlo battere senza troppe difficoltà, quindi qualcosa di buono c'è, ma è ancora troppo poco. A tal proposito, c'è da dire che anche il postgame, allo stato attuale, è ridotto all'osso, ma anche qui voglio prendermi un attimo per dirvi che lo stesso trattamento è stato riservato anche a KH1 e, soprattutto, KH2 che nelle loro versioni vanilla offrivano anche meno di quanto offre adesso KH3. KH1 alla release giapponese aveva solo 3 coppe (che potevano comunque essere affrontate anche prima del postgame) e Sephiroth, poi con il suo avvento nel resto del globo furono aggiunti un paio di altri boss segreti. In KH2 c'erano 5 coppe al colosseo (anche in questo caso, affrontabili anche prima dell'endgame) e un Sephiroth molto più debole della sua controparte in KH1. KH3 invece offre 13 battlegates non troppo impegnativi ma che non sono nemmeno una passeggiata come le varie ondate di nemici nei vari mondi ed un boss segreto dello stesso livello di Sephiroth in KH2. Vien da sé quindi che il contenuto postgame di KH3 in versione vanilla sia più o meno in linea con quello offerto dai precedenti titoli nella serie con la stessa versione del gioco, arrivando ad offrire addirittura di più se decidessimo di prendere in considerazione tutti i vari minigiochi che il gioco offre, come ad esempio i 7 budini o il Classic Kingdom. Ciò che donò nuova linfa vitale ai vecchi KH fu la loro versione Final Mix che, specialmente nel caso del secondo capitolo, andarono a migliorare tutta l'esperienza complessiva, aggiungendo tanti boss segreti e un'area totalmente nuova, tutti contenuti dalla difficoltà elevata. Se KH3 dovesse subire lo stesso trattamento (e probabilmente sarà così) con qualche DLC più o meno corposo, il futuro può essere solo che roseo. L'aggiunta di una modalità critica in primis, così come di qualche altro boss segreto e/o nuove aree secondarie da esplorare potrebbero rivelarsi più che sufficienti per migliorare ancora di più quella che già adesso si rivela essere un'ottima esperienza, divertente e comunque ricca di contenuti.
Piccola nota a margine: la fotocamera è uno degli strumenti più divertenti che siano mai stati inseriti all'interno della serie. Farsi selfie con i vari personaggi ed osservare le loro reazioni può essere davvero ilare e, con alcuni personaggi come Rapunzel, estremamente dolce.

COMPARTO TECNICO
Uno degli aspetti più riusciti e curati di KH3 è sicuramente la grafica, pulita ed a tratti impressionante, riesce davvero a dare la sensazione di star giocando un film Disney. I mondi sono realizzati divinamente, riuscendo ad essere di qualità pari alle loro controparti originali se non addirittura a superarli, stessa cosa si può dire per la realizzazione dei personaggi e delle loro animazioni. Tra tutti, però, spicca la cura con la quale è stato realizzato il mondo dei Pirati dei Caraibi, a mio parere il migliore dell'intero gioco se non addirittura il migliore della serie nella sua interezza. È un mondo vasto, vario, che pare davvero essere un gioco a parte a tratti e, a differenza di quanto avvenuto in KH2, lo stile di Sora, Pippo e Paperino non stona affatto con quello del mondo e dei suoi personaggi, ma anzi si sposa perfettamente con esso. Le animazioni facciali di Jack Sparrow sono davvero di un altro livello rispetto a tutto il resto dei personaggi dell'opera, andando a ricreare perfettamente la sua eccentrica personalità e a dargli quell'espressività che gli mancava nel secondo capitolo. Lo stesso, ovviamente, si può dire di tutti gli altri mondi Disney, all'interno dei quali non sembrerà quasi mai che i nostri tre protagonisti principali siano fuori posto. Tutto questo ben di Dio ci viene concesso di esplorarlo e goderne con un framerate che si mantiene sempre su ottimi livelli (io ho giocato su una PS4 Slim). Non arriva a 60 fps ma non è nemmeno lockato a 30, purtroppo però in alcune situazioni molto più caotiche o in aree molto vaste il framerate sembra risentirne un po', rimanendo comunque abbastanza solido nelle fasi concitate di gameplay che rimane comunque la cosa più importante.
Le cutscene sono praticamente tutte realizzate con la grafica in-game, permettendoci quindi di rituffarci immediatamente nell'azione al loro termine (almeno quando avvengono in un mondo) senza alcun caricamento, come invece avviene quando sta per iniziare un filmato. A tal proposito, vorrei sfatare un'altra delle critiche più frequenti che ho letto dalla critica e non, ovvero quello delle cutscene opprimenti che sono lunghissime e sono presenti ogni 5 minuti: giocato a ritmo normale, anche su questo aspetto KH3 non è assolutamente diverso dai KH passati, l'equilibrio tra cutscene e gameplay l'ho trovato in linea con i titoli del passato ed anzi, KH3 ha poco più di 2 ore di filmati in meno rispetto a KH2, quindi a mio modesto parere è una critica abbastanza insensata. È innegabile che ci siano delle cutscene più lunghe di altre, ma non è vero che ci sono filmati ogni 5 minuti, ad eccezione delle fasi finali di gioco, ma questa è una cosa che accomuna tutti i titoli della serie.
Per quanto riguarda le musiche, la colonna sonora offertaci è di tutto rispetto. Sono presenti molte tracce iconiche che qui vengono remixate per noi nostalgici, così come alcune tracce nuove che ho trovato abbastanza soddisfacenti. Direi che la colonna sonora offre quindi un buon mix tra nostalgia e novità, garantendo anche un paio di tracce davvero di altissimo livello che non menzionerò per non rovinarvi la sorpresa. L'opening di Utada Hikaru e Skrillex, “Face My Fears”, nonostante lo scetticismo iniziale, ho imparato ad amarla ed ormai è un ascolto fisso quotidiano, così come l'altro lavoro della già citata Utada, “Don't Think Twice”, che ascolto ormai da un anno e che svolge perfettamente il suo lavoro di canzone di chiusura. Probabilmente non sono le migliori canzoni della serie, “Simple And Clean” mi da ancora emozioni impareggiabili, ma sicuramente sono le migliori che KH3 poteva mai desiderare.

CONCLUSIONI
Kingdom Hearts 3 ha rappresentato per me un sogno per gran parte della mia vita. Da quel lontano 2006, dopo aver finito per la prima volta il secondo capitolo della serie, ho atteso l'avvento di questo gioco con tutto me stesso. Ci sono stati momenti in cui mi sono allontanato dalla serie, arrivando perfino quasi a rinnegarla quando seguirla era diventato impossibile per me, ma non ho mai smesso comunque di guardarla con un certo interesse. Quando poi ho realizzato che, dopo così tanti anni e tanti capitoli d'intermezzo, KH3 stava effettivamente diventando sempre più una realtà, qualcosa in me si riaccese e, rigiocandomi tutta la saga, mi ricordai cosa avesse di così speciale questa serie. È unica. Nessun altro gioco mi da le sensazioni che mi da Kingdom Hearts, un gioco che sa essere sia spensierato ma sia molto profondo. Potrà avere una storia narrata in maniera esagerata, inutilmente complicata, tutto quello che volete voi, ma io non so davvero cosa dirvi. Io adoro tutto questo. Kingdom Hearts per me è stato un modo per capire cosa ci sia di così speciale nei rapporti umani, mi ha insegnato dei valori che conoscevo in maniera appossimativa quando ero solo un ragazzino e l'ha fatto raccontando una storia che mi ha coinvolto sempre più, facendomi legare ai suoi personaggi quasi come fossero degli amici d'infanzia. Ritrovare quegli stessi amici d'infanzia oggi, esattamente come li ricordavi, è stata una delle sensazioni più belle di tutta la mia vita. Non vivrò probabilmente mai più nessun attesa come ho vissuto quella per Kingdom Hearts 3 e ricorderò il periodo precedente alla sua release per sempre per tutta la mia vita. Per me, KH3 è stata un'esperienza meravigliosa, non è stata assolutamente perfetta, ma si è rivelato esattamente quello che volevo se non qualcosa di più. In attesa di futuri aggiornamenti, DLC o quant'altro, per me il gioco si becca un bel 9 pieno, con la speranza che possa diventare qualcosa di più in futuro.
Kingdom Hearts 2 resterà comunque per sempre il mio gioco preferito per tutto quello che ha significato per me, ed il suo Final Mix ha solo contribuito a rafforzare questo mio pensiero, tuttavia il futuro è molto roseo e se lo stesso trattamento dovesse essere riservato per il 3... beh, potrebbe anche riuscire a spodestarlo.
Un mese fa lessi da qualche parte su Internet un commento di una persona che chiedeva a gran voce l'arrivo di Kingdom Hearts 3 per porre finalmente fine alla sua infanzia. Adesso che è arrivato ed è finito, è tempo di porre fine anche alla mia infanzia ed affrontare le mie paure senza pensarci due volte.

TanoX_93

ha scritto una recensione su Doki Doki Literature Club!

Cover Doki Doki Literature Club! per PC

Help me

Volevo giusto dire due parole sul gioco più discusso delle ultime 24 ore. Questa sarà la prima e ultima volta che "recensisco" un gioco qui senza effettivamente recensirlo, limitandomi soltanto a consigliarvelo.
Non credo di essere in grado di parlarvi di ciò che offre questa Visual Novel senza combinare pasticci, per cui il mio consiglio è quello di dargli una chance.
È gratis su Steam, dura relativamente poco ed è davvero pieno di sorprese, non giudicate il libro dalla copertina.
Non credevo di sentire il bisogno di qualcosa del genere almeno finché non mi sono deciso a provarlo definitivamente, peccato essermi rovinato il fattore sorpresa essendomi spoilerato qualcosa molto prima di iniziarlo, fortunatamente però è riuscito comunque a stupirmi.

Non posso che invitarvi nuovamente a dargli una possibilità, non avete nulla da perdere.

TanoX_93
Cover Danganronpa V3: Killing Harmony per PC

Without lies humanity would perish of despair and boredom.

Dopo aver concluso il ciclo narrativo riguardante Hope's Peak Academy grazie ai primi due titoli, uno spin-off (che devo ancora recuperare nel momento in cui scrivo) e due serie animate, Danganronpa si mette nuovamente in gioco con un nuovo capitolo. Danganronpa V3 è, quindi, il terzo videogioco canonico della serie che, pur essendo ambientato molti anni dopo gli eventi della Hope's Peak saga, ne è comunque collegato grazie a riferimenti più o meno diretti all'interno della storia stessa. Prima di parlarvi del gioco, quindi, voglio mettere in chiaro una cosa: se non vi siete mai avvicinati alla serie e vorreste iniziare adesso, magari partendo da questo titolo, il consiglio che vi do è di NON farlo. Giocare a V3 senza aver prima giocato e visto tutto quello che c'è prima potrebbe causarvi un po' di confusione quando vengono citati degli eventi accaduti in precedenza e, contemporaneamente, spoilerarvi i suddetti eventi, in particolare quelli del primissimo capitolo della serie. Cortesemente, quindi, andate a giocarvi Danganronpa 1, Danganronpa 2 e poi guardatevi gli anime di Danganronpa 3 Future Arc e Despair Arc, facendo attenzione ad alternare gli episodi mentre li guardate, ovvero Future 1 – Despair 1 (…) e così via, visto che sono pensati per essere visti in questa maniera. In questo modo concluderete tutto ciò che riguarda la Hope's Peak saga. Dopo aver fatto ciò, potete tranquillamente tuffarvi su questo nuovo, bellissimo, titolo della serie.
Bene, ora che le dovute premesse sono state fatte, inizia la mia recensione di Danganronpa V3: Killing Harmony.

L'aspetto che voglio trattare per primo e che riceverà più attenzioni in questa recensione è senza dubbio il comparto narrativo, data la natura del gioco. V3 inizia col botto, con un prologo se vogliamo un po' “frenetico”, salvo poi assumere un ritmo completamente diverso non appena fatta conoscenza dei nostri nuovi compagni. Dopo aver, appunto, incontrato per la prima volta tutti i 16 Ultimates il gioco si prenderà del tempo per introdurli uno a uno facendo andare il giocatore in giro per la scuola a parlarci. Come da tradizione della serie, l'inizio del primissimo capitolo è quindi un po' lento ma è una lentezza giustificata dal fatto che vanno introdotti per bene i personaggi con cui andremo a condividere gioie e dolori per il resto della storia, la location nella quale l'avventura è ambientata e, soprattutto, rivelare i nuovi aiutanti dell'onnipresente Monokuma: i Monokubs. I Monokubs non sono altro che degli orsi robot esattamente come Monokuma, tutti però più piccoli di lui e dotati di personalità diverse. I Kubs sono visti da Monokuma come dei figli e a loro volta essi vedono in lui un padre, ma il loro rapporto è tutt'altro che radioso. Il loro ruolo è quello di pilotare gli Exisals (dei grossi robottoni) e ricostruire gradualmente la scuola, oltre a mantenere l'ordine ed assicurarsi che nessuno violi le regole.
La trama di Danganronpa V3 si mentiene per tutta la durata dell'opera sugli standard soliti a cui la serie ci ha abituato, regalando ottimi twist, processi sempre molto interessanti e ben studiati, ma più che negli altri capitoli è capace di abbattere continuamente ogni convinzione che viene a crearsi a seguito di una determinata scoperta o evento. Non dico che è impossibile prevedere ciò che accadrà, ma c'è una grande probabilità che qualunque teoria il giocatore possa farsi, magari sostenuta da prove all'apparenza inconfutabili, si rivelino poi assolutamente errate. Verso i capitoli finali, poi, la sceneggiatura migliora drasticamente, offrendo situazioni al limite del fuori di testa, per poi concludere il tutto in un epilogo che risulta folle e geniale tanto quanto quello di Danganronpa 2, se non addirittura di più. Un epilogo unico e pertanto interessante, ma allo stesso tempo curioso e coraggioso, che non a tutti potrebbe risultare cristallino ad un primo impatto, ma che se si presta attenzione o se ci si prende del tempo per mettere insieme tutti i punti, sa essere chiaro nonostante la sua folle genialità. Personalmente, l'ho apprezzato molto.
Aspetto molto importante della narrazione di V3 è il concetto di bugia. L'intero tema narrativo del gioco si basa molto sull'importanza della menzogna, che può sì essere causa scatenante di macchinazioni losche che possono generare eventi nefasti, ma che non va confusa con la menzogna a fin di bene. La bugia è un concetto così rilevante in V3 che saremo costretti a farne uso perfino nei class trial, ma delle novità di questi ultimi ne parlerò a breve. La psicologia dei personaggi è pesantemente influenzata da questo loro conflitto tra verità e bugia, non soltanto per scoprire ciò che è realmente accaduto a seguito di un omicidio, ma anche per quanto riguarda il loro vivere all'interno della scuola. Agli studenti, man mano che il Killing Game andrà avanti, saranno forniti degli strumenti particolari che li aiuteranno a scoprire il segreto della scuola nella quale si trovano, perché vi si trovano all'interno e cosa sta succedendo all'esterno, temi piuttosto ricorrenti nella serie ma che stavolta più che mai creano dubbi nei personaggi, che non sanno mai come comportarsi dinnanzi a questa presunta verità.
Il cast di personaggi, anche stavolta, è davvero memorabile. Come da tradizione, ci saranno personaggi più utili e personaggi che si trovano lì solo come pretesto per portare avanti il Killing Game, ma non c'è niente da fare, ognuno di essi può rappresentare un valido motivo per giocare il gioco. Seppur come design possano sembrare dei chara nati dal riciclaggio di assets di altri personaggi già presentati nei vecchi titoli, alla fine riescono comunque ad essere apprezzati perché capaci di risultare interessanti a modo loro, insomma, ce ne è davvero per tutti i gusti. La caratterizzazione di ognuno di essi è, anche stavolta, ben riuscita. Questo cast mi è entrato nel cuore tanto quanto gli altri due ed oserei dire che V3 offre alcuni tra i personaggi migliori dell'intera serie di Danganronpa, ma non farò nomi per non condizionarvi troppo nei giudizi e/o rovinarvi possibili colpi di scena ad essi legati. Ogni personaggio ha la propria storia da raccontare, una psicologia complessa oppure estremamente sempliciotta da conoscere, ma la cosa incredibile è che c'è sempre! Li senti vivi, li senti tuoi amici, amici che non vorresti mai affrontare in un Class Trial e condannare a morte, eppure va fatto. In questo Danganronpa più che negli altri ho provato effettivamente disperazione nel cercare la verità, perché mi ha fatto male in più di una occasione, ma questo perché io mi affeziono molto facilmente ai personaggi e provo una forte empatia verso di essi.

Cambiando totalmente argomento e parlando quindi del gameplay di Danganronpa V3, va specificato che vengono ripresi quelli che sono i canoni classici della serie, per cui arrivati al terzo titolo dovreste conoscerli alla perfezione e pertanto non mi focalizzerò più di tanto nel descriverli. In sostanza, il gioco si dividerà come sempre in Daily e Deadly Life, la prima che presenterà fasi di esplorazione della scuola e Free Time, mentre la seconda le consuete investigazioni ed i famosissimi Class Trials. La Daily Life è quasi del tutto immutata, si passa sempre il tempo con una persona alla volta, gli si fa un regalo e se si è fatto quello giusto si può procedere nella relazione con esso, ottenendo frammenti che serviranno poi a comprare le skill che ci serviranno nei Class Trials. Durante le esplorazioni delle stanze è possibile sparare agli oggetti per rimuoverli dallo schermo ed ottenere Monocoins, che ci serviranno per comprare regali alla Monomachine e per una novità della serie: un casinò nei quali giocare a vari minigiochi per guadagnare tante Monocoin da spendere nello shop ed acquistare oggetti particolari. Da segnalare la presenza di numerose scene extra che possono essere sbloccate solo a seguito di determinate condizioni, prime fra tutte l'essere in possesso di alcuni regali speciali (come gli oggetti prelevabili dallo shop del casinò) che non vanno regalati, bensì tenuti per sé. Questi regali ci porteranno a sbloccare delle scenette extra che ci mostrano la Daily Life di determinati personaggi, sono scene che a conti fatti non servono a nulla ai fini della trama, ma aiutano a sviluppare ulteriormente un certo rapporto di simpatia con i personaggi. Buona parte di questi eventi sono infatti molto divertenti e riusciranno a strappare al giocatore più di una risata. Il divertimento continua anche una volta finito il gioco, in quanto V3 offre una serie di extra sbloccabili solo a storia conclusa che contribuiscono a rendere il titolo ancora più longevo e divertente.
Per quanto concerne la Deadly Life, le novità si trovano principalmente nei Class Trials, che adesso offrono nuovi interessanti minigiochi da portare a termine per progredire nei processi. Vorrei iniziare parlando proprio della menzogna. Come vi ho già anticipato, sarà possibile mentire durante i processi per cercare di mandare avanti una discussione che probabilmente non si sarebbe smossa dal punto attualmente preso in esame o, semplicemente, per dare una svolta all'intero processo. Si mentirà utilizzando gli stessi Truth Bullets che abbiamo in dotazione che, per l'occasione, si trasformeranno in Lie Bullets che dovremo sparare contro le affermazioni che vorremo contrastare. Fanno il loro ritorno nuovamente l'Hangman's Gambit (ulteriormente migliorato) ed il Rebuttal Showdown da Danganronpa 2, così come il consueto Closing Argument. Vengono inoltre presentati nuovi minigame che riprendono lo stile di altri migliorandoli, come l'Argument Armament e lo Psyche Taxi, gli equivalenti del Panic Talk Action e del Logic Dive sempre provenienti da DR 2. Le vere novità dei Class Trials sono, invece, il Mind Mine, il Mass Panic Debate ed il mio preferito in assoluto, il Debate Scrum. Il primo presenta un muro composto da blocchi colorati che dovremo man mano rimuovere per far venire a galla la verità che stiamo cercando, mentre il secondo non si tratta altro che di un normalissimo Nonstop Debate, che però coinvolge non una persona alla volta, ma l'intera classe tutta insieme, nella confusione più totale. Lo schermo si dividerà in tre e il nostro compito sarà quello di scovare la contraddizione mentre cerchiamo di ascoltare le voci di tutti gli studenti che si urlano contro a vicenda. Discorso diverso per il Debate Scrum.
Per questo, prima di tutto, vi invito ad ascoltare l'OST che accompagna questo minigame perché è, a mio avviso, tra le OST più belle (se non LA PIU' bella) del gioco: https://www.youtube.com/watch?v=32GWbQt_ …
In sostanza, un Debate Scrum nasce quando durante un Class Trial ci sono due opinioni che vanno a contrastarsi. Monokuma altererà il “tribunale”, dividendo gli studenti in due squadre, ognuna chiamata a sostenere la propria opinione. Durante la discussione, ogni membro della squadra avversaria farà un'osservazione cercando di convincere la nostra squadra che la propria opinione è quella corretta. Il nostro compito sarà, ovviamente, quello di far prevalere la nostra affermazione, contrastando ogni pretesa avversaria con un commento di un nostro compagno di squadra. Quando ogni osservazione nemica sarà stata contrastata, potremo imporre la nostra opinione sull'altra, sorretta appunto dalle nostre affermazioni che mettono in luce le contraddizioni tra quelle avversarie. L'avrò spiegato sicuramente malissimo, ma credetemi, è uno dei momenti più belli di questi nuovi Class Trials e va vissuto per essere compreso bene. Personalmente, ogni volta che arrivava il momento di questo minigame, me lo sono goduto appieno.
Insomma, a livello di gameplay c'è poco da girarci attorno: è Danganronpa a tutti gli effetti, con tutti i pregi e difetti del caso. Qualora abbiate già adorato il gameplay nei precedenti, non c'è ragione per cui non debba essere lo stesso anche con questo. Le novità , soprattutto nei Class Trials, sono tutte interessanti e danno una ventata d'aria fresca ad un gioco che comunque già di per sé inizia a sentire un po' il peso di una formula ripetuta un po' troppe volte e che, alla lunga, rischia di diventare davvero ripetitiva.

Comparto tecnico che, anche qui, si mantiene sugli standard della serie. Graficamente il titolo potrebbe sempre dare qualcosa in più, soprattutto con le ambientazioni, mentre invece i modelli dei personaggi sono tutti di ottimo livello. Ricordo che ai tempi del primo Danganronpa per PSP li criticai molto dal momento che “sembrano dei cartonati ad altezza naturale”, ma oggi col senno di poi sono felice che abbiano deciso di mantenersi su questa direzione, perché onestamente li preferisco così che in 3D, magari animati, e fatti male.
Il comparto sonoro invece l'ho trovato molto positivo, e ciò mi ha sorpreso visto che nei precedenti li ho sempre trovati sì buoni, ma non eccezionali. Volendo proprio dirla tutta, ho sempre pensato che il comparto sonoro di un Danganronpa fosse sempre l'aspetto più debole che il gioco offre, nonostante sia comunque di un buon livello. Con V3, invece, non è del tutto così, dal momento che sono presenti delle tracce come quella che ho linkato sopra che sono davvero di una qualità molto migliore rispetto a quelle solite dei vecchi capitoli, pur essendo comunque presenti le solite due-tre tracce storiche diventate ormai iconiche della serie.
La versione PC del gioco è ok, non presenta crash né altro, unico problema che probabilmente verrà fixato in futuro, è quello legato all'input dei comandi da tastiera e mouse, non sempre precisissimi tanto che a volte il gioco fa perfino fatica a rilevare comandi provenienti da questi due dispositivi, nonostante magari si sta premendo un tasto o si sta facendo click anche ripetutamente. Avviando il gioco in finestra, il problema si manifesta in maniera molto più rara. Andrebbe migliorato anche il framerate, non sempre solido nelle fasi di esplorazione, ma nel complesso si tratta di una versione del gioco di tutto rispetto.

In conclusione, V3 è un grandissimo Danganronpa, capace di offrire ore di divertimento e tanta tanta disperazione. La sua narrazione ti cattura, la sceneggiatura sa sorprenderti, i personaggi sanno farti appassionare ad una storia interessantissima ed il solido gameplay rappresenta solo la ciliegina su questa splendida torta. Non so cosa ne sarà di questa serie da ora in avanti, ma una cosa è certa: semmai dovesse uscire un possibile Danganronpa 4, io ci sarò. È incredibile come una serie come questa, imparata a conoscere per caso in un noioso pomeriggio di 3 anni fa, sia prepotentemente diventata tra le mie preferite in assoluto e tuttora continui a sorprendermi e, spero, possa farlo ancora per molto tempo. Io non posso fare altro che invitarvi a recuperarla per intero, soprattutto se vi piace il genere ed a recuperare questo capitolo qualora aveste già giocato i precedenti e non avete ancora toccato questo. Non ve ne pentirete.

9

Voto assegnato da TanoX_93
Media utenti: 9 · Recensioni della critica: 8

TanoX_93

ha scritto una recensione su Persona 5

Cover Persona 5 per PS4

Phantom Thieves stole my heart.

Nel corso di questo 2017 ho accumulato già un discreto numero di recensioni arretrate da fare. Il buonsenso mi direbbe di scrivere prime quelle per poi dedicarmi completamente a questa, ma come posso IO, in qualità di phanboy, far mancare ancora oggi la mia recensione del gioco sul sito?
I più attenti avranno già capito quale sarà l'andazzo della recensione già solo dopo aver visto il voto, racchiuso all'interno del proprio quadratino dal bizzarro colore viola, per cui non c'è bisogno di tenervelo nascosto ancora. Amo Persona 5 in ogni sua sfaccettatura, è un gioco al quale non posso mettere meno di 10 e che non posso trattare in maniera oggettiva, nonostante io voglia con tutto il cuore. Ovviamente nella recensione verranno inclusi i pochi difetti del gioco perché, come ogni cosa al mondo, anche Persona 5 non è perfetto, ma questi piccoli difetti da soli non sono bastati a screditare, anche solo di un po', la qualità del prodotto finale. Qualità che è ad un livello altissimo, tra i più alti di sempre. Prima di continuare devo anche farvi notare che, per forza di cose, ci saranno paragoni ai precedenti Persona dai quali Persona 5 eredita il gameplay, quindi non arrabbiatevi se non trovate nessun riferimento ai primi due capitoli, che comunque ritengo ottimi giochi ed ottimi capisaldi della serie. Benvenuti nella mia recensione di Persona 5.

Persona ci ha abituati fin dall'inizio a delle storie molto belle, accattivanti e profonde, che hanno saputo evolversi nel tempo così come la serie stessa, assumendo sempre più importanza anche grazie alla profonda innovazione apportata dal terzo capitolo in poi. I giochi sono diventati più lunghi, ci sono molte più attività secondarie che approfondiscono i personaggi e, di conseguenza, anche la trama principale riesce ad essere raccontata ancora meglio, forse con un ritmo un po' troppo lento certe volte, ma che inevitabilmente riesce a lasciare un segno nel giocatore che difficilmente riuscirà a dimenticarsela. Persona riesce infatti a trascinare noi videogiocatori stessi all'interno del suo mondo, permettendoci di vivere LA NOSTRA storia nelle varie locations dove gli eventi dei giochi vengono narrati, in particolare Port Island ed Inaba. Siamo noi a vivere un anno intero in questi posti, ci sentiamo letteralmente parte del gruppo che sta cercando di risolvere il problema che affligge queste città, ci immedesimiamo ancora di più nel suo universo e prendiamo quasi seriamente ciò che ci viene posto davanti, come se ci toccasse in prima persona.
Tutto ciò che ho appena detto, in Persona 5 è elevato alla massima potenza. Impersoneremo per la terza volta di fila nella serie uno studente che si è appena trasferito a Tokyo (tra l'altro, prima volta che nella serie si presenta una location non immaginaria se non vado errato) e che da ora in poi, per comodità, chiamerò col nome che porta nel manga, ovvero Akira Kurusu. Akira è costretto a trasferirsi a seguito di un incidente che gli costa una profonda macchia sulla fedina penale, una macchia che, però gli è stata assegnata con l'inganno in quanto egli è innocente. Questo dettaglio è di fondamentale importanza, dal momento che i compagni di classe, così come tutti quelli che sanno della sua situazione, tratteranno Akira in modo davvero freddo, giudicandolo continuamente o addirittura evitandolo, quasi fosse un serial killer a piede libero. Persona 5 mette subito in chiaro le cose, bisogna dimenticarsi dell'atmosfera felice e spensierata del precedente, qui le cose sono tutte diverse, anche solo dal modo in cui si è accolti la prima volta che si mette piede nella nuova città che ci ospiterà per il prossimo anno. In Persona 4, Yu Narukami venne accolto da suo zio e dalla sua piccola cuginetta che lo trattavano comunque con amore, facendolo dormire in una stanza accogliente e su un letto comodo. Ad Akira invece spetta tutt'altra sorte, costretto ad abitare in una stanza piena di cianfrusaglie ed immondizia nel locale gestito dal suo tutore e che deve addirittura pulirsi da solo.
Akira inizia ad andare a scuola e fa la conoscenza del suo primo nuovo amico: Ryuji, che come lui non possiede una buona reputazione e, pertanto, prova simpatia nei confronti del protagonista. Insieme i due finiranno per scoprire casualmente il Metaverse, il mondo nel quale otterranno entrambi il potere di risvegliare il proprio Persona e nel quale faranno la conoscenza di Morgana, uno strano essere dalla figura felina che li aiuterà a muoversi al suo interno. Nel Metaverse, è possibile esplorare specifici dungeon, chiamati “Palazzi”, che altro non sono che la rappresentazione distorta della realtà percepita dal proprio padrone. Al loro interno è presente un tesoro che, se rubato, permette di innescare nel padrone il famigerato “change of heart”, causando in lui un TOTALE cambio di atteggiamento nei confronti di chi ha trattato male, cominciando a comportarsi da persona onesta. È così che nascono i Phantom Thieves, il gruppo di ladri che ruba il tesoro più prezioso di tutti: il cuore delle persone.
I Phantom Thieves fanno subito scalpore a Tokyo e la cosa non ci è tenuta affatto nascosta. Persona 5 è, se vogliamo, il titolo della serie più “social”, infatti ci permette di controllare quotidianamente qual è l'opinione pubblica sul gruppo tramite un sondaggio svolto sul Phantom Aficionado Website, in breve Phansite, il sito del “fan club” ufficiale dei Phantom Thieves, così come ricevere costantemente messaggi da parte del suo fondatore sul nostro smartphone per chiederci di esaudire qualche richiesta dei fan o anche solo per comunicarci qualche suo pensiero sul nostro operato. A tal proposito, avrei preferito un'interazione maggiore con lo smartphone, la cui utilità è abbastanza limitata alla sola lettura di conversazioni con occasionali messaggi da parte nostra. Sarebbe stato molto divertente se fosse stato possibile accedere al Phansite tramite il nostro dispositivo in qualsiasi momento per leggere qualche commento strano o qualcosa del genere.
Ad ogni modo, l'obiettivo dichiarato dei Phantom Thieves è quello di rubare il cuore degli adulti perfidi di Tokyo, cercando di riformare per il meglio una società sempre più marcia e corrotta, ma ovviamente non sarà tutto rose e fiori. La polizia proverà a fermarci, in quanto ci vede comunque come criminali che costringono i propri obiettivi a confessare i loro crimini e segreti più oscuri tramite ricatti o altri mezzi comunque contro la legge (cosa comunque non vera). Tuttavia, il gioco ci sbatte fin dall'inizio in faccia quale è sostanzialmente il nostro destino, avvisandoci però che è possibile cambiarlo. Dovremo quindi ripercorrere pian piano gli eventi che ci porteranno inevitabilmente al punto di partenza, per poi venire a conoscenza del nostro vero epilogo. Nel corso della storia viene fatto spesso uso di flashforward che in alcuni casi portano avanti la narrazione anche se di poco (spesso infatti ci mostrano il nostro prossimo obiettivo e nulla più), mentre in altri non servono poi a molto, costringendoci ad ascoltare ogni volta la solita cantilena del “non è possibile che un ragazzo come te abbia fatto tutto da solo, hai per forza un complice!”. Questo si verifica quando stringiamo un nuovo “patto” con una persona che dà il via al nostro Social Link con essa, che diventerà quindi il nostro Confidant. Nel primo caso, non mi sono dispiaciuti, mentre nel secondo li ho trovati abbastanza futili.
La storia saprà colpire una volta giunti al climax, grazie anche ad un colpo di scena che è sì abbastanza telefonato ma allo stesso tempo tremendamente imprevedibile. È una frase strana ed incoerente, lo so, ma non trovo altro modo per descriverlo, giocando lo capirete da soli. Il finale l'ho trovato invece stupendo, non è nulla di originale e di mai visto prima, ma sicuramente si tratta di qualcosa di davvero epico ed indimenticabile. La malinconia che ti assale una volta finito il gioco è troppo elevata se ci si è affezionati al gruppo anche solo un po'.

Capitolo personaggi. Non mi dilungherò troppo su questo punto come ho fatto per la trama, ma sentivo che dovevo comunque dedicargli un punto a parte nella mia recensione. Analizzerò brevemente i personaggi principali uno ad uno, evitando qualsiasi tipo di spo.iler, sempre che non vengano ritenuti tali anche i nickname da Phantom Thieves.

- Akira Kurusu, “Joker”: il protagonista più “Fool” della serie. Akira è l'incarnazione perfetta dell'Arcana del “Fool”. Dalle carte dei tarocchi iconiche della serie di Persona, il Fool è rappresentato guarda caso da un giullare accompagnato da un cane, ed Akira ha con sé invece sempre Morgana che però è un gatto. Il perfetto “Fool” rappresenta l'innocenza, l'ispirazione divina, follia, libertà, spontaneità, inesperienza, caos e creatività, tutte caratteristiche che Akira racchiude dentro sé alla perfezione, rappresentando il “Jack of all Trades” per eccellenza della serie, come anche il suo nickname suggerisce. Nonostante sia muto, è in realtà anche il protagonista più eloquente di tutti. Può prendere in giro spesso e volentieri i suoi alleati e non esita a scimmiottare i demoni del Metaverse, provocandoli e sfidandoli perché è consapevole di saperne sempre una più del diavolo. È anche un egregio esibizionista e ci si rende conto di questo sin dal primo istante in cui lo vediamo nei panni di Joker, la sua identità come Phantom Thief. Il suo Persona principale è Arsene e, seppur saremo costretti ad abbandonarlo molto presto, è la rappresentazione perfetta della sua vera personalità.

- Ryuji Sakamoto, “Skull”: il miglior amico di Akira ed il primo ad aver risvegliato il potere del Persona dopo di lui. Ryuji può sembrare all'apparenza il classico teppistello giapponese super-stereotipato, ma è in realtà un ragazzo davvero troppo buono e dal cuore d'oro. Ryuji è un ragazzo estremamente spensierato, uno spirito libero che adora divertirsi con i propri amici ed i Phantom Thieves sono il palcoscenico perfetto per lui. È tra i personaggi migliori del cast non per la sua profonda caratterizzazione, che rimane comunque buona, ma proprio perché è impossibile non volergli bene, anche se molte volte è davvero troppo stupido.

- Ann Takamaki, “Panther”: la prima ragazza ad entrare a far parte del gruppo. Non c'è molto da dire su Ann, le sue uniche doti sono il suo fisico da paura e la sua eccezionale potenza magica in battaglia, per il resto non è tra i personaggi migliori del cast. È davvero troppo poco caratterizzata ed il suo confidant non aiuta a salvare il tipo di personaggio che è. Rimane comunque apprezzabile per i siparietti divertenti che inscena con Ryuji.

- Morgana, “Mona”: la mascotte del gruppo e la principale guida dei Phantom Thieves all'interno del Metaverse. Ha una crescita come personaggio assurda, nonostante venga odiato per il suo essere incredibilmente rompipalle per quasi tutta la durata del gioco. Nonostante tutto, però, è innegabile quanto importante Morgana sia non solo al gruppo ma alla storia, è un personaggio chiave che riesce ad avere un momento tutto suo per brillare e lo fa nel migliore dei modi. Tra Morgana e Teddie non c'è davvero alcun paragone, come mascotte.

- Yusuke Kitagawa, “Fox”: la best girl mancata del gioco. Yusuke è un ragazzo impossibile da non amare, è un artista in erba che ha occhi e orecchie solo per l'arte e nient'altro, infatti non è molto socievole. I Phantom Thieves sono a tutti gli effetti i suoi unici amici e lui fa sempre il possibile per loro, soprattutto nel Metaverse dove oltre ad essere uno dei membri più potenti è anche tra i più fighi. Ciò che amo di Yusuke è il suo carattere, eccessivamente ingenuo e stupido, soprattutto combinato col suo modo di parlare così forbito ed elegante che spesso crea situazioni al limite dell'imbarazzante non solo nel gruppo ma anche negli stranieri quando si è in giro con lui per il suo confidant. È uno dei migliori da maxare anche solo per il quantitativo di risate che vi assicurerà. Yusuke è adorabile e sarebbe stato sicuramente uno dei candidati principali ad essere romanzato, se solo fosse stato più donna.

- Makoto Nijima, “Queen”: qui in molti potreste odiarmi, ma a me non importa e lo dico lo stesso. Makoto NON è la best girl del gioco per me. È un personaggio molto interessante ed è tra quelli che subiscono la crescita più profonda nell'arco di tutto il gioco, iniziando come la odiosa lacchè del preside e finendo ad essere una delle risorse più preziose del gruppo, nonché tra i membri più fidati. Ma se Makoto affascina nel mondo reale, è nel Metaverse che rapisce completamente. Il suo Persona Awakening non solo è tra i più belli dell'intera serie, ma è anche la ragazza più figa sul campo di battaglia, su questo anche io non discuto. Il suo aspetto, così come il suo atteggiamento che è diametralmente opposto al suo solito fuori dal Metaverse, la rendono una alleata formidabile. Sarebbe stata sicuramente anche la mia best girl, se non fosse che nel gioco esiste anche lei...

- Futaba Sakura, “Oracle”: ebbene sì, mi è impossibile non esaltare Futaba come best girl del gioco. Mi ha interessato sin dalle prime immagini mostrate da Atlus prima ancora della release del gioco ed onestamente parlando, l'idea che mi ero fatto di lei basandomi unicamente sul suo aspetto è in parte sbagliata. È sì la nerd del gruppo, ma non mi aspettavo una backstory COSI' bella. La sua OST è talmente bella che riesce a trasmettere esattamente il suo stato d'animo quando la incontriamo per la prima volta e non vi nascondo che, quando ho dovuto avere a che fare col suo passato ed i suoi sentimenti, ho avuto la pelle d'oca anche grazie alla splendida musica prodotta da Shoji Meguro (sempre sia lodato). Oltretutto è una ragazza carinissima ed adorabile, impossibile da non amare. Nel Metaverse lei è la Navigator del gruppo e la sua utilità è molto superiore a quella di Rise e Fuuka, ed è anche un personaggio migliore di queste ultime due in generale. Futaba è senza ombra di dubbio tra i migliori personaggi di Persona 5, nonché la mia best girl.

- Haru Okumura, “Noir”: Haru ha scritto sulla sua immensa fronte due grandi parole: 'Potenziale Sprecato'. La sua storia iniziale è interessantissima ed in un primo momento uno può solo immaginare che venga approfondita nei modi più disparati, invece purtroppo ciò non accade più di tanto. C'è da dire, però, che non ho completato tutto il suo Confidant, cosa che ho in programma di fare in una seconda run che avverrà tra non molto, quindi se dovessi cambiare la mia opinione modificherò questa recensione. C'è da dire però che caratterialmente è la ragazza forse più forte di tutte dell'intero cast.

- Goro Akechi, “Crow”: Akechi, mio Akechi. Personaggio molto controverso, nella community le opinioni su di lui sono spaccate in due ed effettivamente mai come questa volta hanno ragione. Akechi è davvero un personaggio che o si ama o si odia ed io, personalmente, l'ho amato fino alla fine. Egli è un giovane detective che collabora con la polizia per acciuffare i Phantom Thieves, ma che a seguito di svariate circostanze finisce per unirsi a loro. Il problema è che accade troppo tardi e resta col gruppo per troppo poco tempo, ma è innegabile che lasci il segno. Per tutto il gioco attira l'attenzione di Akira e di noi giocatori, cercando di approcciarci perché interessato a noi, purtuttavia rimanendo pubblicamente contrario ai Phantom Thieves almeno finché non entra a farne parte egli stesso. È un ragazzo affascinante, molto intelligente ed anche abilissimo in battaglia, ed anch'egli è dotato di una backstory davvero profonda.

I Phantom Thieves, in generale, sono un gruppo solido e sempre unito, mai una volta messo in discussione dai membri stessi. Certo, ci saranno alti e bassi, ma di base i ragazzi in sé lasciano davvero il segno e riescono davvero bene nel loro compito di rubare il cuore perfino a noi videogiocatori. Se volessi paragonarli ai due precedenti gruppi, direi che i Phantom Thieves sono molto più vicini a SEES di Persona 3 che all'Investigation Team di Persona 4, un po' come tutto il gioco in generale che ha un'atmosfera più vicina a quella di Port Island che di Inaba. Fino ad oggi, nel mio cuore c'era posto molto più per l'Investigation Team, ma ormai hanno perso il trono in favore dei ladri rubacuori che si sono imposti di prepotenza come mio party preferito della serie (anche se, come protagonista, continuo a preferire Minato).
Per quanto riguarda i Confindants, ognuno di essi penso sia svariate volte migliore di quasi ogni altro Social Link apparso in precedenza nella serie. Ognuno di essi è bello, memorabile e soprattutto UTILE. A livello di gameplay, i Social Link si può dire che siano stati reworkati e trasformati nei Confidants appunto, che adesso non regalano solo bonus legati alla fusione di Persona, ma anche veri e propri trucchi da utilizzare nel Metaverse, come ad esempio effettuare un All-Out-Attack preventivo con le pistole, convincere più facilmente i demoni nelle contrattazioni o perfino intimidirli, modificare armi da fuoco e chi più ne ha più ne metta.

Ed è proprio ora, dopo aver parlato dei Confindants, che voglio finalmente introdurre il discorso sul gameplay. Il gameplay di Persona 5 è semplicemente MERAVIGLIOSO. Prendete tutto quanto di buono c'era in Persona 3 e 4 ed elevatelo alla massima potenza, cancellando quasi tutto quello che c'era di negativo. Il risultato è il miglior gameplay della serie senza ombra di dubbio, ed è un risultato talmente soddisfacente che rende praticamente obsoleti i due precedenti capitoli. Tutto ciò è fondamentalmente merito non soltanto delle attività di vita sociale e dei Confindants migliorati, ma anche e soprattutto per il gameplay nel Metaverse. Dimenticatevi i dungeon procedurali praticamente vuoti di Persona 3 e 4 (o meglio, non del tutto, il motivo ve lo spiego dopo), i “Palaces” sono tutt'altra cosa. Stavolta i dungeon avranno un aspetto predefinito, ma bisognerà “faticare” per arrivare alla fine e rubare il tesoro. Per proseguire spesso e volentieri bisognerà risolvere degli enigmi che, seppur di difficoltà tendente al basso, contribuiscono a rendere il gameplay un po' più vario e l'esplorazione più divertente, così tanto che lasciare i dungeon spesso e volentieri lo si fa controvoglia, perché si ha sempre voglia di continuare ad esplorare e vedere cos'altro ti aspetta più avanti. Mettere in atto il colpo, poi, gasa tantissimo. A livello di combattimenti, invece, il BS offre un paio di novità interessanti. Innanzitutto sono stati aggiunti nuovi elementi d'attacco, “Nuclear”, “Psionic” e una nuova variante d'attacco per gli elementi luce ed oscurità. In precedenza disponibili solo come abilità insta-kill, ora presentano anche una variante che infligge danno. Sono state anche aggiunte sinergie tra queste nuove abilità che rendono il tutto ancora più vario e divertente. Queste sinergie prendono il nome di Technical Attacks e possono essere inflitti quando attacchiamo un nemico che soffre una variazione di status con un attacco preciso, ad esempio utilizzare una skill Nuclear contro un nemico che sta soffrendo Burn, oppure usare una skill Psionic contro qualsiasi nemico che soffre uno status alterato di tipo mentale (confusione, rabbia, ecc.). I Technical attacks si rivelano estremamente utili contro quel tipo di nemici che non possiede nessuna debolezza, permettendoci comunque di infliggere un quantitativo di danno rilevante pur dovendo faticare un po' per farlo. Oltre a questo, è possibile ora attaccare i demoni anche con delle armi da fuoco, che funzionano come metodo d'attacco fisico alternativo all'arma melee, tuttavia i suoi utilizzi non sono illimitati, una volta terminate le munizioni non potranno più essere utilizzate. La novità principale, però, è il ritorno delle contrattazioni con i demoni. Anche se il loro nome è tecnicamente “Shadow”, si parla effettivamente di demoni perché a differenza di Persona 3 e 4, qui non si affrontano mostri dalle strane forme incapaci di intendere e di volere, bensì veri e propri demoni come nella principale serie Shin Megami Tensei, che però si comportano come Shadows. Essi iniziano ad abitare i Palace proprio a causa delle distorte emozioni umane, ma sono consapevoli di servire il suo proprietario e difatti combattono per lui, cercando di limitare le incursioni dei Phantom Thieves.
Nel caso in cui riuscissimo a colpire i punti deboli od infliggere un colpo critico ai demoni, potremo accerchiarli e puntargli contro le nostre armi da fuoco, mettendoli difatti alla nostra mercé. Potremo chiedergli di darci soldi, un oggetto oppure di unirsi alla nostra causa. Laddove nei precedenti capitoli ottenevi Persona in modo del tutto randomico al termine della battaglia, qui potremo letteralmente assorbire i demoni dentro di noi, potendoli quindi riutilizzare successivamente in battaglia. Essi avranno esattamente gli stessi punti di forza e debolezza di quando li abbiamo affrontati, così come le loro statistiche.
Il gameplay nel Metaverse però non si limita solo ai Palaces. Il motivo per cui prima ho scritto di non dimenticarsi del tutto dei dungeon procedurali di Persona 3 e 4 è perché ne esiste uno anche in Persona 5, sotto il nome di Mementos. I Mementos altro non sono che il Palace di tutte le persone ed è situato nella metropolitana di Shibuya. Questo dungeon rappresenta a occhi chiusi il punto più basso toccato da Persona 5, non solo per la sua natura procedurale ormai resa obsoleta dal gioco stesso, ma anche perché la difficoltà del dungeon è praticamente inesistente. Ogni nuovo livello di Mementos si sblocca dopo aver superato un Palace e, per qualche strano motivo, l'ultimo livello di Mementos sbloccato presenta sempre demoni del dungeon prima di quello appena concluso, rendendo la sfida praticamente inesistente. L'unica nota positiva del dungeon è la possibilità di esplorarlo guidando un auto, un contentino abbastanza random ma che ci piace nel complesso.
Per quanto riguarda la daily life, in Persona 5 c'è un sacco da fare, tanti giochi da provare ed un sacco di posti da scoprire nella grande Tokyo presente nel gioco. La cosa migliore è che quasi ogni azione secondaria non è fine a sé stessa, ma garantisce un aumento delle statistiche personali del personaggio che aiutano tantissimo non solo a maxarle tutte entro la fine del gioco, ma anche ad avere successo in altre attività secondarie come lavori part-time o per portare avanti Confindants che, ad un certo punto, richiedono che una statistica sia ad un livello piuttosto avanzato per essere portati avanti.
Insomma, in Persona 5 c'è davvero un botto di roba da fare e, se si accoglie il consiglio del gioco di prendersi il proprio tempo e fare con calma, se ne avrà per davvero moltissime ore.

E finalmente è arrivato il momento di parlarvi di grafica e sonoro. La grafica del titolo, certo, non spreme la console in tutta la sua potenza, soprattutto perché il gioco è pensato per girare anche su PS3, tuttavia è innegabile come la parte migliore della grafica di Persona 5 non sia la grafica in sé e per sé ma il proprio stile. Se pensavate che Persona 3 e Persona 4 fossero dotati di stile a pacchi, con Persona 5 dovrete rivedere i vostri standard, perché qui la qualità diventa altissima. I menù di gioco, le transizioni, la schermata di fine battaglia così come quella di fine dungeon, la splash art che compare dopo aver vinto una battaglia a seguito di un All-Out Attack, il design dei personaggi e dei demoni, TUTTO in Persona 5 ha stile da vendere ed ormai di certo non avete bisogno di me a ripetervelo. Il design dei Palaces è strabello, così come i modelli dei personaggi principali sia nei loro vestiti normali che nei loro outfit da Phantom Thieves.
Persona 5 è una gioia per gli occhi, ma per le orecchie è un vero e proprio orgasmo. Shoji Meguro ci ha sempre abituato bene, ammettiamolo. Le sue produzioni sono così belle che trovano sempre posto nel cuore di ogni fan, al punto che una o più tracce per gioco sono contenute nelle playlist personali di ognuno di noi. Con Persona 5 però, fatemelo dire, Shoji Meguro si è superato alla grande. Nutrivo qualche dubbio sulla nuova cantante che l'avrebbe accompagnato, ma oh mio dio non mi sono mai sbagliato così tanto. Grazie Lyn per aver prestato la tua voce in perle come Beneath The Mask, Last Surprise, Wake Up Get Up Get Out There, Life Will Change, The Whims Of Fate, Rivers In The Desert, With The Stars And Us... e grazie Shoji Meguro per nuove perle come Keeper Of Lust, Will Power, The Days When My Mother Was There (mustnotcry mustnotcry mustnotcry), Tokyo Daylight, Our Beginning e tante tante altre ancora. Un capolavoro si vede anche nelle piccole cose e Shoji Meguro sicuramente contribuisce a migliorare l'esperienza con la sua musica sempre perfetta per ogni situazione. Alcuni dungeon hanno una musica TROPPO azzeccata per non farsi catturare dalle emozioni del suo proprietario, in particolare una... la cui malinconia ancora oggi mi fa venire i brividi, ma anche per musiche all'apparenza di circostanza come quelle del negozio di armi o della clinica che, a mio modo di vedere, raccontano molto sulla personalità di chi li gestisce aiutandoci a comprendere a grandi linee il tipo di persona che sono ancora prima di conoscerli a fondo.

Ed eccomi qui, giunto alla fine della recensione forse più lunga e più estenuante che abbia mai scritto, ma #IhaveNoRegrets. Parlare di Persona 5 è troppo difficile da fare in maniera breve se, come me, avete amato troppo il gioco. Ogni volta che finisco un Persona mi ritrovo sempre ad applaudire allo schermo ripetendo all'infinito le solite due parole con cui poi solitamente concludo la recensione, ed anche stavolta non ho fatto e non farò eccezione.
Persona 5 è il miglior Persona disponibile attualmente sul mercato ed è opportuno che io dica che è riuscito non solo a non deludere ogni aspettativa (altissima) che avevo, ma addirittura le ha superate, diventando a tutti gli effetti il mio Persona preferito. Per anni ho combattuto una guerra interiore cercando di capire quale tra Persona 3 e Persona 4 fosse il mio preferito senza mai trovare una risposta, ma sapete come si dice... tra i due litiganti il terzo gode. Persona 5 mi ha rubato il cuore e si è imposto di prepotenza come il mio capitolo preferito della serie. Non dimenticherò mai tutte le emozioni che questo videogioco mi ha trasmesso, così come quelle che mi hanno regalato i suoi predecessori tutti. Nel corso degli anni Persona si è saputa imporre anche come mia serie videoludica preferita in assoluto e tutto grazie non solo a degli ottimi personaggi ed una storia sempre indimenticabile, ma anche a dei gameplay che rappresentano tutto quello che io possa mai desiderare da un videogioco e spero che un futuro Persona 6 non deluda le mie aspettative mantenendosi su questo stesso standard qualitativo nonostante il cambio di lead director, consapevole che meglio di così non so se si può fare. Nell'attesa di nuovi capitoli non spin-off della serie, possibilmente non fra 10 anni, vi saluto ringraziandovi del tempo che avete speso per leggere la mia recensione. Fatevi un favore e giocate Persona 5. E imparate l'inglese.

Grazie Atlus.

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